MUNUS SANCTIFICANDI
Considerando che il Cardinale Gugerotti non è mai stato vescovo diocesano o rettore di seminario, ma ha trascorso quasi tutta la sua carriera nella Curia romana o come nunzio apostolico, il suo esercizio del munus sanctificandi si manifesta forse al meglio nella promozione delle liturgie, delle devozioni e dei santi delle Chiese orientali.
Liturgia cattolica siro-malabarese
In qualità di nunzio apostolico nel Regno Unito, l’allora arcivescovo Claudio Gugerotti predicò alla liturgia conclusiva dell’Anno di San Giuseppe nel dicembre 2021.
Nell’omelia, lodò l’Eparchia siro-malabarese della Gran Bretagna, che — disse — stava cercando, nel contesto di una crisi di fede nel Paese, “di ritrovare la perduta gloria della Chiesa cattolica, le sue tradizioni antiche, e di impegnarsi seriamente a riscoprirle e riviverle oggi, in questo contesto occidentale quasi totalmente secolarizzato e relativista”.
Parlando nel contesto di una liturgia celebrata con il tradizionale canto siriaco presso l’Abbazia di San Michele a Farnborough, il Nunzio Apostolico invitò i fedeli “a rendersi conto” che il recupero “delle gloriose radici cristiane” è “semplicemente una grazia di Dio”.
Vetus Ordo
Non esistono dichiarazioni pubbliche del Cardinale Gugerotti sulle controversie legate a Traditionis Custodes e alle sue restrizioni sulla Messa tradizionale in latino. Tuttavia, nel giugno 2024, emersero notizie secondo cui avrebbe sostenuto la redazione di un nuovo documento volto a limitare ulteriormente il rito antico, cosa che il Cardinale smentì in seguito.
A prescindere dalla sua presunta opposizione alla Messa antica, Gugerotti partecipò a celebrazioni del Novus Ordo molto tradizionali e solenni, presiedute da sacerdoti legati alla tradizione, durante il suo breve incarico nel Regno Unito. Nella solennità del Corpus Domini, nel giugno 2022, celebrò una Messa Pontificale Solenne, seguita da una processione con il Santissimo Sacramento per le strade di Covent Garden. La celebrazione concluse l’Ottava Eucaristica di Londra 2022, un appuntamento annuale in onore dell’Eucaristia nel cuore della capitale britannica.
Nell’omelia, ricordò come la processione eucaristica “sia il segno del nostro cammino verso il cielo, preceduti da Gesù, che è presente e ama nell’ostensorio che portiamo.
“Corpus Domini, vero Corpo di Gesù Cristo, Dio fatto uomo, non resistiamo all’essere trasformati a tua immagine nel cammino verso il Regno, dove non ci sarà più guerra, né malattia, né il senso della nostra inutilità”, disse. “Regno dove tu sarai la luce che, come ciechi, abbiamo cercato per tutta la vita. Cristo, che ti sei donato con il tuo Corpo e il tuo Sangue, sii tu la forza che ci salva. Amen”.
Avvertimento contro le novità liturgiche
Nel 2005 il Cardinale pubblicò un libro sulla liturgia e l’uomo moderno, intitolato L’uomo nuovo un essere liturgico. L’opera trattava in particolare della liturgia orientale e delle novità liturgiche. Gugerotti mise in guardia contro cambiamenti liturgici radicali e contro i tentativi di rendere il linguaggio simbolico della liturgia più comprensibile. La sua principale preoccupazione, osservava un recensore,1Sergii Sannikov, ricercatore senior presso l’Istituto di Teologia dell’Europa Orientale a Leopoli, Ucraina “è che l’uomo moderno dovrebbe vivere la liturgia e non ha bisogno di spiegazioni, quindi i tentativi di introdurre nuovi gesti o di tradurre la liturgia in un linguaggio comprensibile, con tutto il rispetto, non soddisfano l’uomo moderno”.
Devozione Mariana
Nel suo lavoro come nunzio e come prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, Gugerotti ha anche promosso la devozione mariana.
