MUNUS SANCTIFICANDI
Devozione alla Liturgia, alla Madonna, all’Eucaristia
Con una profonda devozione alla liturgia, alla Madonna e, soprattutto, all’Eucaristia, il Cardinale Bo sottolinea costantemente gli insegnamenti di Gesù Cristo, la Sua Crocifissione e Risurrezione. Nel suo messaggio pasquale del 2014, disse:
“Il cammino di Gesù è l’unica via. È la via della riconciliazione. Il messaggio centrale della Risurrezione è la riconciliazione. La speranza che cresce nel cuore di ogni cittadino deve essere rafforzata attraverso la riconciliazione. ‘Dio era in Cristo nel riconciliare a sé il mondo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione’ (2 Corinzi 5:19). I cristiani hanno un dovere speciale verso la riconciliazione … L’intero messaggio della riconciliazione è incentrato sull’amore di Dio e sulla morte di Cristo”.
Il Cardinale Bo ha una particolare predilezione per il Santuario Mariano di Nyaunglebin, nella provincia di Bago, e ogni anno guida un pellegrinaggio in occasione della Festa della Madonna di Lourdes. Nel 2015, appena due settimane dopo essere stato creato Cardinale, si rivolse a 100.000 pellegrini giunti a Nyaunglebin con queste parole: “Non viviamo nell’indifferenza. Non sfidiamo Dio, come Caino, l’assassino, dicendo: ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’. Dio risponderà: ‘Sì, tu sei il custode di tuo fratello! Hai il dovere di prenderti cura di lui’.” Il Cardinale Bo liberò poi uno stormo di colombe e invitò i militari del Myanmar ad avviare un processo di pace. “La gente soffre a causa della guerra, e spetta al Tatmadaw (le Forze Armate) come genitori [della nazione] guidare i negoziati”.1Rogers, pagina 137
Nella sua omelia del 2023 per la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Cardinale Bo lodò il coraggio della Madonna rassicurando che Lei è con noi in tutte le sfide del mondo e ci proteggerà. “L’Assunzione”, disse, “non è solo Maria che ascende dalla tomba, ma è la speranza, è il desiderio, è l’affermazione di Dio che ciò che è accaduto a Gesù e a Maria accadrà a tutti noi”. Rifletté sul “ruolo della fede nella battaglia tra il bene e il male”, spiegando che “Maria, la madre di Gesù che celebriamo, ci aiuta a radicare quella battaglia – e la nostra fede – nel mondo reale invece che in un mondo di fantasia. Il suo canto, il Magnificat, è un grido di battaglia per la trasformazione del mondo”.
Come fa spesso, collegò direttamente la Madonna alla lotta per la giustizia. Nonostante fosse una giovane donna, inaspettatamente incinta e di umili origini, disse, Maria “canta con assoluta fiducia in un Dio che sconvolge le aspettative” e “nomina i draghi del suo tempo e del nostro: povertà, squilibrio di potere, ingiustizia, fame”. Ella “parla dell’impegno assoluto di Dio per la loro distruzione”, aggiunse. Il suo canto, proseguì il Cardinale Bo, ci chiama a un rapporto con Dio, “dove collaboriamo con Lui per realizzare il Regno sulla terra”. Dobbiamo, concluse, continuare ad “amare, prenderci cura, sacrificare e credere”. Questa chiamata “non perirà mai, non morirà mai, perché la piccola Vergine di Nazareth disse ‘Sì!’ quando l’angelo le chiese se fosse disposta a diventare la madre del Messia”.
Nel 2021, il Cardinale Bo tenne una conferenza di un’ora al 52º Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest, intitolata “La Pazienza Divina nell’Eucaristia”. Sottolineò il contrasto tra la pazienza del Signore e la frenesia dell’uomo moderno.2“Guardate il nostro mondo e le nostre vite. L’uomo moderno vive in uno stato febbrile. È sempre di fretta. Corre continuamente. È irrequieto; vuole acquisire di più, consumare di più”, disse. “Non è mai soddisfatto. Aborre il silenzio. Non sa aspettare. La velocità è il valore numero uno oggi. Essere lenti è considerato un vizio, una perdita di tempo. Ma Gesù aspetta. È venuto da noi perché ci ama”.
Difensore esplicito dei diritti umani e della giustizia sociale
Il Cardinale Bo è stato una voce costante e coraggiosa in difesa dei diritti umani, della libertà religiosa, del dialogo interreligioso, della giustizia e della pace in Myanmar, temi ricorrenti nelle sue omelie nel corso degli anni. Dopo la sua elevazione al Collegio Cardinalizio, dichiarò ai media: “Voglio essere una voce per chi non ha voce”.
Nel corso degli anni, come Cardinale e come Arcivescovo di Yangon, il Cardinale Bo ha parlato con forza attraverso omelie, dichiarazioni pubbliche, messaggi natalizi e pasquali, approfondimenti giornalistici, conferenze e interviste sui temi della giustizia e della pace. Nel suo messaggio pasquale del 2014, affermò: “Il compito dei cristiani è spostare le recinzioni, abbattere i muri”, mentre nella sua omelia di Natale dello stesso anno disse: “Non abbiate paura. Non abbiate paura di aspirare ai vostri diritti alla dignità. Non abbiate paura di sognare, di immaginare un nuovo Myanmar dove la giustizia e la rettitudine scorrano come un fiume.”3The Catholic Church in the European Union, “The Cardinal Who Brings Poetry to the Faith”
Nella sua omelia a conclusione del 51º Congresso Eucaristico Internazionale tenutosi nelle Filippine, nel 2016, il Cardinale Bo – in qualità di Legato Pontificio – disse: “L’Eucaristia ci chiama alla giustizia. Nessun’altra religione eleva la giustizia a questo livello. Nessun’altra religione eleva i poveri a questo livello, come racconta Maria dopo che il Verbo si è fatto carne in lei: ‘I potenti saranno rovesciati e gli umili saranno innalzati’”. Definì questa la grande sfida in un mondo che “uccide i bambini nel grembo materno” e “spende più per le armi che per il cibo”. Descrisse inoltre l’Eucaristia come “un sogno e una realtà, perché Gesù è realmente presente”. È “un sogno perché è la speranza del futuro, il banchetto escatologico dell’uguaglianza umana. Oggi siete riuniti qui da diversi contesti: ricchi e poveri, nobili e contadini, aristocratici e servi. Ma quando vi avvicinate all’altare, l’Eucaristia vi spoglia di ogni status sociale. Siete semplicemente uguali tra diseguali. In un mondo ingiusto e insensibile, l’Eucaristia rimane saldamente il faro dell’uguaglianza umana”.
Focus sul cambiamento climatico
L’ambiente è stato un altro tema di grande preoccupazione per il Cardinale Bo. “Il cambiamento climatico è reale”, disse a una conferenza di religiosi da tutta l’Asia nel 2017, ed è “una bomba atomica pronta a esplodere”. Avvertì che “oggi affrontiamo un olocausto ambientale”, elencando i “peccati ecologici” e chiedendo una “conversione ecologica”, affermando: “Oggi non siamo riuniti contro i terroristi dell’ISIS. Siamo riuniti contro i terroristi economici ed ecologici”. Parlò con favore dell’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’, osservando che il Myanmar è il secondo paese al mondo più vulnerabile rispetto al riscaldamento globale, esposto a cicloni, inondazioni e altri disastri naturali. Chiamò a una “nuova teologia verde della liberazione”, affermando: “Abbiamo bisogno di una grande rivoluzione — una rivoluzione nel pensiero — una rivoluzione nella nostra teologia. Dobbiamo sviluppare un’eco-teologia — una teologia che integri la creazione di Dio come causa e fonte della nostra contemplazione”.
