Nostra Signora del Sacro Cuore

Creato da:

Benedetto XVI

Status Votante:

Elettore

Nazione:

Svizzera

Età:

75

Cardinale Kurt Koch

Nostra Signora del Sacro Cuore

Prefetto del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani

Svizzera

Ut sit in omnibus Christus primatum tenens

Affinché Cristo tenga il primato in tutte le cose

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Dati chiave

Data di Nascita:

15 Marzo 1950 (75 anni)

Luogo di Nascita:

Emmenbrücke, Svizzera

Nazione:

Svizzera

Concistoro:

20 Novembre 2010

da

Benedetto XVI

Status Votante:

Elettore

Incarico:

Curiale

Tipo:

Cardinale Presbitero

Chiesa Titolare:

Nostra Signora del Sacro Cuore

Sintesi

Il Cardinale Kurt Koch è nato in una famiglia di mercanti il 15 marzo 1950 a Emmenbrücke (diocesi di Basilea), nel cantone svizzero di Lucerna.

Fin da giovane ha mostrato un vivo interesse per l’ecumenismo. Ha studiato teologia a Monaco di Baviera e a Lucerna. Dopo gli studi, ha lavorato come teologo laico. Dal 1976 al 1978 ha collaborato a un progetto di ricerca con la Commissione episcopale Iustitia et Pax insieme al professor Franz Furger, su questioni riguardanti la vita umana nella società contemporanea dal punto di vista etico-cristiano. Dal 1979 al 1982 è stato assistente universitario nel campo della teologia sistematica presso la Facoltà di Teologia di Lucerna.

È stato ordinato sacerdote all’età di 32 anni, entrando nel ministero a Berna, sviluppando un interesse per la dogmatica e la teologia morale, oltre che per l’ecumenismo e il pensiero protestante.

Nel 1987 ha difeso la sua tesi di dottorato sull’opera del teologo evangelico tedesco Wolfhart Pannenberg.1La sua tesi di dottorato aveva per titolo: Il Dio della storia. La teologia della storia in Wolfhart Pannenberg come paradigma di una teologia filosofica in prospettiva ecumenica. È rimasto affiliato all’Università di Lucerna, ottenendo l’abilitazione nel 1989 e lì è diventato professore di dogmatica e liturgia, nonché professore di teologia ecumenica presso l’Istituto di Formazione.

Nel dicembre 1995 è stato nominato vescovo di Basilea, ricevendo la consacrazione episcopale da Papa Giovanni Paolo II.

Come vescovo non ha trascurato il lavoro accademico, continuando a pubblicare articoli e opere teologiche. Dal 1998 al 2006 è stato vicepresidente della Conferenza Episcopale Svizzera, della quale è stato poi presidente dal 2007 al 2009.

Nel luglio 2010 Benedetto XVI lo ha chiamato a Roma, nominandolo a capo del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, succedendo al vescovo tedesco Walter Kasper. Nello stesso anno è stato creato Cardinale.

Dal 2010 a oggi il Cardinale ha mantenuto lo stesso incarico, anche se nel 2022, con la Costituzione Praedicate Evangelium, il Pontificio Consiglio è stato trasformato in Dicastero e Koch è diventato, quindi, prefetto. Un anno prima, Papa Francesco lo aveva elevato al rango di Cardinale presbitero.

All’interno della Curia Romana, Koch è membro di diversi altri dicasteri, tra cui quello per la Dottrina della Fede. Se prima del 2010 aveva scritto su vari temi teologici, dal suo ingresso nella Curia si è concentrato principalmente sulle questioni ecumeniche. Tra i momenti salienti del suo operato a Roma si segnalano l’incontro ecumenico di Lund del 2016, in occasione del 500° anniversario della Riforma protestante, e la pubblicazione, nel 2024, di un documento sul primato papale da una prospettiva sinodale .

Il Cardinale Koch unisce un’indole pacata a una lunga esperienza curiale.

Uomo riservato e poco incline alla polemica, possiede una conoscenza approfondita della Chiesa di lingua tedesca ed è ben consapevole delle sfide poste dalla teologia nei paesi germanofoni, una qualità cruciale alla luce delle tensioni che minacciano l’unità della Chiesa provenienti da queste nazioni.

È noto per il suo forte scetticismo nei confronti del Cammino Sinodale Tedesco, pur essendo considerato un uomo aperto a cambiamenti prudenti, come ha espresso in uno studio approfondito sul ministero petrino nel 2024. Il fatto che abbia condotto un simile studio dimostra la sua padronanza dell’argomento: conosce il ruolo del Papa nella Chiesa, la storia del Papato e i suoi possibili sviluppi.

Il Cardinale è in grado di separare scrupolosamente le sue convinzioni personali dalle esigenze del suo ufficio, una qualità che alcuni considerano una forza, ma che altri vedono come una debolezza. Ha dimostrato questa capacità abbandonando completamente il suo precedente sostegno alla possibilità di rendere facoltativo il celibato sacerdotale e alla sua passata apertura sull’ordinazione delle donne. Lo stesso tratto caratterizzava Benedetto XVI, una qualità che alcuni ammirano ma che altri considerano problematica, soprattutto sulle questioni più rilevanti. I critici si chiedono: quanto è solida la sua adesione ai principi, se è disposto a modificarli così rapidamente per allinearsi al Papa del momento?

La sua conoscenza teologica è considerata da alcuni limitata. Da molti anni si occupa quasi esclusivamente di ecumenismo, un tema certamente centrale per il presente e il futuro della Chiesa, ma che rappresenta solo una delle molte sfide ecclesiali.

Il suo pensiero ecumenico è profondamente radicato nell’insegnamento del Concilio Vaticano II e nello sviluppo post-conciliare, secondo un orientamento sempre più criticato da chi lo ritiene vago, privo di direzione e in contrasto con la Tradizione apostolica. In quanto responsabile del rapporto della Chiesa con l’ebraismo, ha pienamente abbracciato l’approccio post-conciliare che esclude la missione diretta della Chiesa nei confronti del popolo ebraico, privilegiando invece il dialogo.