Nel luglio 2023, Papa Francesco inviò Gugerotti come suo rappresentante per il 25º anniversario dell’incoronazione della Madonna di Budslau in Bielorussia. L’icona, custodita nella Basilica dell’Assunzione della Beata Vergine Maria e risalente al XVI secolo, ha una grande importanza per i cattolici bielorussi.2Nell’omelia, l’arcivescovo Gugerotti ricordò l’incoronazione dell’icona nel 1998, un evento solenne voluto da Papa Giovanni Paolo II e celebrato dal Cardinale Kazimierz Swiatek. Parlò della fede incrollabile e della resilienza del Cardinale Swiatek, anche di fronte alla prigionia, e di come Giovanni Paolo II lo avesse elevato alla dignità cardinalizia nella Santa Chiesa. … Si rivolse alla Madre di Budslau, salutandola come Regina dell’Amore. La ritrasse come una giovane umile che accettò con piena disponibilità le sfide poste da Dio. … Ai piedi della croce, accolse l’ultimo respiro di suo Figlio. Con gli Apostoli, ricevette lo Spirito Santo vittorioso, che conquistò il mondo e le sue sofferenze.
Già nel 2014, come nunzio in Bielorussia, Gugerotti aveva presieduto le celebrazioni per il 400º anniversario dell’icona miracolosa di Nostra Signora di Budslau presso il santuario nazionale a lei dedicato. Ispirandosi all’esempio di Papa Giovanni Paolo II, incoraggiò i cattolici bielorussi a non avere paura e lodò la loro grande pazienza, dicendo loro: “Oggi la Madonna vi guarda e vi dice: non lasciate cadere le braccia. Avete un futuro, popolo della Bielorussia. C’è una strada davanti a voi, anche se non riuscite a vederla. Dio ha pensato questa strada per voi. Il vostro Dio è ora in mezzo a voi in questa Eucaristia e anche la protezione di sua Madre è con voi”.
Lode a un santo armeno e alla solidarietà umana
Nell’aprile 2015, sotto il predecessore del Cardinale Gugerotti come prefetto per le Chiese Orientali, Papa Francesco elevò san Gregorio di Narek (951–1010), un monaco armeno del X secolo, poeta e scrittore mistico, alla dignità di Dottore della Chiesa. La sua memoria è celebrata nel calendario romano generale il 27 febbraio. Conosciuto per i suoi commentari al Libro di Giobbe e al Cantico dei Cantici, l’opera più celebre di san Gregorio di Narek è Il libro delle lamentazioni. Composto da 95 capitoli di preghiere e meditazioni, è riconosciuto come un’“enciclopedia della preghiera per tutte le nazioni”, è stato tradotto in oltre 30 lingue ed è stato paragonato alle Confessioni di sant’Agostino per il suo carattere introspettivo.
Tre anni dopo, Papa Francesco presiedette la benedizione della statua di san Gregorio di Narek nei Giardini Vaticani, rafforzando i rapporti tra la Santa Sede, l’Armenia e la Chiesa apostolica armena.
Celebrando la sua festa con una Messa nella Basilica di San Pietro nel 2023, il Cardinale Gugerotti affermò che, nell’attuale clima di “individualismo enorme” e di aggressività “feroce”, che talvolta “sembrano invincibili”, san Gregorio di Narek affronta questi mali “con una geniale visione spirituale”, proprio perché volle prendere su di sé i peccati di tutti, come fece Gesù.
In armeno, Gugerotti lesse questa preghiera tratta dalle opere di Narek: “Io prendo su di me i peccati di tutto il mondo perché io sono personalmente colpevole dei peccati di tutti. E li presento a te, Signore, perché tu possa avere misericordia di tutti.”
È “molto raro nella storia del cristianesimo un atteggiamento del genere, ma profondamente persuasivo”, disse il Cardinale. “Quel grido è il grido di tante sofferenze, di tante lacerazioni, di tante morti, di tante persecuzioni. Un grido presentato come una poesia che strappa dalle mani di Dio la salvezza del popolo perché questo possa essere beatificato e gratificato dalla visione di Dio”.
Nella stessa omelia, Gugerotti sottolineò come Gregorio di Narek sia chiamato il “porta preghiere” di tutta l’umanità “non perché è generoso, ma perché è profondamente solidale con tutta l’umanità. Si fa carico della tragedia di tutti. È questo l’atteggiamento che sarebbe in grado di dare risposta all’esasperato individualismo”, disse.