In un’altra occasione, il Cardinale Bo disse che “l’ambiente è stato preso in prestito dai giovani, e l’eredità a loro dovuta, un mondo più pacifico con l’integrità della creazione intatta, è in pericolo”. Il riscaldamento globale, aggiunse, “ha devastato comunità e i mezzi di sussistenza di milioni di persone, minacciando di sfuggire alla prossima generazione”.
Un profilo pubblicato su “La Stampa” con il titolo “Il Cardinale che porta la poesia nella fede” lo descrisse come un uomo che “parla come un poeta, ma il suo messaggio evangelico abbraccia l’economia, la società e la politica”.
Relazioni con Benedetto XVI e Papa Francesco
Considerato da alcuni come “solidamente ortodosso”, il Cardinale Bo è stato profondamente ispirato e fedele a Papa Benedetto XVI e ha sviluppato un rapporto stretto con Papa Francesco. Nel novembre 2017, Francesco divenne il primo pontefice della storia a visitare il Myanmar, e il Cardinale Bo ospitò quella visita papale, all’insegna del motto: “Amore e Pace”. La visita avvenne in un momento estremamente delicato per le relazioni interreligiose in Myanmar, a causa delle atrocità perpetrate contro la popolazione prevalentemente musulmana Rohingya e della più ampia campagna anti-musulmana alimentata dai nazionalisti buddisti Burman. Papa Francesco rese questi temi una priorità nei suoi colloqui con il governo guidato da Aung San Suu Kyi, così come con il Comandante in Capo delle forze armate Min Aung Hlaing, monaci buddisti di alto rango e altri leader religiosi.
Il Cardinale Bo fu criticato per aver consigliato al Papa di non usare il termine “Rohingya”, per timore di infiammare ulteriormente le tensioni, ma nel complesso la visita fu considerata un successo e sia il Cardinale Bo che il Vaticano furono generalmente visti come capaci di destreggiarsi abilmente in una situazione estremamente delicata.4Una grande Messa all’aperto fu celebrata da Papa Francesco, con la partecipazione di almeno 150.000 persone, e il giorno successivo si tenne una Messa per i giovani nella Cattedrale di Santa Maria a Yangon.
Oltre a essere il primo Cardinale nella storia del Myanmar e ad aver ospitato la prima visita papale nel paese, il Cardinale Bo ha anche supervisionato le celebrazioni per il 500º anniversario dell’arrivo del cattolicesimo in Myanmar, la formalizzazione delle relazioni diplomatiche tra il Vaticano e il Myanmar, e l’annuncio della beatificazione di Isidoro Ngei Ko Lat, avviandolo così verso la santità come primo beato del Myanmar. Isidoro Ngei Ko Lat fu un catechista laico ucciso dalle forze ribelli nel 1950.
MUNUS REGENDI
Abile Diplomatico
Pur essendo un fermo sostenitore dei diritti umani, della lotta contro la povertà e della tutela dell’ambiente, il Cardinale Bo ha dimostrato di essere anche un abile diplomatico. È un caro amico di Aung San Suu Kyi, leader pro-democrazia del Myanmar e Premio Nobel per la Pace, il cui governo civile democraticamente eletto è stato rovesciato con un colpo di stato il 1° febbraio 2021, ma ha anche mantenuto aperti i canali di comunicazione con i militari. Avendo prestato servizio come sacerdote e vescovo negli stati etnici devastati dalla guerra in Myanmar, ha imparato a negoziare con l’esercito senza compromettere i suoi valori.
Sotto i successivi regimi militari che hanno governato il Myanmar fino al 2010, il Cardinale Bo è stato più cauto nelle sue dichiarazioni pubbliche. Nelle sue omelie, i suoi messaggi erano più moderati, formulati in modo da restare sempre entro il limite di ciò che la giunta poteva tollerare. Nel decennio di apertura politica dal 2011 al 2021, caratterizzato da un maggiore spazio per la società civile e i media indipendenti, dalla firma di fragili cessate il fuoco con alcune nazionalità etniche, dalla liberazione dei prigionieri politici e dall’elezione del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia divenne più apertamente critica, in particolare riguardo alla libertà religiosa, alla tratta di esseri umani e ad altri diritti umani.
Tuttavia, dal colpo di stato del 2021, il Cardinale Bo ha dovuto essere più cauto e meno frequente nelle sue dichiarazioni pubbliche, a causa dei potenziali rischi per la sicurezza sua e della Chiesa. Durante le proteste del 2007, note come “Rivoluzione Zafferano”, e durante le manifestazioni contro il colpo di stato del 2021, il Cardinale Bo vietò a sacerdoti e religiosi di partecipare, temendo che sarebbero stati bersagli particolarmente vulnerabili per l’esercito, ma in privato pregava silenziosamente per i manifestanti e non tentò di impedire la partecipazione dei laici cattolici.
Interventi a favore della la giustizia e della pace
Nel 2016, il Cardinale Bo si rivolse al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, sedendo accanto a un monaco buddista e a un attivista musulmano della società civile del Myanmar. Chiese azioni concrete per promuovere il dialogo interreligioso, per prevenire l’incitamento all’odio e alla violenza e per “portare i responsabili dell’odio e della violenza davanti alla giustizia”, denunciando sia i conflitti negli stati etnici del paese sia, in particolare, la persecuzione del popolo Rohingya. “Quali che siano le prospettive – e nel mio paese vi è una varietà di opinioni – sull’origine del popolo Rohingya, non può esserci alcun dubbio sul fatto che coloro che hanno vissuto in Myanmar per generazioni abbiano il diritto di essere considerati cittadini e che tutti meritino di essere trattati umanamente e nel rispetto dei diritti umani internazionali”.
Successivamente, nello stesso anno, parlando a un incontro nel Parlamento del Regno Unito a Londra, il Cardinale Bo si spinse oltre, affermando: “La situazione dei Rohingya è una cicatrice vergognosa sulla coscienza del mio paese. Sono tra i popoli più emarginati, disumanizzati e perseguitati del mondo. Sono trattati peggio degli animali. Privati della cittadinanza, respinti dai paesi vicini, sono resi apolidi. Nessun essere umano merita di essere trattato in questo modo. Per questo, rivolgo un appello affinché vengano forniti aiuti umanitari e assistenza politica per aiutarci a risolvere questo conflitto. È necessario riunire Rakhine e Rohingya, portarli al tavolo del dialogo, unire le voci della moderazione e della pace per trovare una soluzione. Senza questo, le prospettive di una pace autentica e di una vera libertà per il mio paese saranno azzerate, perché nessuno può dormire tranquillo sapendo che un intero popolo sta morendo solo a causa della sua razza o religione”.