Il Cardinale Koch ha talvolta difeso il Magistero perenne della Chiesa nel contesto ecumenico, opponendosi, ad esempio, ad alcune radicali idee  sulla intercommunio provenienti da alcuni ambienti ecumenici.

Sottolinea l’importanza della centralità dell’Eucaristia, ma non è un sostenitore della liturgia tradizionale, che considera un ostacolo all’unità.

La sua formazione intellettuale di matrice teutonica è orientata al negoziato e al compromesso, rendendolo una figura diplomatica e pragmatica. All’interno della Curia Romana ha anche mostrato un sano conservatorismo. Questa combinazione non gli consentirebbe forse di risolvere tutte le sfide della Chiesa, ma potrebbe permettergli, qualora fosse eletto Papa,  di svolgere un ruolo conciliatore e unificante dopo gli anni divisivi del pontificato di Francesco.

Oltre al tedesco, il Cardinale Koch parla diverse lingue, tra cui  italiano, francese e inglese.

Ordinazione Diaconale Femminile

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Il Cardinale Koch sull’Ordinazione Diaconale Femminile

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Negli anni ’90, il Cardinale Koch ha affermato che il sacerdozio femminile è “desiderabile, perché solo allora il ministero ecclesiastico raggiungerebbe la forma piena del segno sacramentale del sacerdozio universale.” In seguito, ha dichiarato che la Chiesa cattolica è certa che “il sacerdozio sacramentale è legato al sesso maschile.”

Benedizione delle Coppie dello Stesso Sesso

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Il Cardinale Koch sulla Benedizione delle Coppie dello Stesso Sesso

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Il Cardinale Koch ha generalmente cercato di evitare di entrare nella controversia sulla Dichiarazione Fiducia supplicans, che ha autorizzato le benedizioni non liturgiche per le coppie dello stesso sesso. Ha riconosciuto che la Dichiarazione ha creato problemi con gli ortodossi e ha affermato di ritenere importante “riflettere nuovamente” sulla questione nel contesto del dialogo ecumenico.

Rendere Opzionale il Celibato Sacerdotale

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Il Cardinale Koch sul Rendere Opzionale il Celibato Sacerdotale

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Ambigua

Negli anni ’90, il Cardinale Koch era favorevole all’ordinazione di uomini sposati secondo il modello dei viri probati. Non proponeva l’abolizione del celibato, ma desiderava sostenerlo, permettendo al contempo l’accesso al sacerdozio ai sacerdoti sposati, aggiungendo che il prezzo per una tale modifica sarebbe stato “molto alto.” (Kurt Koch, “Liturgischer Leitungsdienst in pastoralen Notsituationen. Eine ekklesiologische Problemanzeige,” Freiburg i. Br., 1999, p. 249. Citato in: Corradini..., p. 84). Tuttavia, in seguito ha cambiato posizione. Quando nel 2018 gli è stato chiesto se la crisi delle vocazioni fosse un argomento per abolire il celibato obbligatorio, ha risposto: “No. La questione decisiva è la situazione della fede.”

Restrizioni al Vetus Ordo (Messa Antica)

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Il Cardinale Koch sulle Restrizioni al Vetus Ordo (Messa Antica)

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Il Cardinale Koch non si è espresso né a favore né contro Traditionis Custodes, ma in passato ha sostenuto l’idea di un’unica forma del Rito Romano, suggerendo “che in futuro vi sarà una riconciliazione delle due forme, così che a un certo punto avremo un’unica forma come sintesi, invece di due distinte.”

Accordi Segreti Santa Sede-Cina

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Non Nota

Non ci sono certezze che il cardinale abbia affrontato questo tema

Promuovere una Chiesa “Sinodale”

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Il Cardinale Koch sul Promuovere una “Chiesa Sinodale”

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Ambigua

Il Cardinale Koch ha parlato a favore della sinodalità, ma l'ha anche criticata. “La sinodalità, se la si prende sul serio, significa discutere tra di noi fino a quando nessuno ha l'impressione che contraddica la fede.”; “È una novità che noi, qui in Occidente, stiamo scoprendo che la sinodalità non è qualcosa di nuovo nella Chiesa, ma ha una una tradizione antica”; “Il primato [pontificio] deve essere esercitato in modo sinodale, e la sinodalità richiede il primato.”

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MUNUS SANCTIFICANDI

La Presenza Reale del Signore nell’Eucaristia

Nei paesi di lingua tedesca, la questione della Presenza Reale del Signore nell’Eucaristia è stata oggetto di un intenso dibattito per diversi secoli. Il Cardinale Kurt Koch difende la posizione tradizionale cattolica secondo cui Gesù Cristo è realmente e veramente presente nell’Eucaristia.

Recentemente, il Cardinale ha ribadito con chiarezza questo insegnamento in un’omelia pronunciata in occasione della Solennità del Corpus Domini presso il Campo Santo Teutonico in Vaticano. Citando l’esempio di San Giovanni Maria Vianney, ha detto:

“Si racconta che Jean Vianney, il santo Curato d’Ars, durante le sue catechesi in chiesa, si voltasse spesso verso il tabernacolo dicendo: ‘Il est là’ — ‘Egli è là’. Difficilmente il mistero eucaristico può essere espresso in modo più conciso e profondo. In questo mistero si realizza il sogno dell’umanità di poter essere così strettamente unita a Dio che Egli sia presente in mezzo a noi. L’Il est là è una testimonianza eloquente della fede cristiana nella presenza di Gesù Cristo nella celebrazione eucaristica e nella venerazione della Sua presenza che perdura oltre la celebrazione liturgica. La certezza della fede che il Signore è presente nell’Eucaristia costituisce il nucleo più intimo del mistero eucaristico”.