Evidenziando il desiderio di san Gregorio di Narek di conformarsi a Cristo perdonando i propri nemici, il Cardinale Gugerotti insistette: “Non si tratta di una spiritualità melensa o zuccherosa che serve semplicemente a consolare i popoli. Qui c’è una forza di appartenenza all’umanità che è talmente solidificata da portarci a dire: tutti si salveranno o tutti periranno”.
Perseguendo esclusivamente i propri interessi economici, quelli delle proprie industrie e del proprio Paese, a scapito degli altri, “non si va da nessuna parte così”, affermò. “Questo è il Vangelo vissuto, il resto è un egoismo cosmico che è il contrario dell’amore di Dio il quale è finito sulla croce, lui che aveva creato il mondo”.
MUNUS REGENDI
Il Cardinale Gugerotti non ha ricoperto un ruolo particolarmente in vista nella Curia Romana prima della fine del 2022 e quasi tutta la sua carriera si è svolta o all’interno del Vaticano o come nunzio apostolico.
Sia la sua esperienza curiale sia il suo lavoro diplomatico si sono concentrati quasi esclusivamente sull’Oriente e sulle Chiese orientali. La sua competenza è quindi prevalentemente di carattere politico, ecumenico e diplomatico. È accomunato ad una ristretta minoranza di diplomatici vaticani dal non aver ricevuto una formazione diplomatica formale presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica, normalmente preposta alla preparazione dei diplomatici della Santa Sede.
Successi diplomatici
La carriera diplomatica di Gugerotti è stata generalmente di successo. In particolare, riuscì a migliorare i rapporti tra il governo dittatoriale della Bielorussia e la Chiesa cattolica locale, aprendo la strada a una possibile visita di Giovanni Paolo II nel 2002. Fu anche uno dei pochi a poter avere accesso ai prigionieri politici del Paese. Anni dopo, trattò per assicurare il rientro di un arcivescovo esiliato: nel 2020 ottenne il ritorno a Minsk dell’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, al quale era stato impedito per mesi di rientrare in patria.
Il suo approccio alla guerra in Ucraina
Gugerotti ha sempre promosso la riconciliazione e la pace, in linea con l’impostazione diplomatica della Santa Sede. La sua conoscenza dei contesti russi e ucraini è stata cruciale in questo ambito.
Durante un incontro con i giornalisti alla vigilia del concistoro in cui sarebbe stato creato Cardinale nel 2023, il neo prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali definì la guerra russa in Ucraina “una carneficina” e “una guerra barbara”. Secondo una trascrizione dell’incontro, difese anche il tentativo di Papa Francesco di mantenere un contatto equilibrato con entrambe le parti del conflitto.
Interpellato sulla guerra, alla luce della sua esperienza come nunzio in Ucraina, l’allora futuro Cardinale affermò che il popolo ucraino era “meraviglioso, ma per ragioni storiche ha subito molte divisioni: Est e Ovest; tra i cattolici, latini e greco-cattolici; tra gli ortodossi ci sono ora due Chiese; e sul piano politico, un governo succede all’altro con visioni e percezioni molto diverse”.
Il problema principale dell’Ucraina, aggiunse, “è quello di trovare l’unità al proprio interno. Ovviamente, la disunità non è solo colpa loro; è qualcosa che è stato ben pianificato e orchestrato”.
Paradossalmente, osservò, la guerra stava contribuendo a unificare il Paese: “Sta unendo gli ucraini, perché devono combattere contro un unico nemico, e quindi non c’è spazio per le dispute interne”.
Gugerotti sottolineò inoltre che la “falsificazione dei media” era “uno dei problemi fondamentali” e che “così in questi Paesi non conta quello che si fa, ma quello che si dice che si fa”.
In virtù della sua formazione e competenza sull’Est e sull’Ucraina, alcuni commentatori cattolici — tra cui The Catholic Herald — si aspettavano che il Cardinale Gugerotti “avrebbe giocato un ruolo chiave negli sforzi della Santa Sede per porre fine alla guerra in Ucraina”. Ma non è chiaro quale sia stata finora la sua influenza diretta su Papa Francesco in merito. La scelta da parte di Francesco di Gugerotti come prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali è stata interpretata come un segnale verso la Russia, data la nomina un nunzio conosciuto e non percepito come ostile.3Gugerotti ha costantemente invocato una riconciliazione russo-ucraina che vada oltre la politica e gli interessi politici. L’analista vaticano Andrea Gagliarducci ha osservato che la sua capacità “di cogliere prospettive contrapposte è dovuta anche all’ottima conoscenza della lingua russa e lo ha reso un candidato per ricoprire l’incarico di prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali”.