In un articolo pubblicato nel 2014 sul Washington Post, il Cardinale Bo descrisse il Myanmar come “un paese multietnico e multireligioso” che potrà essere “veramente libero, pacifico e prospero” solo se “i diritti di tutte le etnie e di tutte le fedi religiose saranno protetti”. “I leader religiosi devono predicare la bontà della propria religione piuttosto che attaccare le altre. L’unità nella diversità è il destino della Birmania, un’unità in cui impariamo a rispettare la dignità della differenza”.
Difensore della libertà religiosa
Nel 2016, il Cardinale Bo si unì ad Alissa Wahid, figlia dell’ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid (Gus Dur), eminente studioso islamico, per co-firmare un editoriale sul Wall Street Journal in difesa della libertà religiosa e del pluralismo. “Dobbiamo imparare a separare razza, religione e politica”, scrissero. “La religione è troppo spesso usata come strumento politico. Dovrebbe essere un affare del cuore, della mente e dell’anima, non una questione di etnia o luogo di nascita. Dobbiamo lottare per una visione che affermi che le persone sono cittadini del paese in cui sono nate, con pari diritti indipendentemente dalla religione. … Dobbiamo alzare la voce per la libertà di religione o di credo per tutti”.
Critiche per compromessi ‘percepiti’ e posizione diplomatica
Sebbene il suo impegno nel parlare con coraggio sia evidente, nelle occasioni in cui ha adottato una posizione percepita come più conciliatoria e diplomatica è stato oggetto di critiche. Molti Rohingya e sostenitori della loro causa furono profondamente delusi dal fatto che il Cardinale Bo consigliò a Papa Francesco di non usare il termine “Rohingya” durante la sua visita in Myanmar. Furono inoltre turbati dalla decisione di permettere un incontro tra il Papa e il Comandante in Capo delle forze armate, il Generale Min Aung Hlaing, durante la visita papale del 2017. Nel dicembre 2021, quando il Cardinale Bo fu fotografato mentre tagliava una torta insieme al leader del colpo di stato e dittatore militare Generale Min Aung Hlaing poco prima di Natale, ci fu un’ondata di indignazione da parte di molti attivisti pro-democrazia e appartenenti alle minoranze etniche. La controversia fu aggravata da un terribile massacro avvenuto alla Vigilia di Natale nello Stato Kayah (Karenni), in cui almeno 35 civili furono uccisi dall’esercito birmano.
Il Cardinale Bo rilasciò una dichiarazione di dura condanna del massacro e fece appello per la pace, riuscendo in parte a rassicurare l’opinione pubblica. Disse: “Il fatto che i corpi delle vittime, bruciati e mutilati, siano stati trovati il giorno di Natale rende questa tragedia ancora più dolorosa e nauseante. Mentre gran parte del mondo celebrava la nascita del Nostro Signore Gesù Cristo, gli abitanti del villaggio di Mo So hanno vissuto lo shock e il dolore di un atto di disumana atrocità. Mentre molti di noi celebravano la luce e la vita del Principe della Pace, così tanti in Myanmar hanno vissuto l’oscurità della morte e della distruzione”. Dichiarò inoltre che “l’intero nostro amato Myanmar è ora una zona di guerra” e esortò “l’esercito del Myanmar, il Tatmadaw, a cessare i bombardamenti e i bombardamenti contro persone innocenti, a smettere di distruggere case e chiese, scuole e cliniche, e ad avviare un dialogo con il movimento democratico e i gruppi armati etnici”.
Associazione con la famiglia Soros
Nel gennaio 2018, Alex Soros (figlio di George Soros), la cui Open Society Foundation promuove agende diametralmente opposte all’insegnamento morale della Chiesa, pubblicò sui social media una fotografia che lo ritraeva con il Cardinale Bo. “Non è un vero viaggio in Myanmar per me senza vedere il mio amico, l’Arcivescovo di Yangon, Cardinale Charles Maung Bo”, scrisse Soros. Lo elogiò poi per essere una “voce per la pace, la tolleranza e il dialogo interreligioso” e per aver contribuito a facilitare la visita del Papa in Myanmar.
Fonti vicine al Cardinale affermano che lui e Soros si sono incontrati una o due volte ma non si conoscono bene. “Durante il periodo di distensione politica in Myanmar, il filantropo di origine ungherese George Soros e la sua Open Society Foundation hanno finanziato molte organizzazioni della società civile, media indipendenti, gruppi pro-democrazia, minoranze etniche e gruppi per i diritti umani in Myanmar,” ha dichiarato una fonte vicina al Cardinale. “In questo contesto, il Cardinale Bo lo incontrò in alcune occasioni durante le sue visite a Yangon.
Voce di primo piano contro la tratta di esseri umani
Oltre alla difesa dei diritti umani e della libertà religiosa, il Cardinale Bo è stato una delle voci più forti contro la tratta di esseri umani e ha collaborato strettamente con il Santa Marta Group, iniziativa voluta da Papa Francesco e presieduta dal Cardinale Arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols.
Nel 2022, intervenendo a un incontro del Santa Marta Group presso la Pontificia Accademia delle Scienze, nella Casina Pio IV in Vaticano, il Cardinale Bo richiamò l’attenzione sul traffico di organi umani, descrivendolo come il nuovo “crimine organizzato” e un “nuovo cannibalismo umano”. Viviamo, aggiunse, in “un’epoca di catastrofe morale… L’olocausto morale della mercificazione della fragilità umana imperversa. Accade in ogni paese, nelle zone di guerra, dove milioni di persone sono in fuga”.
Evidenziò inoltre le tre forme più comuni di tratta di esseri umani: il traffico sessuale, il lavoro forzato legato alla schiavitù da debito e il lavoro coatto, nonché i matrimoni forzati, l’accattonaggio forzato e la riproduzione forzata.
Accordo Vaticano-Cina e Rapporti con Pechino
Il Cardinale Bo non ha mai parlato direttamente contro l’approccio di Papa Francesco nei confronti della Cina ed è noto per la sua vicinanza e fedeltà al Santo Padre. Tuttavia, la sua posizione pubblica su alcune questioni legate alla Cina contrasta nettamente con quella del Papa e della Santa Sede.
Sebbene non si sia espresso esplicitamente sull’accordo tra il Vaticano e la Cina sulla nomina dei vescovi, è stato un costante critico delle violazioni dei diritti umani da parte del Partito Comunista Cinese (PCC), della persecuzione religiosa e dello smantellamento delle libertà di Hong Kong.
Il 31 dicembre 2019, mentre ricopriva la carica di presidente della Federation of Asian Bishops’ Conferences, il Cardinale Bo firmò una lettera aperta indirizzata all’allora Capo dell’Esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, chiedendo un’inchiesta indipendente sulla brutalità della polizia nei confronti dei manifestanti pro-democrazia. La lettera affermava: “Siamo inorriditi nel vedere i filmati della polizia che spara gas lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma a distanza ravvicinata contro acquirenti, manifestanti pacifici e passanti innocenti alla Vigilia di Natale, il giorno di Natale, Santo Stefano e nuovamente sabato 28 dicembre”.
Nel luglio 2020, quando il regime del PCC a Pechino impose una nuova e draconiana legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, il Cardinale Bo rilasciò una dichiarazione chiedendo preghiere per la città. “A nome della Federation of Asian Bishops’ Conferences, invito i cristiani di tutte le tradizioni e i fedeli di tutte le religioni, in tutta l’Asia e nel mondo, a pregare per Hong Kong e per la Cina e tutto il suo popolo, con grande insistenza”, scrisse.