Il Cardinale ha sottolineato che, contrariamente alla visione di molti protestanti, la Presenza Reale del Signore non cessa al termine della celebrazione liturgica. “Questo Il est là contiene la convinzione cattolica della presenza duratura di Gesù Cristo nell’Eucaristia anche dopo la conclusione della celebrazione liturgica. Il miracolo della Sua Presenza eucaristica è così grande che non si esaurisce semplicemente con la fine della celebrazione liturgica”, ha affermato.

Ha inoltre evidenziato l’assoluta centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa cattolica, dicendo agli astanti:

“La presenza sacramentale di Gesù Cristo non ci è data solo per una celebrazione liturgica, ma per il bene della Chiesa stessa. Nell’Eucaristia, Cristo Si dona alla Sua Chiesa in modo tale che la Sua presenza assuma una forma concreta e sensibile nei doni eucaristici del pane e del vino. Perciò, finché la Chiesa vive e crede, è accompagnata da Cristo nella corporeità che la Sua presenza ha assunto nei doni eucaristici. Anche quando la liturgia è terminata, l’Eucaristia, e quindi la presenza di Gesù Cristo nei doni eucaristici, continua a vivere”.

L’Adorazione Eucaristica

Nella stessa omelia, il Cardinale Koch ha anche esortato alla pratica dell’adorazione del Santissimo Sacramento e ha respinto alcune idee emerse dopo il Concilio Vaticano II, che mettevano in contrasto la ricezione della Santa Comunione con l’adorazione eucaristica. Ha dichiarato:

“Se lasciamo che questa testimonianza ci tocchi, non può esserci, in linea di principio, alcuna contraddizione tra la celebrazione dell’Eucaristia e l’adorazione, né tra la Comunione eucaristica e il culto eucaristico. Purtroppo, dopo il Concilio Vaticano II, questo contrasto è stato ripetutamente affermato e giustificato con l’argomento superficiale che il pane è fatto per essere mangiato e non per essere adorato. Tuttavia, Sant’Agostino aveva già riconosciuto che si tratta di una falsa dicotomia, con la sua affermazione profonda secondo cui nessuno dovrebbe mangiare ‘di questa carne’ ‘se prima non l’ha adorata’”.

Il Cardinale ha inoltre sottolineato che il culto di Dio è il compito più importante di un cristiano. In questo contesto, ha difeso con forza la pratica di inginocchiarsi come la più bella e meravigliosa forma di adorazione del Salvatore. “Se l’adorazione è la cosa più importante, allora ci deve far riflettere il fatto che questo termine sia divenuto molto impopolare, se non addirittura estraneo, nel mondo di oggi — e in alcuni casi persino nella Chiesa”.

Ha proseguito:

“A prima vista, ciò può anche essere comprensibile. Dopotutto, adorare significa che noi esseri umani ci inginocchiamo davanti a Dio, nel senso letterale del termine. Tuttavia, oggi le persone percepiscono ampiamente l’inginocchiarsi come una degradazione o addirittura un’umiliazione, come una sorta di sabotaggio del proprio io. Al contrario, gli uomini di oggi hanno imparato ad amare il camminare eretti e temono di perdere la loro dignità. Ed è comprensibile, perché nel mondo bisogna ‘farsi valere’; nel mondo non ci si deve inchinare davanti a nessuno, e nel mondo non c’è nulla e nessuno da adorare. Ma il culto di Dio offre un’esperienza opposta e salvifica: solo chi ha una spina dorsale forte può chinarsi, perché avverte con gratitudine che il suo stare eretto lo deve a Colui davanti al quale si prostra in adorazione. Il credente impara a camminare eretto nel mondo solo inginocchiandosi davanti a Dio. Perché sa che, quando si contempla la grandezza di Dio, l’uomo non viene reso piccolo, ma diventa veramente grande. L’adorazione di Dio conduce dunque l’uomo alla sua vera grandezza, come amava dire Papa Giovanni XXIII: ‘L’uomo non è mai così grande come quando si inginocchia’”.

Vetus Ordo (Messa Antica)

Ancor prima della promulgazione del motu proprio Traditionis custodes, il Cardinale Koch aveva sostenuto lo sviluppo di un’unica forma del rito romano nella Chiesa, che unisse la forma Ordinaria e la forma Straordinaria. “In futuro ci sarà una riconciliazione delle due forme, così che a un certo punto avremo un’unica forma come sintesi, invece di due differenti”, affermò nel 2020. Secondo il Cardinale, nel lungo periodo la coesistenza delle due forme non è sostenibile, data l’importanza dell’Eucaristia nella Chiesa. “La celebrazione dell’Eucaristia è la celebrazione centrale dell’unità della Chiesa. Non può avere questo significato se vi sono dispute e contrasti su di essa”, ha sottolineato.

Il Cardinale ha inoltre suggerito che la riforma liturgica post-conciliare non abbia pienamente corrisposto alla volontà dei Padri conciliari. “Ci si può chiedere se la riforma post-conciliare abbia effettivamente soddisfatto tutte le richieste dei Padri conciliari. Oppure, alcune delle disposizioni fondamentali della Costituzione sulla Sacra Liturgia sono state omesse, o addirittura si è deciso deliberatamente di andare oltre quanto raccomandato dal Concilio?” si è domandato. Ha fatto riferimento al senso profondo di una “riforma della riforma” che Papa Benedetto XVI aveva suscitato con la promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum nel 2007.

Rito Amazzonico

Il Cardinale Koch è stato critico nei confronti dei progetti per la creazione di un nuovo rito liturgico per l’Amazzonia, che avrebbe permesso a sacerdoti sposati (i cosiddetti viri probati) di esercitare il ministero. Secondo il Cardinale, la creazione di un rito liturgico dall’alto non è appropriata. “Sono convinto che i riti non si creino a tavolino, ma attraverso una crescita organica”, ha affermato. Ha inoltre sostenuto che non si dovrebbe cercare un parallelo per un rituale amazzonico nella diversità liturgica delle Chiese orientali, a causa di fondamentali differenze storiche e culturali. “Le Chiese orientali hanno portato con sé questi riti dalle Chiese ortodosse, così come erano, quando hanno cercato l’unità con Roma”, ha dichiarato. Ha aggiunto che “l’inculturazione del Vangelo” deve “procedere di pari passo con la necessaria evangelizzazione della cultura”, sottolineando che anche le culture indigene necessitano di essere purificate.