Rapporti con le Chiese locali ucraine
Durante il suo mandato come nunzio in Ucraina dal 2015 al 2020, il Cardinale Gugerotti si guadagnò una buona reputazione per il mantenimento di rapporti cordiali con le Chiese locali. È generalmente considerato in modo positivo dalla Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (CGCU).
Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della CGCU, ha rivolto al Cardinale Gugerotti le sue congratulazioni per l’elevazione al Collegio Cardinalizio, riconoscendo in tale nomina una particolare attenzione del Papa verso l’Oriente cristiano. Shevchuk ha espresso apprezzamento per il servizio reso da Gugerotti ai popoli bielorusso e ucraino, sottolineando il suo ruolo di collaboratore del Vescovo di Roma e riconoscendo l’amore del Papa per coloro ai quali il Cardinale è stato inviato.
Il periodo trascorso da Gugerotti come nunzio in Ucraina dal 2015 al 2020, durante il quale affrontò attivamente le sfide poste dal conflitto nella regione del Donbass, ha probabilmente contribuito alla valutazione favorevole che lo accompagna. Il suo approccio diplomatico alla guerra in Ucraina tende ad allinearsi con gli sforzi della CGCU di navigare tra le complesse relazioni con la Santa Sede e il contesto geopolitico più generale.
Il Cardinale Gugerotti ha svolto in passato un ruolo di pacificatore nei confronti dei greco-cattolici ucraini. In risposta alle loro critiche alla dichiarazione congiunta tra il Papa e il Patriarca di Mosca firmata a L’Avana nel 2016, disse: “Vi chiedo di essere pazienti. Non sempre tutte le parti possono dire ciò che vogliono dire. A volte è necessario trovare un compromesso… Quello che la gente ricorderà è l’abbraccio e l’abbraccio è una cosa santa”.
Opinioni sulla diplomazia vaticana
Il Cardinale Gugerotti non si fa illusioni sull’efficacia che la diplomazia vaticana può avere in situazioni di conflitto. Ha osservato che essa è necessaria per offrire una mediazione nel “deserto di figure morali” nel mondo.
L’obiettivo della Santa Sede, ha affermato, “è sempre quello di essere l’ultima possibilità, quando tutte le altre scelte sono venute meno”.
Gugerotti si è mostrato entusiasta della decisione di Papa Francesco di inviare il Cardinale Matteo Zuppi come inviato di pace in Ucraina, affermando che la “cosa geniale” “è quella di aver messo finalmente insieme chi combatte sul terreno e le grandi potenze dalle quali [in] gran parte dipende la guerra”.
Quanto al suo ruolo personale, Gugerotti ha espresso soddisfazione per il fatto che il dicastero da lui guidato offra molte opportunità di mediazione e diplomazia e che, come Cardinale, egli possa attirare l’attenzione su aree di crisi. “il mio Dicastero si occupa delle situazioni più ‘disgraziate’ che ci sono al mondo”, ha detto poco prima di ricevere la porpora. “Quasi tutte queste Chiese si trovano in territori di grande difficoltà, in situazioni di guerra, di destabilizzazione… Il cardinalato significa porre all’attenzione del mondo queste situazioni”. Ha aggiunto che ci sono “cento guerre oltre a quella tra Russia e Ucraina di cui non parliamo mai”.
Nella stessa intervista rilasciata a Vatican News, Gugerotti ha spiegato che la Santa Sede sta agendo con molta prudenza anche in un’altra situazione di conflitto che conosce bene, quella tra Armenia e Azerbaigian. A suo avviso, questi conflitti hanno ripercussioni non solo sulle nazioni coinvolte, ma anche sull’Occidente.4“Bisogna capire innanzitutto che lì c’è una storia di dolore che comincia da tempi immemorabili e poi che se si scatena lì un gioco di potenze che sono estranee al blocco occidentale e ai suoi interessi, a pagare sarà proprio il blocco occidentale. È questo il punto. Siccome oggi è importante parlare di cose che ti servono, non di ideali, perché purtroppo questi si comprano e si vendono oggi, come le armi, la cosa fondamentale è capire che siamo noi in gioco. Non soltanto questa povera gente che si ritrova in queste condizion”.