E aggiunse: “Il governo cinese ha imposto una nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Ciò è avvenuto senza una consultazione sistematica con la popolazione. Questa legge riduce gravemente le libertà di Hong Kong e distrugge l’‘alto grado di autonomia’ promesso nell’ambito del principio ‘un paese, due sistemi’. Questa azione comporta un cambiamento significativo nella costituzione di Hong Kong ed è offensiva sia nello spirito che nella lettera dell’accordo di consegna del 1997 tra Regno Unito e Cina”.
In rapporto al Cardinale Zen, ad Hong Kong ed agli Uiguri
Nel maggio 2022, quando il Vescovo Emerito di Hong Kong, il Cardinale Joseph Zen, fu arrestato, il Cardinale Bo rilasciò un’altra dichiarazione forte. “In qualità di presidente della Federation of Asian Bishops’ Conferences, e a seguito dell’arresto dell’11 maggio del mio fratello Cardinale e confratello salesiano, il Cardinale Joseph Zen, desidero esprimere la mia profonda preoccupazione per la situazione dei diritti umani e per le minacce alla libertà religiosa a Hong Kong,” scrisse. Argomentò che Hong Kong era stata trasformata da “una delle città più libere e aperte dell’Asia” in “uno stato di polizia” e invitò i cattolici e i cristiani di tutte le tradizioni a pregare per Hong Kong. “Per il popolo di Hong Kong, è sempre più difficile esprimersi liberamente, quindi coloro tra noi che sono al di fuori di Hong Kong e hanno una voce devono usarla in loro nome, dedicando le nostre preghiere e i nostri sforzi a mostrare solidarietà e sostegno, nella speranza che un giorno le loro libertà siano ripristinate”.
Il Cardinale Bo si è anche espresso a favore degli Uiguri, una popolazione prevalentemente musulmana che subisce una grave persecuzione nella regione occidentale dello Xinjiang, in Cina. Nel 2020, fu uno dei soli due cardinali asiatici a firmare una dichiarazione che chiedeva un’indagine sui crimini perpetrati contro gli Uiguri. “Dopo l’Olocausto, il mondo disse: ‘Mai più’. Oggi, ripetiamo quelle parole, ‘Mai più’, ancora una volta. Siamo al fianco degli Uiguri. Siamo anche al fianco dei buddisti tibetani, dei praticanti del Falun Gong e dei cristiani di tutta la Cina che affrontano la più grave repressione della libertà religiosa dai tempi della Rivoluzione Culturale,” affermava la dichiarazione. “Facciamo un semplice appello alla giustizia, affinché questi crimini siano indagati, i responsabili siano chiamati a risponderne e si possa tracciare un percorso verso il ripristino della dignità umana”.
Covid-19 e la responsabilità della Cina
In uno dei suoi interventi più diretti, il Cardinale Bo disse ciò che molti pensavano, ma pochi erano disposti a dichiarare apertamente, riguardo alla responsabilità della Cina nella pandemia di Covid-19. In un articolo pubblicato da UCANews, il Cardinale Bo affermò che “esiste un governo che ha la responsabilità primaria per ciò che ha fatto e per ciò che non ha fatto, ed è il regime del PCC a Pechino”.
Citò il tentativo iniziale del governo cinese di occultare le notizie sul virus, il silenziamento dei whistleblower, l’arresto dei giornalisti indipendenti che cercavano di riferire sul virus a Wuhan e il rifiuto iniziale dell’assistenza internazionale. Dichiarò che “bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo”. Proseguì affermando: “Attraverso la sua gestione disumana e irresponsabile del coronavirus, il PCC ha dimostrato ciò che molti già sospettavano: che rappresenta una minaccia per il mondo. La Cina, come nazione, è una grande e antica civiltà che ha dato molto al mondo nel corso della storia, ma questo regime è responsabile, attraverso la sua negligenza criminale e la repressione, della pandemia che oggi si diffonde per le nostre strade”.
Concluse chiedendo scuse e risarcimenti. “Il regime cinese guidato dall’onnipotente Xi Jinping e dal PCC – non il suo popolo – deve a tutti noi delle scuse e una compensazione per la distruzione che ha causato. Come minimo, dovrebbe cancellare i debiti degli altri paesi per coprire i costi del Covid-19. Per il bene della nostra comune umanità, non dobbiamo avere paura di ritenere questo regime responsabile”.
L’anno successivo, il Cardinale Bo invitò i cattolici e tutti i cristiani a trasformare la Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina, istituita nel 2007 da Papa Benedetto XVI e celebrata nella festa di Maria Ausiliatrice, in una settimana di preghiera dal 23 al 30 maggio. In una dichiarazione rilasciata il 14 marzo 2021, la quarta domenica di Quaresima (Domenica Laetare), disse:
“A nome della Chiesa in tutta l’Asia, come Presidente della Federation of Asian Bishops’ Conferences, vorrei invitare i fedeli a estendere questa giornata in una Settimana di Preghiera per la Chiesa in Cina e per i popoli della Cina, da domenica 23 maggio a domenica 30 maggio. Dall’inizio della pandemia di Covid-19, il popolo cinese ha affrontato sfide sempre maggiori, che ci riguardano tutti. È giusto che preghiamo non solo per la Chiesa, ma per tutte le persone della Repubblica Popolare Cinese. Dobbiamo chiedere alla Madonna di Sheshan di proteggere tutta l’umanità e, quindi, la dignità di ogni persona in Cina, con le parole della preghiera di Papa Benedetto XVI, affinché credano, sperino e amino. In effetti, ci viene ricordato che l’intera dottrina sociale della Chiesa si sviluppa dal principio che afferma l’inviolabile dignità della persona umana. … Perciò invito i fedeli di tutto il mondo a unirsi a me nella preghiera per la Chiesa e per i popoli della Cina, dal 23 al 30 maggio, e in particolare a unirsi a Papa Francesco, al Papa Emerito Benedetto XVI e all’intera Chiesa per chiedere, con le parole di Benedetto XVI, alla Madre della Cina e di tutta l’Asia di sostenere i fedeli, affinché non abbiano mai paura di parlare di Gesù al mondo e del mondo a Gesù, e siano sempre testimoni credibili di questo amore, restando saldamente ancorati alla roccia di Pietro”.
Un gruppo di laici cattolici da tutto il mondo rispose all’appello del Cardinale Bo e istituì la Settimana Globale di Preghiera per la Cina, iniziativa che il Cardinale si disse “incoraggiato” a vedere realizzata.
MUNUS DOCENDI
Sull’educazione
L’educazione è stata una priorità ineludibile per il Cardinale Bo. Nel 2016, affermò: “L’educazione è un diritto fondamentale. Una politica deliberata di non istruire i nostri giovani li espone a forme moderne di schiavitù nei paesi vicini, alla minaccia della droga, alla tratta di esseri umani. La gioventù è una generazione ferita”. In seguito aggiunse: “La conoscenza è potere… Vogliamo dare potere ai poveri attraverso un’educazione di qualità. Per le migliaia di persone che cercano conforto nella droga e nelle migrazioni pericolose, vogliamo dimostrare che il Myanmar può essere una terra di opportunità se viene fornita un’istruzione di qualità.”5La popolazione cattolica in Myanmar è stimata intorno a 750.000 persone, rappresentando meno dell’1% della popolazione totale. La Chiesa in Myanmar è composta da 16 diocesi, incluse tre arcidiocesi.