MUNUS REGENDI

Vescovo di Basilea

La diocesi di Basilea è un’antica sede episcopale, risalente al IV secolo d.C.

A seguito della Riforma, i suoi abitanti risultano profondamente divisi dal punto di vista religioso. La diocesi conta quasi 3,5 milioni di persone, di cui solo 1 milione sono cattolici. Come tutte le diocesi dell’area germanofona, anche Basilea deve affrontare il fenomeno della secolarizzazione, che si manifesta in particolare con l’esodo dei fedeli dalla Chiesa e il calo delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Come in altre diocesi della Svizzera, a Basilea esistono regole specifiche per la cooperazione tra la Chiesa e le autorità civili, il che genera una serie di conflitti e tensioni che non si riscontrano altrove nel mondo. Koch è stato vescovo di Basilea dal 1995 al 2010. Il suo ministero è stato generalmente caratterizzato da grande tranquillità; il vescovo si è dedicato ai suoi compiti e al lavoro nel campo della teologia. Tuttavia, il periodo non è stato esente da problemi legati a crimini sessuali del clero.

Gestione degli abusi sessuali compiuti da membri del clero

Nel 2002, Koch commise un errore procedurale nella gestione di un sacerdote abusatore, non denunciando il caso alla procura né avviando un’indagine canonica. Come spiegò anni dopo, ciò era stato causato dal modus operandi generalmente accettato all’epoca. Il Cardinale, nelle sue stesse parole, ha affermato di non aver mai avuto l’intenzione di insabbiare il crimine. “Guardando indietro oggi, devo ammettere che questo approccio non ha funzionato in modo soddisfacente e che è stato un errore non aver preso le misure previste. Me ne rammarico, soprattutto nei confronti delle vittime, se questo atteggiamento ha dato loro l’impressione che non le avessimo prese sul serio”, ha dichiarato, chiedendo perdono.

Il caso riguardava un sacerdote rumeno incardinato a Basilea, accusato di aver abusato di alcuni ragazzi. Negli anni successivi, Kurt Koch adottò un approccio differente. Nel 2010, la polizia di Thurgau arrestò un sacerdote quarantenne di Aadorf, accusato di aver abusato sessualmente di alcuni ragazzi, tra cui degli studenti di lezioni di religione. Si sosteneva che avesse massaggiato i loro piedi con connotazioni erotiche. In qualità di vescovo, Koch sospese immediatamente il sacerdote, che poco dopo lasciò il ministero.

Visione sulla gestione della crisi degli abusi

Nel 2019, Kurt Koch ha dichiarato che l’attenzione pubblica sullo scandalo degli abusi sessuali del clero è “comprensibile”, poiché molti casi sono “davvero scioccanti”. Secondo il Cardinale, nel trattare questo scandalo è fondamentale  prendere sul serio le vittime e mantenere una politica di “tolleranza zero” nei confronti dei colpevoli. Inoltre, ritiene essenziale introdurre misure efficaci di prevenzione.

Secondo il Cardinale, non è corretto equiparare i crimini sessuali commessi nella Chiesa a quelli commessi altrove. Gli abusi sessuali da parte del clero, afferma, sono doppiamente gravi a causa del legame tra due ambiti estremamente intimi: la religiosità e la sessualità. I crimini sessuali perpetrati in nome di Dio sono particolarmente odiosi: “E quando questi due elementi sono in conflitto, in guerra tra loro — e sotto il manto del sacro — l’abuso è particolarmente grave e deve essere combattuto alla radice”, ha dichiarato. Il Cardinale ha riconosciuto, tuttavia, che sviluppare una politica unica per prevenire e contrastare gli abusi non è semplice nella Chiesa cattolica, data la grande diversità culturale e i diversi approcci e sensibilità delle comunità locali nei confronti dello stesso problema.

Il caso di monsignor Joseph Bonnemain

Nel 2021, il Cardinale Kurt Koch consacrò vescovo don Joseph Bonnemain, un membro dell’Opus Dei, che assunse la guida della diocesi di Coira in Svizzera. Bonnemain succedette al vescovo conservatore Vitus Huonder, criticato da molti in Svizzera per la sua presunta rigidità e per aver, secondo alcuni, causato divisioni. Bonnemain era atteso come figura di riconciliazione per la diocesi. Alla solenne Messa di consacrazione, alla quale furono invitate solo poche persone selezionate (a causa delle restrizioni legate al Covid-19), erano presenti anche esponenti di rilievo del mondo protestante locale: la presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera, Rita Famos, il presidente del Consiglio ecclesiale di Zurigo, Michel Müller, e un alto funzionario di Zurigo, Mario Fehr. Tutti questi protestanti ricevettero la Santa Comunione da Bonnemain, il che è contrario al Codice di Diritto Canonico. Il Cardinale Kurt Koch dichiarò di aver appreso quanto accaduto solo alcuni giorni dopo, poiché non aveva osservato chi si comunicava durante la Messa. Non ha rilasciato commenti sugli aspetti dottrinali o canonici della vicenda.

Gestione della crisi dell’intercomunione nel 2018

Ciò non significa, tuttavia, che Kurt Koch abbia sostenuto la concessione della Santa Comunione ai protestanti. Al contrario, si è opposto con chiarezza a questa pratica nel corso di una disputa tra il Vaticano e la Chiesa tedesca nel 2018.

In quel periodo, i vescovi tedeschi avevano elaborato un documento che permetteva ai protestanti sposati con cattolici di ricevere la Santa Comunione se, in coscienza, decidevano di farlo. Dopo lunghe discussioni con il Vaticano, il documento fu pubblicato sotto forma di lettera non ufficiale dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Tedesca. In molte diocesi, tuttavia, venne di fatto trattato come un testo vincolante. Il Cardinale Kurt Koch criticò apertamente questo approccio. “Papa Francesco ha deciso che questo documento non debba apparire come un documento della Conferenza Episcopale, ma piuttosto come una guida per i vescovi. La difficoltà, tuttavia, è che il testo è rimasto invariato e suona come un documento della Conferenza Episcopale. Bisognerebbe chiedere loro come intendano gestire la questione in Germania”, dichiarò.