In un’altra intervista del 2023, il Cardinale Gugerotti ha espresso il peso della responsabilità che avverte, poiché il suo Dicastero comprende non solo il Medio Oriente, ma anche Etiopia, Eritrea, Ucraina — aree segnate da conflitti sanguinosi.5“Tutte zone, o quasi tutte, che hanno in questo momento una vicenda particolarmente cruenta che non a caso li riguarda nel senso che l’Oriente cristiano è sempre stato un bacino di fedeltà a Cristo fino al martirio. Pensiamo a cosa erano le grandi Chiese orientali che ora sono ridotte a pochissime persone. E non per caso, ma perché la violenza degli uomini e delle culture ha determinato una loro quasi sparizione. Dunque, è quasi nel dna delle Chiese orientali questo legame profondissimo con la testimonianza martiriale. D’altra parte teniamo presente che molte delle Chiese orientali nascono in un contesto molto prossimo alla Palestina. Il nostro riferimento è a colui che è Signore e Maestro e che, appunto, ha effuso il suo sangue per noi, Gesù Cristo. Noi siamo i rappresentanti di una religione che nasce dal sangue del suo fondatore, a differenza di molte altre. Ed è anche la ragione per la quale il cristianesimo suscitava tanto stupore, sia nelle religioni imperiali, sia poi anche nelle altre religioni monoteistiche, proprio per l’estrema crudezza della sorte di colui che ne era oggetto di venerazione. Noi non abbiamo un profeta vittorioso, che ha fondato uno stato, non siamo un popolo che ha una città terrena; siamo i seguaci di qualcuno pellegrinando nella storia fino alla Gerusalemme celeste”.
Affinità con l’Armenia
Il Cardinale Gugerotti nutre un legame particolare con l’Armenia, dove si recò nel 1988 come membro di una delegazione umanitaria dopo il terremoto che devastò il Paese.
La visita, che egli attribuisce in parte all’allora Segretario di Stato Cardinale Agostino Casaroli e alla sua controversa diplomazia dell’Ostpolitik, lasciò una profonda impressione nell’allora giovane sacerdote.6La Caritas Italiana, un’organizzazione caritativa della Chiesa italiana, decise di recarsi nella regione settentrionale della Repubblica Socialista Sovietica Armena dopo un devastante terremoto, per aiutare le vittime. L’impatto della catastrofe colpì profondamente il giovane sacerdote. Lì vide anche Santa Teresa di Calcutta pregare con alcune delle sue suore.
Durante una conferenza tenuta in Vaticano nel 2022, Gugerotti ricordò come entrò a far parte della delegazione: “La coraggiosa delegazione vene a sapere che c’è un sacerdote italiano che ha studiato l’Armenia, cioè io, e mi chiede di unirmi al gruppo”, raccontò. “Il Cardinale Casaroli, allora Segretario di Stato, mi informa che la partenza è prevista per il giorno seguente. Credo che solo l’urgenza della situazione permise a un giovane della Curia romana, privo della grande esperienza diplomatica che allora caratterizzava coloro che venivano inviati da Roma nei paesi del blocco sovietico, nei giorni dell’‘Ostpolitik’, di poter partire”.
Gli eventi successivi in Armenia — Paese dove sarebbe poi diventato nunzio — costituirono anche il contesto del suo primo incontro con Papa Giovanni Paolo II, ’inizio di un duraturo rapporto con lui. Con profonda gratitudine, Gugerotti ha ricordato la profonda influenza che il Santo Pontefice ebbe sulla sua vita: “Per me sarà l’inizio di un rapporto inatteso e senza precedenti, che mi accompagnerà fino alla morte del Papa e che segnerà profondamente la mia vita”.
Gugerotti guarda al futuro della Chiesa armena, risorta dopo settant’anni di oppressione: “Per anni non vi furono segni esteriori di cattolicesimo”, ha osservato. “I sovietici avevano completamente soppresso la Chiesa cattolica armena”.