Sotto la guida del Cardinale Bo, la Chiesa in Myanmar ha avuto un’influenza e una visibilità nazionale e internazionale sproporzionate rispetto alle sue dimensioni. Ciò è dovuto in parte alla natura inclusiva della Chiesa lungo le linee etniche, in parte al fatto che il Myanmar ha ora il suo primo Cardinale nella storia, e in parte al ruolo personale che il Cardinale Bo ha assunto sulla scena nazionale e internazionale.
Nel suo messaggio di Natale del 2015, il Cardinale Bo disse: “La Chiesa è una delle pochissime organizzazioni che ha un carattere realmente ‘nazionale’. È presente in ogni tribù, in ogni razza e nazionalità. Questo privilegio comporta una grande responsabilità”. Ha costantemente insegnato che la Chiesa “è chiamata a stare con i più emarginati”, a lavorare per “una democrazia inclusiva” e a essere “un partner affidabile nella costruzione della nazione”. Descrisse la Chiesa come “una Chiesa povera per i poveri” e disse: “Il nostro accompagnamento è vitale per la loro dignità”.
Nel suo discorso principale alla conferenza della Chiesa sulla costruzione della nazione nel 2016, il Cardinale Bo evidenziò le sei priorità che la Conferenza Episcopale Cattolica del Myanmar si era posta. Queste erano: “dignità dei nostri fratelli e sorelle indigeni, proteggere e promuovere i loro diritti fondamentali, la loro cultura, i loro diritti sulle risorse, portarli a una celebrazione della cultura; pace e riconciliazione…; attenzione speciale per i giovani, le donne e i bambini…; promuovere il dialogo con il governo, i gruppi interconfessionali, la società civile, altri gruppi religiosi e un dialogo attivo con i poveri; contribuire per un paese istruito attraverso la missione educativa e per un paese sano attraverso la missione sanitaria…; coinvolgimento creativo con il buddismo, la religione principale del paese”. Ha continuato a dare priorità a questi temi nel corso del suo ministero episcopale.
Cardinale della misericordia
Così come enfatizza i temi della pace, della giustizia e della riconciliazione nella società, così questi sono anche temi centrali della sua teologia e spiritualità.
Pur essendo considerato un tradizionalista negli insegnamenti fondamentali della Chiesa, il Cardinale Bo ha abbracciato l’enfasi di Papa Francesco sulla misericordia e sul perdono, come dimostrano il suo messaggio pasquale del 2014 e la sua riflessione durante l’Anno della Misericordia nel dicembre 2015.6“La via mostrata da Gesù è l’unica via. È la via della riconciliazione. Il messaggio centrale della Risurrezione è la riconciliazione. La speranza che cresce nel cuore di ogni cittadino deve essere cementata attraverso la riconciliazione. ‘Dio era in Cristo nel riconciliare a sé il mondo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione’ (2 Corinzi 5:19). I cristiani hanno un dovere speciale verso la riconciliazione, e la Pasqua affida a ciascuno di noi il compito di portare avanti questo messaggio di riconciliazione. L’intero messaggio della riconciliazione è incentrato sull’amore di Dio e sulla morte di Cristo; Paolo ci ricorda che ‘Dio dimostra il suo amore per noi in questo: mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi’ (Romani 5:8). Ci gloriamo in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione (Romani 5:11).
Cristo ci ricorda la nostra grande responsabilità: così come Egli ci ha riconciliati a sé perdonandoci, dobbiamo andare e cercare la riconciliazione con coloro che hanno peccato contro di noi. Seguendo l’esempio di Dio, dobbiamo perdonare coloro che ci hanno ferito, turbato e offeso! Così come Dio ha preso l’iniziativa di perdonarci, noi dobbiamo prendere l’iniziativa di perdonare gli altri. Dio si aspetta che li perdoniamo nei nostri cuori e che lo dimostriamo con il modo in cui viviamo. Dobbiamo iniziare a trattarli con amore, come se non ci avessero mai fatto alcun torto. La riconciliazione con il nostro prossimo è il risultato diretto del nostro perdono. Non può esserci una vera riconciliazione senza un autentico perdono”.
Nella sua riflessione sull’Anno della Misericordia nel dicembre 2015, disse: “Cristo è la porta che conduce al Padre. Cristo attende ogni giorno alla porta del nostro cuore per portarci la Misericordia: ‘Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.’ (Apocalisse 3:20) Accogliere Gesù attraverso atti di misericordia è la porta del mondo”.
Il Cardinale Bo non ha partecipato attivamente ai grandi dibattiti della Chiesa in Occidente – su sessualità, matrimonio, celibato sacerdotale, ordinazione sacerdotale o al diaconato delle donne – ma è considerato capace di bilanciare la devozione alla dottrina tradizionale della Chiesa con un forte accento sulla misericordia. Per esempio, ha sottolineato che “non è accettabile per me legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, possiamo offrire cura pastorale e aiutare queste persone a trovare accoglienza nella Chiesa attraverso la misericordia”.
Sulla Comunione ai divorziati risposati civilmente
Sulla questione dell’ammissione alla Santa Comunione dei cattolici divorziati e risposati, il Cardinale Bo si è detto favorevole a qualche forma di riforma e di dispensa. Nel 2015, prima del sinodo di quell’anno, dichiarò di sperare che “la Chiesa si concentri più sull’individuo che sulle regole e le normative, e su cosa sia peccato e cosa non lo sia”. Sottolineando che molte coppie risposate sono rimaste fedeli nonostante non possano ricevere la Comunione, affermò:
“Il mio punto di vista è che la Chiesa deve guardare a questi casi e permettere loro di ricevere la Comunione a Messa. Spero che il sinodo guardi favorevolmente a questo… Papa Francesco ha detto che non dovremmo abbandonare i peccatori e che dobbiamo mostrare misericordia. Ciò non significa che il peccato possa essere tollerato, ma possiamo mostrare misericordia e perdono”.
E nonostante viva in una delle nazioni più povere, colpite da conflitti, e oppresse al mondo, la speranza è anche un tema costante per il Cardinale Bo, come dimostrato nel suo messaggio di Natale del 2013 Emmanuel in Myanmar: Il Messaggio Duraturo della Speranza.7“Non dobbiamo mai scoraggiarci. Mai arrenderci! La vita è remare controcorrente. Non arrendetevi quando a volte non riuscite a controllare voi stessi. Non arrendetevi quando avete problemi in famiglia. Non arrendetevi quando i cambiamenti nel paese sono troppo lenti. Ascoltiamo ancora le parole di Isaia mentre ricordiamo i momenti della nostra disperazione. ‘Non sarai più chiamata abbandonata, e la tua terra non sarà più detta desolata… Sarai chiamata con un nuovo nome… Sarai una corona di gloria nella mano del Signore’ (Isaia 62).