Il Cardinale spiegò che non è possibile costruire l’unità tra i cristiani partendo dall’intercomunione. “Per i cattolici, la Comunione eucaristica presuppone la comunione ecclesiale, mentre i protestanti tendono a dire che la Comunione è un cammino verso l’unità. È quindi necessario approfondire il rapporto tra Comunione eucaristica e comunione ecclesiale”, aggiunse. Il Cardinale fu anche fortemente critico nei confronti delle basi teologiche sviluppate in Germania per giustificare l’intercomunione.

Fonti vaticane riferirono che l’intero episodio fu talmente stressante per il Cardinale da causargli un infarto, dal quale si è ora completamente ripreso.

Nel 2020, un gruppo teologico composto da cattolici e protestanti (Ökumenischer Arbeitskreis) pubblicò un documento1Gemeinsam am Tisch des Herrn. Ein Votum des Ökumenischen Arbeitskreises evangelischer und katholischer Theologen che proponeva l’introduzione, nella Chiesa cattolica tedesca, del permesso di dare la Comunione ai protestanti e di concedere ai cattolici la possibilità di partecipare pienamente alla Cena protestante. La maggior parte dei vescovi tedeschi accolse favorevolmente il documento.

Il Cardinale Koch lo valutò negativamente. Nel febbraio 2021, pubblicò una lunga lettera in cui confutava sistematicamente gli argomenti presentati in Gemeinsam…, in particolare la tesi secondo cui esisterebbe un “consenso” tra cattolici e protestanti sull’Eucaristia. Il Cardinale difese con fermezza anche la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede indirizzata ai vescovi tedeschi, la quale respingeva le proposte di Gemeinsam…. Come già evidenziato, il Cardinale condivide la posizione cattolica sulla Presenza Reale di Gesù Cristo nella Santa Eucaristia, una convinzione che non può essere attribuita alle comunità protestanti tedesche.

Crisi di Fiducia Supplicans (2023-2024)

Il Cardinale Koch ha generalmente cercato di evitare di entrare nella controversia sulla Dichiarazione Fiducia supplicans, che ha autorizzato le benedizioni non liturgiche per coppie dello stesso sesso, ma le sue perplessità sono risultate evidenti, soprattutto alla luce della forte opposizione al documento da parte degli ortodossi.

Koch ha sottolineato di aver parlato con il Metropolita ortodosso di Budapest, Hilarion, il quale “ha espresso profondo stupore dopo aver letto il testo”. Ha inoltre riferito di aver chiesto chiarimenti aggiuntivi al Cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, per poter affrontare la questione nel dialogo con la Chiesa ortodossa.

In un’intervista, ha dichiarato di aver ricevuto “alcune reazioni negative dal mondo ecumenico” e ha affermato di ritenere importante “ripensare” la questione nel contesto del dialogo ecumenico.

“Che cos’è una benedizione e qual è il rapporto tra dottrina e pastorale? Queste domande sono tornate ad essere urgenti e dobbiamo discuterne”, ha affermato. Per questa ragione, ha aggiunto, non riteneva “opportuno” discutere di ospitalità eucaristica (la condivisione dell’Eucaristia con i cristiani non cattolici) in questo momento.

Tuttavia, quando la Chiesa ortodossa copta ha sospeso il dialogo con il Vaticano a causa della Dichiarazione, Koch ha rifiutato di commentare un così drastico sviluppo ecumenico, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei media. Il Cardinale Fernández si è recato al Cairo nel maggio 2024 per cercare di ricucire i rapporti, ma al momento della stesura di questo testo, il dialogo rimane sospeso.

MUNUS DOCENDI

Sacerdozio femminile

Prima della promulgazione della lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis nel 1994 da parte di San Giovanni Paolo II, che ha definitivamente escluso la possibilità del sacerdozio femminile nella Chiesa cattolica, il Cardinale Koch — all’epoca ancora sacerdote, né vescovo né Cardinale — considerava l’ordinazione delle donne non solo teologicamente possibile, ma persino “desiderabile”, ritenendo che solo così “l’ufficio ecclesiastico raggiungerebbe la piena forma del segno sacramentale del sacerdozio universale”.2Kurt Koch, Schizophrenie von Amt und Charisma, p. 54. Citato in: Urs Corradini, Pastorale Dienste im Bistum Basel. Entwicklung und theologische Konzeption nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil, Academic Press Fribourg, 2008, p. 85.

Dopo la dichiarazione di San Giovanni Paolo II, Koch ha affermato che la discussione sull’ordinazione sacerdotale delle donne era chiusa e avrebbe potuto essere riaperta solo da un nuovo Concilio.3Kurt Koch, Zum Dienst in der Kirche geweiht. Homilie bei der Weihe Ständiger Diakone in der Kathedrale St. Urs und Viktor in Solothurn am 20. Oktober 2002 (unveröffentlichtes Manuskript), p. 1. Citato in: ibid.

Questa posizione è condivisa da alcuni prelati di lingua tedesca. Anche il Cardinale austriaco Christoph Schönborn ha espresso idee simili riguardo alla possibilità del sacerdozio femminile. Koch ha affrontato la questione nel più ampio contesto del dialogo ecumenico, definendola un “problema particolarmente difficile”. Mentre la Chiesa cattolica e quella ortodossa, basandosi sulla Scrittura e sulla Tradizione, insistono su un sacerdozio esclusivamente maschile, le comunità evangeliche sostengono il contrario, accusando le prime di un deficit di comprensione della natura della Chiesa.