Medio Oriente
Gugerotti ha inoltre dedicato particolare attenzione al Medio Oriente. In un discorso pronunciato nel 2023 a Nicosia, Cipro, il Cardinale si è scusato per “la responsabilità [dell’Occidente] nella destabilizzazione delle condizioni del Medio Oriente con la nostra tendenza a esportare la nostra cultura e a chiedere ai suoi popoli di conformare a questa le loro vite”. Ha anche espresso preoccupazione per la diaspora dei cristiani della regione, “causata dalla attuale tragica situazione che colpisce dal profondo la loro vita quotidiana”.
Rapporti con le Chiese riformate
Il Cardinale Gugerotti non ha intrattenuto contatti ecumenici di rilievo con luterani o altri protestanti, ma nell’ambito della sua missione di promozione del dialogo tra cattolici e anglicani, ha avuto una breve interazione con una delegazione anglicana della Chiesa episcopale scozzese durante la sua breve missione come nunzio nel Regno Unito. In quell’occasione, ha anche tenuto un’omelia durante una celebrazione anglicana.
MUNUS DOCENDI
Claudio Gugerotti è stato restio a intervenire in dibattiti controversi e, di conseguenza, le sue posizioni su temi attuali come il celibato sacerdotale, l’ordinazione di diaconesse o le benedizioni per coppie dello stesso sesso non sono note.
Tuttavia, i suoi legami con figure come il Cardinale Achille Silvestrini sono significativi. Silvestrini svolse un ruolo cruciale nelle relazioni internazionali della Santa Sede, soprattutto durante la Guerra Fredda. Fu anche un promotore di primo piano della Ostpolitik, una strategia diplomatica volta ad assicurare la sopravvivenza della Chiesa cattolica nei paesi comunisti, ma che, secondo i critici, comportò un costo elevato, incluso l’indebolimento dell’autorità morale della Chiesa e della sua efficacia nella difesa dei diritti umani e della libertà religiosa, nonché l’infiltrazione della Santa Sede da parte dei servizi segreti comunisti.
Silvestrini fu inoltre uno dei leader dell’ala progressista della Chiesa nel periodo post-conciliare, una figura controversa e un membro di spicco del cosiddetto “gruppo di San Gallo”, che si oppose all’elezione di Papa Benedetto XVI.
Gugerotti lavorò con Silvestrini per diversi anni in Vaticano e ricevette il suo sostegno e guida, ma non ha mai espresso critiche nei confronti del defunto Cardinale. Al contrario, nell’ottobre 2023 ha scritto un tributo encomiastico inserito in un’opera sull’eredità di Silvestrini.
In quell’occasione, Gugerotti ha elogiato la “passione per la cultura” e per la storia del Cardinale, sottolineando come il suo impegno andasse oltre la diplomazia e diventasse una missione di apertura e dialogo con tutti, a prescindere dalla loro fede o appartenenza politica. “[Una] radice evangelica […] ne motivò l’intera esistenza, senza peraltro far pesare alcun elemento di settarismo o di clericalismo”, ha affermato Gugerotti.
Interrogativi sui legami con Silvestrini
Nel libro Via col vento in Vaticano, pubblicato nel 1999 sotto lo pseudonimo “I Millenari”, iniziarono a emergere critiche nei confronti di Gugerotti e dei suoi presunti stretti legami con il Cardinale Achille Silvestrini. Il libro, che avrebbe suscitato scalpore in Vaticano, pretendeva di svelare episodi di corruzione, nepotismo e omosessualità nella Curia romana. Monsignor Luigi Marinelli, sacerdote in pensione che aveva lavorato presso la Congregazione per le Chiese Orientali, fu identificato come uno degli autori. Egli affermò che vi erano altri nove o dieci coautori, ma ciò non è mai stato verificato. Il volume fu aspramente criticato per le sue imprecisioni e per essere colmo di pettegolezzi non documentati.
Vicinanza a Parolin
Gugerotti è talvolta considerato vicino al Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, in parte perché entrambi si sono opposti a quella che è percepita come una posizione relativamente filo-russa del Papa, che continua a offendere la Chiesa ucraina. Insieme a Parolin, Gugerotti ha incontrato i vescovi ucraini nel settembre 2023, dopo una nuova controversia suscitata da alcune affermazioni di Papa Francesco sulla guerra.