Speriamo. La speranza è il fiume che scorre nel deserto del pessimismo. Speriamo che l’Emmanuel, il Dio con noi, sia presente in ognuno, nei governati e nei governanti, nei Bamars e negli altri. Io, per primo, credo fermamente nell’audacia della speranza. Io, per primo, credo che il tempo di Dio sia giunto per il Myanmar. Io, per primo, credo fermamente che Dio non abbandonerà questa terra… Tutti noi possiamo realizzare questo. Il tempo di questa nazione è arrivato. Il manto di oscurità che ne copriva la bellezza è stato rimosso. Come le figlie di Sion, essa avanzerà sulla scena globale, vestita di giustizia e prosperità. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. La nostra nazione prospererà, la nostra nazione sarà di nuovo un rifugio per tutti i popoli etnici, per tutti i migranti e per tutti i rifugiati. Il Signore nostro Dio si compiace di noi. Dio ci sta sorridendo”.
Fedele alla sinodalità
Nel Sinodo sulla Sinodalità, voluto da Papa Francesco, il Cardinale Bo è stato una voce prominente e leale. Predicando l’omelia alla Messa per i partecipanti all’Assemblea Generale del Sinodo nella Basilica di San Pietro il 23 ottobre 2023, il Cardinale ha sottolineato l’importanza di essere aperti alla chiamata di Dio e di intraprendere nuovi cammini.8“Nelle Scritture, ripercorriamo l’antico cammino dei nostri antenati, Adamo ed Eva, che scelsero di lasciare la grazia e il conforto che conoscevano, optando per un percorso avvolto nelle tenebre,” fu l’incipit. “Da allora, l’umanità è in una continua ricerca spirituale, un’odissea segnata da un’instancabile ricerca di significato. Un viaggio nel Libro dell’Esodo ci presenta Dio come liberatore di un popolo oppresso, scegliendo un pastore di nome Mosè per affrontare l’orgoglio del Faraone. In quel momento, Dio avviò il Mistero Pasquale, offrendo il Suo accompagnamento a un’umanità ferita – un tema ricorrente nella Bibbia. Il messaggio è chiarissimo: Dio non abbandona mai il suo popolo.
Nel corso della storia della Chiesa, mentre le fondamenta rimangono salde, è necessario essere aperti a nuovi modi di esprimerle. ‘Abramo, il padre della nostra fede, fu chiamato a inoltrarsi nell’ignoto, e San Paolo, nella prima lettura dalla Lettera ai Romani, presenta Abramo come esempio,’ disse il Cardinale Bo. ‘Quando intraprendiamo vari percorsi nella vita e nella fede, spesso ci troviamo incerti sulla nostra destinazione, ma siamo chiamati a inoltrarci nell’ignoto, guidati dalla nostra incrollabile fede. Così come la fede di Abramo lo rese giusto, anche noi siamo giustificati dalla nostra fede, credendo che Dio mantiene sempre le Sue promesse. Il nostro cammino sinodale non è una missione spaziale pre-programmata con equazioni matematiche fisse. Piuttosto, quando Dio ci chiama, Egli diventa la nostra guida, la nostra mappa e il nostro compagno.’
La Fede, continuò il Cardinale Bo, ‘illumina il cammino nei momenti più bui e tumultuosi della vita, permettendoci di vedere la grazia di Dio penetrare nelle ombre.’ La Chiesa è chiamata ‘a essere giusta, a incarnare un cammino sinodale di fede con la convinzione che Dio non viene mai meno. Nonostante i dubbi e le ansie che possono accompagnarci in questo lungo cammino, possiamo trarre ispirazione da figure come Mosè, scelto da Dio per essere un liberatore e un modello per tutti noi. Anche se potremmo non raggiungere la nostra destinazione, partecipare al cammino è già una benedizione di per sé. Sappiamo che questo percorso sinodale è intergenerazionale, iniziato dalla Chiesa e volto a inaugurare una lunga marcia di speranza per tutta l’umanità, anche in mezzo ai disordini globali, come dimostrano i recenti eventi in Asia occidentale e in altre regioni del mondo.’”
Come è solito fare, il Cardinale Bo passò poi, nella sua omelia, dall’incoraggiamento a intraprendere il cammino all’appello ad affrontare le sfide del mondo, tra cui pace, giustizia, riconciliazione, povertà, diritti umani e ambiente. In particolare, evidenziò i documenti di Papa Francesco su questi temi.
“La cupidigia umana ha già inflitto ferite profonde al nostro pianeta e privato milioni di persone della loro dignità, come Papa Francesco ha sottolineato nei suoi recenti documenti di grande rilevanza,” disse. “Questi documenti richiamano a una triplice riconciliazione per salvare l’umanità e il pianeta: Riconciliazione con Dio (Evangelii Gaudium), Riconciliazione con la natura (Laudato Si’), e Riconciliazione tra di noi in Fratelli Tutti. Il nostro cammino sinodale riguarda la guarigione e la riconciliazione del mondo nella giustizia e nella pace. L’unico modo per salvare l’umanità e creare un mondo di speranza, pace e giustizia è attraverso la sinodalità globale di tutti i popoli”.9Concluse con queste parole a nome della Chiesa in Myanmar e in Asia: “Come le donne fedeli che seguirono Gesù lungo la Via della Croce, la Chiesa in Myanmar e in Asia investe nella speranza della riconciliazione. Continuiamo il nostro cammino sinodale tra le lacrime, credendo che, come quelle donne, vedremo guarite tutte le ferite, e una nuova alba di speranza, pace e giustizia splenderà su ogni nazione sofferente. Preghiamo affinché la Chiesa cattolica, sotto la guida di Papa Francesco, possa condurre l’intera famiglia umana nella lunga marcia della guarigione del nostro mondo e del nostro pianeta, portandoci infine a nuovi cieli e a una nuova terra”.
- 1I suoi antenati furono tra i primi cattolici del Myanmar, convertiti dai portoghesi oltre 400 anni fa. Il suo villaggio natale, Monhla, situato nel Myanmar centrale vicino a Shwebo e poco oltre l’antico centro culturale di Mandalay, è uno dei nove insediamenti fondati dai portoghesi e, ancora oggi, è un villaggio misto di cattolici e buddisti. Il Cardinale ricorda di essere cresciuto in un “ambiente cattolico” in cui la fede era centrale. “Non c’erano problemi di materialismo e secolarismo. Era tutto molto tranquillo e si respirava un’atmosfera religiosa. L'intero villaggio era molto religioso, con un amore e un rispetto particolari per ciò che era sacro e santo. C’era una mentalità orientata a Dio”, ricordava. Benedict Rogers, From Burma to Rome: A Journey into the Catholic Church, Gracewing (2015), pagina 122
- 2Benedict Rogers, From Burma to Rome: A Journey into the Catholic Church, Gracewing (2015), pagina 123
- 3Benedict Rogers, From Burma to Rome: A Journey into the Catholic Church, Gracewing (2015), pagina 123
- 4Tra i cattolici del Myanmar, Bo appartiene alla maggioranza etnica ‘Bamar’ o ‘Burman’, a prevalenza buddista. La maggior parte dei cattolici – così come i cristiani di altre tradizioni – proviene dalle minoranze etniche del paese, in particolare i Karenni, i Karen, i Kachin e i Chin. Dunque, è una minoranza Burman tra i cristiani e una minoranza cristiana tra i Burman. Tuttavia, la sua formazione e gran parte del suo sacerdozio gli hanno permesso di sviluppare un profondo apprezzamento per la diversità etnica e religiosa del Myanmar.