Il Cardinale svizzero ritiene che le donne che affermano di avere una vocazione al sacerdozio dovrebbero riflettere sulla distinzione tra la vocazione al ministero sacramentale e la chiamata di Dio a diversi ruoli nella Chiesa, poiché Dio “chiama ognuno nella Chiesa a vivere il carisma che gli è proprio”. Ha inoltre sottolineato che la Chiesa cattolica è convinta che “il sacerdozio sacramentale sia legato al sesso maschile”.

Viri probati

In passato, il Cardinale Koch era favorevole all’ordinazione di uomini sposati come sacerdoti, secondo il modello dei viri probati. Non proponeva l’abolizione del celibato, ma desiderava sostenerlo permettendo al contempo anche a uomini sposati  l’accesso al sacerdozio. “Si deve dare priorità alla preoccupazione — di per sé legittima e giuridica, ma dopotutto giustificata solo ecclesiasticamente — per la continuità del sacerdozio celibatario, oppure — in conformità con la legge di Dio — alla preoccupazione per un numero sufficiente di pastori ordinati?” si chiedeva nel 1999.4Kurt Koch, Liturgischer Leitungsdienst in pastoralen Notsituationen. Eine ekklesiologische Problemanzeige, Freiburg i. Br., 1999, p. 249. Citato in: Corradini…, p. 84. Aggiungeva inoltre: “Il prezzo per mantenere le vie di accesso esistenti al sacerdozio è molto alto”.5Ibid., p. 252. Citato in: Corradini…, p. 84.

Negli ultimi anni, tuttavia, il Cardinale ha cambiato posizione. Intervistato dalla stampa svizzera nel 2018 sull’abolizione del celibato, Koch ha affermato che non si tratta di un problema centrale nella crisi vocazionale. Alla domanda se la crisi delle vocazioni sia un argomento a favore dell’abolizione del celibato obbligatorio, ha risposto: “No. La questione decisiva è quella della fede. Ha molto a che fare con la demografia. Un tempo, in una famiglia con sei figli, se uno di loro diventava sacerdote, non era una tragedia. La situazione è diversa in una famiglia con una media statistica di 1,4 figli. Il problema della crisi vocazionale è molto più complesso della semplice questione del celibato”.

Cambiamenti di vedute sul sacerdozio femminile e sul celibato

Il cambiamento delle opinioni del Cardinale Koch su questioni come il sacerdozio femminile e il celibato è notevole e potrebbe essere legato alla crescente responsabilità che gli è stata affidata dalla Santa Sede: prima come vescovo, poi come prefetto di un dicastero vaticano e infine con la sua elevazione al cardinalato. Questa evoluzione è stata spiegata da Dietrich Wiederkehr, che conobbe Kurt Koch quando questi era un giovane teologo e fu il relatore della sua tesi di dottorato.

Secondo Wiederkehr, negli anni della sua formazione Kurt Koch “incuteva timore ai vescovi svizzeri per le sue idee moderne”. Successivamente, però, egli avrebbe cercato di “compiacere il Papa” e avrebbe considerato la posizione di Roma assolutamente determinante. Questo è il motivo per cui decise di non esprimersi più in quel modo su tali argomenti. Wiederkehr, che si identificava con la teologia progressista, non ha nascosto la sua delusione per il mutamento di atteggiamento di Koch.

Compiti del vescovo

Il Cardinale Koch si è opposto alla visione prevalente nei paesi di lingua tedesca secondo cui i vescovi dovrebbero fungere da punto di equilibrio tra le diverse opinioni presenti nella loro diocesi o nel Paese in generale, sottolineando invece che il compito primario del vescovo è essere un autentico predicatore del Vangelo. Predicando durante l’ordinazione episcopale di Joseph Bonnemain nel 2021, ha affermato: “[…] Nonostante tutta la necessaria opera di costruzione di ponti, il vescovo non può semplicemente accontentarsi di essere un moderatore tra diverse correnti e opinioni. Piuttosto, è chiamato, prima di tutto, ad agire come evangelizzatore e a porsi al servizio dell’annuncio del Vangelo. Le prime domande che vengono poste e devono essere poste al candidato all’ordinazione riguardano proprio questo”, ha sottolineato il Cardinale, evidenziando il dovere del vescovo di proclamare la vera fede della Chiesa. “Il vescovo è quindi chiamato innanzitutto ad essere un testimone, a difendere con tutta la sua persona e con la sua coscienza inalienabile la fede della Chiesa così come è stata trasmessa dal Vangelo di Gesù Cristo, e a testimoniarla, sia in tempo opportuno che inopportuno, e non solo occasionalmente. Questo è stato vero fin dagli inizi della Chiesa”.

Unità dei cristiani

Enumerare tutte le attività e le posizioni del Cardinale Koch in ambito ecumenico è un compito impossibile, dato che si occupa di ciò da oltre 40 anni, prima come teologo, poi come vescovo e Cardinale di Curia, in particolare nel suo ruolo di Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Tuttavia, si può affermare che egli ha pienamente abbracciato l’autentico insegnamento del Concilio Vaticano II e dei pontefici San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sull’ecumenismo, incoraggiando e promuovendo intensamente il dialogo, ma rifiutando al contempo l’idea che l’unità visibile possa prescindere dall’unità nella dottrina e nella morale.

“L’unità si può trovare solo nella fede, e quindi dobbiamo cercare l’unità non solo tra le chiese di oggi, ma anche con la Chiesa del passato e soprattutto con la sua origine apostolica”, ha affermato.

Il Cardinale ha sottolineato che il primo obiettivo dell’ecumenismo deve essere il raggiungimento dell’unità nella fede. In un’intervista a Communio dell’aprile 2024, ha dichiarato: “Per quanto riguarda la meta dell’ecumenismo, la Chiesa cattolica parte dal presupposto che l’unità debba essere ricercata prima di tutto nella fede. Il fondamento dell’ecumenismo è il Credo apostolico, che viene consegnato e affidato a ogni nuovo membro del Corpo di Cristo al momento del battesimo. Poiché questa fede viene celebrata, l’unità deve essere cercata anche nei sacramenti. E affinché ciò sia possibile, è necessaria anche l’unità nei ministeri”.