Sia Parolin che Gugerotti furono discepoli di Silvestrini, fatto che lascia supporre una comunanza di idee e visioni, come sembrano confermare alcune voci sull’affinità delle loro posizioni sulla Messa tradizionale in latino. Tuttavia, la generale reticenza di Gugerotti nel prendere posizione su questioni dottrinali fa sì che il suo insegnamento rimanga in gran parte sconosciuto e oggetto di speculazione.
- 1Tra queste pubblicazioni si ricordano: “La liturgia armena delle ordinazioni e l’epoca ciliciana. Esiti rituali di una teologia di comunione tra le Chiese” (Roma 2001); “L’uomo nuovo un essere liturgico” (Roma 2005), tradotto anche in romeno e ucraino; “Caucaso e dintorni” (Roma 2012) e “Riflessi d’oriente” (Bose 2012).
- 2Sergii Sannikov, ricercatore senior presso l’Istituto di Teologia dell’Europa Orientale a Leopoli, Ucraina
- 3Nell’omelia, l’arcivescovo Gugerotti ricordò l’incoronazione dell’icona nel 1998, un evento solenne voluto da Papa Giovanni Paolo II e celebrato dal Cardinale Kazimierz Swiatek. Parlò della fede incrollabile e della resilienza del Cardinale Swiatek, anche di fronte alla prigionia, e di come Giovanni Paolo II lo avesse elevato alla dignità cardinalizia nella Santa Chiesa. … Si rivolse alla Madre di Budslau, salutandola come Regina dell’Amore. La ritrasse come una giovane umile che accettò con piena disponibilità le sfide poste da Dio. … Ai piedi della croce, accolse l’ultimo respiro di suo Figlio. Con gli Apostoli, ricevette lo Spirito Santo vittorioso, che conquistò il mondo e le sue sofferenze.
- 4Gugerotti ha costantemente invocato una riconciliazione russo-ucraina che vada oltre la politica e gli interessi politici. L’analista vaticano Andrea Gagliarducci ha osservato che la sua capacità “di cogliere prospettive contrapposte è dovuta anche all’ottima conoscenza della lingua russa e lo ha reso un candidato per ricoprire l’incarico di prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali”.
- 5“Bisogna capire innanzitutto che lì c’è una storia di dolore che comincia da tempi immemorabili e poi che se si scatena lì un gioco di potenze che sono estranee al blocco occidentale e ai suoi interessi, a pagare sarà proprio il blocco occidentale. È questo il punto. Siccome oggi è importante parlare di cose che ti servono, non di ideali, perché purtroppo questi si comprano e si vendono oggi, come le armi, la cosa fondamentale è capire che siamo noi in gioco. Non soltanto questa povera gente che si ritrova in queste condizion”.
- 6“Tutte zone, o quasi tutte, che hanno in questo momento una vicenda particolarmente cruenta che non a caso li riguarda nel senso che l’Oriente cristiano è sempre stato un bacino di fedeltà a Cristo fino al martirio. Pensiamo a cosa erano le grandi Chiese orientali che ora sono ridotte a pochissime persone. E non per caso, ma perché la violenza degli uomini e delle culture ha determinato una loro quasi sparizione. Dunque, è quasi nel dna delle Chiese orientali questo legame profondissimo con la testimonianza martiriale. D’altra parte teniamo presente che molte delle Chiese orientali nascono in un contesto molto prossimo alla Palestina. Il nostro riferimento è a colui che è Signore e Maestro e che, appunto, ha effuso il suo sangue per noi, Gesù Cristo. Noi siamo i rappresentanti di una religione che nasce dal sangue del suo fondatore, a differenza di molte altre. Ed è anche la ragione per la quale il cristianesimo suscitava tanto stupore, sia nelle religioni imperiali, sia poi anche nelle altre religioni monoteistiche, proprio per l’estrema crudezza della sorte di colui che ne era oggetto di venerazione. Noi non abbiamo un profeta vittorioso, che ha fondato uno stato, non siamo un popolo che ha una città terrena; siamo i seguaci di qualcuno pellegrinando nella storia fino alla Gerusalemme celeste”.
- 7La Caritas Italiana, un’organizzazione caritativa della Chiesa italiana, decise di recarsi nella regione settentrionale della Repubblica Socialista Sovietica Armena dopo un devastante terremoto, per aiutare le vittime. L’impatto della catastrofe colpì profondamente il giovane sacerdote. Lì vide anche Santa Teresa di Calcutta pregare con alcune delle sue suore.