- 5Benedict Rogers, From Burma to Rome: A Journey into the Catholic Church, Gracewing (2015), pagina 126
- 6Bo è stato Legato Pontificio al 51º Congresso Eucaristico Internazionale nelle Filippine nel 2016 e Presidente Delegato del Papa alla XV Assemblea Generale Ordinaria su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” nell’ottobre 2018. È membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, del Pontificio Consiglio della Cultura e di diversi dicasteri, tra cui quello per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e per la Comunicazione. Inoltre, è Co-Presidente di Religions for Peace, organizzazione internazionale per il dialogo interreligioso.
- 7Nel 2017 fu relatore principale alla conferenza cattolica giovanile Flame, la più grande del Regno Unito, che riunì oltre 10.000 giovani nella Wembley Arena. Conquistò il pubblico esordendo con queste parole: “Vedo un mare di giovani davanti a me. Mi è stato detto che qui siete in diecimila. Pregando, celebrando e gioendo. Mi fa sentire giovane. Che energia vedere così tanti giovani – da ogni angolo dell’Inghilterra e del Galles. Un’occasione per celebrare la nostra fede in questa straordinaria arena, con diecimila fratelli e sorelle… Oh, miei giovani! Ogni volta che si tiene il Congresso Mondiale della Gioventù, portate grande speranza alla Chiesa. Con la vostra gioia, la vostra vivacità, la vostra energia – noi che invecchiamo siamo rinvigoriti dalla speranza e dall’entusiasmo che portate alla Chiesa. La vostra gioia è un messaggio anche per me – la vostra presenza è un grande elisir di speranza. Vengo da un paese che ha sofferto molto. Ma voi giovani, qui, nel mio paese, mi date energia per andare avanti”. Poi lanciò una sfida: “Nei vostri occhi vedo grandi sogni. Alcuni di voi diventeranno scienziati, altri sportivi, altri insegnanti, altri medici… Il vostro nome è domani. Miei cari amici, il mio messaggio per voi è questo: avete l’opportunità, se scegliete di coglierla, di affidarvi a Dio, di aprire i vostri cuori al Suo Spirito, di mettervi nelle Sue mani e, insieme a Lui, rendere questo mondo un posto migliore. Portate davvero la fiamma della speranza. Incendiate il mondo. Siate il fuoco che accende un altro fuoco. Ma attenzione: troppo fuoco porta al riscaldamento globale! Il fuoco di cui parlo è il fuoco della speranza, dell’amore, della compassione, della fraternità con i più poveri”. E aggiunse: “Sant’Agostino spiega la natura della speranza dicendo: ‘La speranza ha due bellissime figlie: si chiamano indignazione e coraggio. Indignazione perché le cose stanno come stanno. Coraggio per farle diventare come dovrebbero essere.’” Infine, esortò i giovani a impegnarsi concretamente: “Riflettete su una di queste sfide e fate tutto il possibile per mantenere viva la speranza in quel contesto. Affrontate questa sfida con la certezza che non sarete mai soli”. Concluse con un messaggio stimolante: “Miei cari giovani amici, potete compiere meraviglie con le vostre mani. Quando Dio è nelle vostre mani, la verità è nelle vostre mani, e un enorme potere è in voi. Credete nel potere della verità nel vostro cuore, che compirà meraviglie attraverso di voi. Che diecimila cuori si infiammino d’amore per tutti. Che ventimila mani siano rafforzate da Cristo oggi. Possiamo cambiare questo mondo. Portate quella fiamma di speranza – accendete un fuoco nel mondo dell’ingiustizia con la fiamma del Regno di Dio, il Regno della Giustizia”.
- 8Nel 2018 fu fotografato con il filantropo laico Alex Soros (figlio di George Soros), che lo definì un “amico”, sebbene una fonte vicina al Cardinale affermò che i due non si conoscono bene e che l’incontro avvenne per la stima nei confronti del Cardinale a causa del suo impegno su giustizia e pace.
- 9Rogers, pagina 137
- 10“Guardate il nostro mondo e le nostre vite. L’uomo moderno vive in uno stato febbrile. È sempre di fretta. Corre continuamente. È irrequieto; vuole acquisire di più, consumare di più”, disse. “Non è mai soddisfatto. Aborre il silenzio. Non sa aspettare. La velocità è il valore numero uno oggi. Essere lenti è considerato un vizio, una perdita di tempo. Ma Gesù aspetta. È venuto da noi perché ci ama”.
- 11The Catholic Church in the European Union, “The Cardinal Who Brings Poetry to the Faith”
- 12Una grande Messa all’aperto fu celebrata da Papa Francesco, con la partecipazione di almeno 150.000 persone, e il giorno successivo si tenne una Messa per i giovani nella Cattedrale di Santa Maria a Yangon.
Oltre a essere il primo Cardinale nella storia del Myanmar e ad aver ospitato la prima visita papale nel paese, il Cardinale Bo ha anche supervisionato le celebrazioni per il 500º anniversario dell’arrivo del cattolicesimo in Myanmar, la formalizzazione delle relazioni diplomatiche tra il Vaticano e il Myanmar, e l’annuncio della beatificazione di Isidoro Ngei Ko Lat, avviandolo così verso la santità come primo beato del Myanmar. Isidoro Ngei Ko Lat fu un catechista laico ucciso dalle forze ribelli nel 1950. - 13La popolazione cattolica in Myanmar è stimata intorno a 750.000 persone, rappresentando meno dell’1% della popolazione totale. La Chiesa in Myanmar è composta da 16 diocesi, incluse tre arcidiocesi.
Sotto la guida del Cardinale Bo, la Chiesa in Myanmar ha avuto un’influenza e una visibilità nazionale e internazionale sproporzionate rispetto alle sue dimensioni. Ciò è dovuto in parte alla natura inclusiva della Chiesa lungo le linee etniche, in parte al fatto che il Myanmar ha ora il suo primo Cardinale nella storia, e in parte al ruolo personale che il Cardinale Bo ha assunto sulla scena nazionale e internazionale.
Nel suo messaggio di Natale del 2015, il Cardinale Bo disse: “La Chiesa è una delle pochissime organizzazioni che ha un carattere realmente ‘nazionale’. È presente in ogni tribù, in ogni razza e nazionalità. Questo privilegio comporta una grande responsabilità”. Ha costantemente insegnato che la Chiesa “è chiamata a stare con i più emarginati”, a lavorare per “una democrazia inclusiva” e a essere “un partner affidabile nella costruzione della nazione”. Descrisse la Chiesa come “una Chiesa povera per i poveri” e disse: “Il nostro accompagnamento è vitale per la loro dignità”.