Il Cardinale sostiene inoltre che oggi il dialogo ecumenico deve affrontare sempre più le questioni morali che dividono i cristiani. “Nei decenni passati”, ha detto a Communio, “il leitmotiv dell’ecumenismo era: la fede divide, l’azione unisce. Oggi, invece, dobbiamo constatare il contrario: ci siamo avvicinati su molte questioni di fede; viene in mente in particolare la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione tra la Federazione luterana mondiale e la Chiesa cattolica del 1999. Tuttavia, nel frattempo sono sorte nuove differenze e tensioni, soprattutto nell’ambito etico. I dialoghi ecumenici devono affrontare questo tema con maggior decisione. Infatti, se le chiese cristiane non riescono a parlare con una sola voce sulle questioni fondamentali della vita umana e della convivenza sociale, la voce del cristianesimo diventerà sempre più debole nelle società secolarizzate d’Europa; e questo certamente non giova all’ecumenismo”.

Liturgia anglicana nelle basiliche romane

Nel 2023 e nel 2024, si sono verificati a Roma due eventi sorprendenti e controversi. Nell’aprile 2023 alcuni membri del clero anglicano hanno celebrato una liturgia nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Poi, nel gennaio 2024, nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, risalente al IX secolo, si è svolta un’altra liturgia anglicana, presieduta dallo stesso Primate anglicano, Justin Welby — la prima volta che ciò accadeva dai tempi della Riforma.

Ci si sarebbe aspettati che il Cardinale Kurt Koch si esprimesse su questi eventi, ma, come spesso accade quando una controversia bussa alla sua porta, ha scelto di rimanere in silenzio.

La Riforma come peccato

Come prefetto del Pontificio Consiglio per l’Unità, il Cardinale Koch è stato direttamente coinvolto negli eventi legati al 500º anniversario della Riforma nel 2017, nonché nella visita di Papa Francesco a Lund, in Svezia, il 31 ottobre 2016, per la commemorazione dell’anniversario della Riforma.

Tuttavia, a differenza di molti vescovi cattolici tedeschi e di alcuni ambienti protestanti in Germania, il Cardinale non ha considerato queste celebrazioni come un evento gioioso, sottolineando invece la catastrofe che le Novantacinque Tesi di Martin Lutero del 1517 hanno rappresentato per la Chiesa cattolica. Secondo Koch, la commemorazione del 500º anniversario della Riforma doveva essere essenzialmente penitenziale e culminare in una confessione di colpa da entrambe le parti, cattolica e protestante. “Non possiamo celebrare il peccato”, ha dichiarato a Vienna, in netto contrasto con la teologa luterana tedesca Margot Käßmann, scelta come “ambasciatrice della Riforma” per l’anniversario.

Autorità papale ed ecumenismo

Il 13 giugno 2024, il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, guidato dal Cardinale Koch, ha pubblicato un nuovo documento di studio intitolato Il Vescovo di Roma: Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut unum sint.

Sintetizzando oltre 30 anni di dialogo ecumenico sul Papato, il documento include anche alcune proposte del Dicastero stesso per trasformare il modo in cui il primato papale è compreso ed esercitato.

Parlando ai media vaticani, Koch ha affermato che il primato papale deve essere inteso oggi in modo sinodale. “Il primato deve essere esercitato in un modo sinodale, e la sinodalità richiede il primato”, ha dichiarato.

Il Cardinale ha inoltre suggerito che gli insegnamenti del Concilio Vaticano I siano in gran parte di natura storica. “Alcuni dialoghi”, ha detto, “si sono impegnati ad interpretare il Concilio Vaticano I alla luce del suo contesto storico, del suo obiettivo e della sua ricezione. Siccome le sue definizioni dogmatiche sono state profondamente condizionate dalle circostanze storiche, suggeriscono che la Chiesa cattolica cerchi nuove espressioni e vocaboli fedeli all’intenzione originale, integrandoli in un’ecclesiologia di comunione e adattandoli all’attuale contesto culturale ed ecumenico. Si parla perciò di una “ri-ricezione”, o addirittura “riformulazione”, degli insegnamenti del Vaticano I”.

Sebbene Koch si sia riferito essenzialmente a posizioni emerse nel dialogo ecumenico, la proposta di una “ri-ricezione” o “riformulazione” degli insegnamenti del Concilio Vaticano I è apparsa nel documento come una delle proposte dello stesso Dicastero. Il testo del Dicastero sottolinea che questa è una questione “particolarmente importante”.

Il documento ha anche evidenziato la “nuova immagine del Papato” come  “storica” dopo la decisione di Papa Francesco di eliminare alcuni titoli Papali. (I titoli soppressi sono: Vicario di Gesù Cristo. Successore del Principe degli Apostoli. Sommo Pontefice della Chiesa Universale. Primate d’Italia. Arcivescovo e Metropolita della Provincia di Roma. Sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Servo dei Servi di Dio). Le proposte avanzate dal Dicastero si concentrano in gran parte sulla natura sinodale della comprensione e dell’esercizio del primato papale.6 Il Vescovo di Roma…, pp. 123–128.

Relazioni con l’ebraismo

Come prefetto del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il Cardinale Koch si è impegnato nel dialogo non solo con il mondo cristiano, ma anche con l’ebraismo, poiché il suo dicastero è responsabile della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo.

Nel 2013, Koch ha sottolineato che la Chiesa cattolica non ha una missione organizzata nei confronti degli ebrei, ma ha aggiunto che ciò non significa che esistano due percorsi di salvezza. “Per i cristiani, naturalmente, c’è una sola via di salvezza, che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo”, ha dichiarato a Vatican News. “Tuttavia, noi cristiani non dobbiamo testimoniare agli ebrei un cammino che sarebbe completamente estraneo per loro, come avviene con i seguaci di altre religioni. Questo perché il Nuovo Testamento è interamente costruito sulla base dell’Antico Testamento. La Chiesa cattolica, quindi, non conduce una missione organizzata nei confronti degli ebrei, come fanno alcuni gruppi evangelici protestanti. D’altra parte, noi cristiani testimoniamo agli ebrei la speranza che la fede in Cristo ci dona”.