Nel suo discorso principale alla conferenza della Chiesa sulla costruzione della nazione nel 2016, il Cardinale Bo evidenziò le sei priorità che la Conferenza Episcopale Cattolica del Myanmar si era posta. Queste erano: “dignità dei nostri fratelli e sorelle indigeni, proteggere e promuovere i loro diritti fondamentali, la loro cultura, i loro diritti sulle risorse, portarli a una celebrazione della cultura; pace e riconciliazione…; attenzione speciale per i giovani, le donne e i bambini…; promuovere il dialogo con il governo, i gruppi interconfessionali, la società civile, altri gruppi religiosi e un dialogo attivo con i poveri; contribuire per un paese istruito attraverso la missione educativa e per un paese sano attraverso la missione sanitaria…; coinvolgimento creativo con il buddismo, la religione principale del paese”. Ha continuato a dare priorità a questi temi nel corso del suo ministero episcopale. - 14“La via mostrata da Gesù è l’unica via. È la via della riconciliazione. Il messaggio centrale della Risurrezione è la riconciliazione. La speranza che cresce nel cuore di ogni cittadino deve essere cementata attraverso la riconciliazione. ‘Dio era in Cristo nel riconciliare a sé il mondo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione’ (2 Corinzi 5:19). I cristiani hanno un dovere speciale verso la riconciliazione, e la Pasqua affida a ciascuno di noi il compito di portare avanti questo messaggio di riconciliazione. L’intero messaggio della riconciliazione è incentrato sull’amore di Dio e sulla morte di Cristo; Paolo ci ricorda che ‘Dio dimostra il suo amore per noi in questo: mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi’ (Romani 5:8). Ci gloriamo in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione (Romani 5:11).
Cristo ci ricorda la nostra grande responsabilità: così come Egli ci ha riconciliati a sé perdonandoci, dobbiamo andare e cercare la riconciliazione con coloro che hanno peccato contro di noi. Seguendo l’esempio di Dio, dobbiamo perdonare coloro che ci hanno ferito, turbato e offeso! Così come Dio ha preso l’iniziativa di perdonarci, noi dobbiamo prendere l’iniziativa di perdonare gli altri. Dio si aspetta che li perdoniamo nei nostri cuori e che lo dimostriamo con il modo in cui viviamo. Dobbiamo iniziare a trattarli con amore, come se non ci avessero mai fatto alcun torto. La riconciliazione con il nostro prossimo è il risultato diretto del nostro perdono. Non può esserci una vera riconciliazione senza un autentico perdono”.
Nella sua riflessione sull’Anno della Misericordia nel dicembre 2015, disse: “Cristo è la porta che conduce al Padre. Cristo attende ogni giorno alla porta del nostro cuore per portarci la Misericordia: ‘Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.’ (Apocalisse 3:20) Accogliere Gesù attraverso atti di misericordia è la porta del mondo”. - 15“Non dobbiamo mai scoraggiarci. Mai arrenderci! La vita è remare controcorrente. Non arrendetevi quando a volte non riuscite a controllare voi stessi. Non arrendetevi quando avete problemi in famiglia. Non arrendetevi quando i cambiamenti nel paese sono troppo lenti. Ascoltiamo ancora le parole di Isaia mentre ricordiamo i momenti della nostra disperazione. ‘Non sarai più chiamata abbandonata, e la tua terra non sarà più detta desolata… Sarai chiamata con un nuovo nome… Sarai una corona di gloria nella mano del Signore’ (Isaia 62).
Speriamo. La speranza è il fiume che scorre nel deserto del pessimismo. Speriamo che l’Emmanuel, il Dio con noi, sia presente in ognuno, nei governati e nei governanti, nei Bamars e negli altri. Io, per primo, credo fermamente nell’audacia della speranza. Io, per primo, credo che il tempo di Dio sia giunto per il Myanmar. Io, per primo, credo fermamente che Dio non abbandonerà questa terra… Tutti noi possiamo realizzare questo. Il tempo di questa nazione è arrivato. Il manto di oscurità che ne copriva la bellezza è stato rimosso. Come le figlie di Sion, essa avanzerà sulla scena globale, vestita di giustizia e prosperità. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. La nostra nazione prospererà, la nostra nazione sarà di nuovo un rifugio per tutti i popoli etnici, per tutti i migranti e per tutti i rifugiati. Il Signore nostro Dio si compiace di noi. Dio ci sta sorridendo”. - 16“Nelle Scritture, ripercorriamo l’antico cammino dei nostri antenati, Adamo ed Eva, che scelsero di lasciare la grazia e il conforto che conoscevano, optando per un percorso avvolto nelle tenebre,” fu l’incipit. “Da allora, l’umanità è in una continua ricerca spirituale, un’odissea segnata da un’instancabile ricerca di significato. Un viaggio nel Libro dell’Esodo ci presenta Dio come liberatore di un popolo oppresso, scegliendo un pastore di nome Mosè per affrontare l’orgoglio del Faraone. In quel momento, Dio avviò il Mistero Pasquale, offrendo il Suo accompagnamento a un’umanità ferita – un tema ricorrente nella Bibbia. Il messaggio è chiarissimo: Dio non abbandona mai il suo popolo.
Nel corso della storia della Chiesa, mentre le fondamenta rimangono salde, è necessario essere aperti a nuovi modi di esprimerle. ‘Abramo, il padre della nostra fede, fu chiamato a inoltrarsi nell’ignoto, e San Paolo, nella prima lettura dalla Lettera ai Romani, presenta Abramo come esempio,’ disse il Cardinale Bo. ‘Quando intraprendiamo vari percorsi nella vita e nella fede, spesso ci troviamo incerti sulla nostra destinazione, ma siamo chiamati a inoltrarci nell’ignoto, guidati dalla nostra incrollabile fede. Così come la fede di Abramo lo rese giusto, anche noi siamo giustificati dalla nostra fede, credendo che Dio mantiene sempre le Sue promesse. Il nostro cammino sinodale non è una missione spaziale pre-programmata con equazioni matematiche fisse. Piuttosto, quando Dio ci chiama, Egli diventa la nostra guida, la nostra mappa e il nostro compagno.’
La Fede, continuò il Cardinale Bo, ‘illumina il cammino nei momenti più bui e tumultuosi della vita, permettendoci di vedere la grazia di Dio penetrare nelle ombre.’ La Chiesa è chiamata ‘a essere giusta, a incarnare un cammino sinodale di fede con la convinzione che Dio non viene mai meno. Nonostante i dubbi e le ansie che possono accompagnarci in questo lungo cammino, possiamo trarre ispirazione da figure come Mosè, scelto da Dio per essere un liberatore e un modello per tutti noi. Anche se potremmo non raggiungere la nostra destinazione, partecipare al cammino è già una benedizione di per sé. Sappiamo che questo percorso sinodale è intergenerazionale, iniziato dalla Chiesa e volto a inaugurare una lunga marcia di speranza per tutta l’umanità, anche in mezzo ai disordini globali, come dimostrano i recenti eventi in Asia occidentale e in altre regioni del mondo.’” - 17Concluse con queste parole a nome della Chiesa in Myanmar e in Asia: “Come le donne fedeli che seguirono Gesù lungo la Via della Croce, la Chiesa in Myanmar e in Asia investe nella speranza della riconciliazione. Continuiamo il nostro cammino sinodale tra le lacrime, credendo che, come quelle donne, vedremo guarite tutte le ferite, e una nuova alba di speranza, pace e giustizia splenderà su ogni nazione sofferente. Preghiamo affinché la Chiesa cattolica, sotto la guida di Papa Francesco, possa condurre l’intera famiglia umana nella lunga marcia della guarigione del nostro mondo e del nostro pianeta, portandoci infine a nuovi cieli e a una nuova terra”.