Koch aderisce fermamente a quella che definisce la “chiara visione” della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate. L’unico gruppo che non accetta questa prospettiva, ha detto nel gennaio 2013, è quello “dei lefebvriani”, poiché “non accetta il dialogo ecumenico, il rapporto con gli ebrei e la libertà religiosa”. Ma questi temi, ha aggiunto, “sono punti centrali del magistero del Santo Padre [Benedetto XVI] e se un gruppo (…) non accetta un Concilio e non accetta un Magistero, si deve domandare come fa a vedersi cattolico. Questo è il problema fondamentale”.

Nel 2015, la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, presieduta da Koch, ha pubblicato un documento intitolato Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili, che ha ribadito che la Chiesa non ha una missione organizzata nei confronti degli ebrei e che i cristiani devono limitarsi a testimoniare loro la propria fede in Cristo. Il documento afferma che: “La Chiesa deve dunque comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell’unico Dio, in maniera diversa rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo. Ciò significa concretamente che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei. Fermo restando questo rifiuto — per principio — di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah”.

Lo stesso testo afferma che esiste un’unica via di salvezza per tutti gli uomini:

“Poiché Dio non ha mai revocato la sua alleanza con il suo popolo Israele, non possono esserci vie o approcci diversi alla salvezza di Dio. La teoria che afferma l’esistenza di due vie salvifiche diverse, la via ebraica senza Cristo e la via attraverso Cristo, che i cristiani ritengono essere Gesù di Nazareth, metterebbe di fatti a repentaglio le basi della fede cristiana. Confessare la mediazione salvifica universale e dunque anche esclusiva di Gesù Cristo fa parte del fulcro della fede cristiana tanto quanto confessare il Dio uno e unico, il Dio di Israele che, rivelandosi in Gesù Cristo, si è manifestato pienamente come il Dio di tutti i popoli, nella misura in cui in Cristo si è compiuta la promessa che tutti i popoli pregheranno il Dio di Israele come l’unico Dio (cfr. Is 56,1-8)”.

D’altra parte, lo stesso documento afferma che è “teologicamente fuori discussione” che “gli ebrei abbiano parte alla salvezza di Dio” ma aggiunge “come questo sia possibile senza una confessione esplicita di Cristo è e rimane un mistero divino insondabile”.

I critici sostengono che il documento si discosti nettamente dall’approccio preconciliare della Chiesa nei confronti degli ebrei, quando i Papi e le autorità ecclesiastiche incoraggiavano frequentemente e chiaramente la loro conversione alla fede cristiana.

Nel 2021, Koch ha dichiarato in un messaggio ai leader ebrei che la “convinzione cristiana costante è che Gesù Cristo è la nuova via di salvezza”, ma ha aggiunto: “Tuttavia, questo non significa che la Torah sia sminuita o non più riconosciuta come la ‘via di salvezza per gli ebrei’”.

In una conferenza del 2023 in Germania, il Cardinale Koch ha riconosciuto e deplorato il ruolo complice della Chiesa nell’antisemitismo del XX secolo. Ha inoltre spiegato più dettagliatamente perché attualmente non esiste una missione verso gli ebrei. Citando Benedetto XVI, ha affermato che il mandato missionario ha lo scopo di far conoscere ai popoli il Dio sconosciuto. Esso è quindi universale “con un’eccezione”, ha detto: “Una missione agli ebrei non era prevista e non era necessaria semplicemente perché erano l’unico popolo che conosceva il ‘Dio sconosciuto’. Per Israele, dunque, non c’era e non c’è una missione, ma piuttosto un dialogo sul fatto che  Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio, il Logos, che è atteso da Israele — secondo le promesse fatte al suo stesso popolo — e, inconsapevolmente, da tutta l’umanità”.

Sulla conversione dei musulmani

L’atteggiamento del Cardinale Koch nei confronti dei musulmani è stato diverso da quello verso gli ebrei. Pur evitando di incoraggiare una forte missione diretta verso i seguaci dell’Islam, egli riconosce tuttavia l’esistenza di una missione verso di loro, ma che li conquisti delicatamente alla fede in Cristo “in modo dialogico”. In un’intervista del 2016 con Armin Schwibach per Kathnet, ha spiegato:

“Per la Chiesa cattolica è evidente che essa abbia il mandato di evangelizzare tutti i popoli e di testimoniare quindi la propria fede. La questione riguarda il modo in cui realizza questo mandato di evangelizzazione. […] In tedesco si può esprimere questa distinzione: la Chiesa vuole convincere (überzeugen) le persone, ma non persuaderle (überreden) ad accettare la fede. Perché persuadere qualcuno a credere è un metodo che non rispetta la libertà dell’altro, mentre convincere avviene nello spazio della libertà umana. Questo desiderio di convincere, naturalmente, è necessario anche nel dialogo con l’Islam. La Chiesa ha il mandato di evangelizzare, che però realizza in modo dialogico, entrando ‘in conversazione’ anche con i musulmani”.

Ha inoltre sostenuto che i musulmani dovrebbero essere aiutati a vivere la loro fede in Europa e considera gli scontri tra l’Europa e i migranti musulmani principalmente come il risultato di un cristianesimo che si è “raffreddato” nel continente, scontrandosi con la religione “calda” dell’Islam. Riecheggiando la famosa lectio di Benedetto XVI a Ratisbona, Koch ha affermato: “Il cristianesimo in Europa può resistere all’incontro con l’Islam solo se riscopre il flusso di calore dentro di sé e non nasconde le radici cristiane dell’Europa per falsa modestia, ma piuttosto le riconosce apertamente. Sotto questo aspetto, il problema oggi non è tanto la forza dell’Islam quanto la debolezza del cristianesimo in Europa”.

Eresie moderne: il ritorno dell’arianesimo

Il Cardinale Koch è intervenuto anche nelle dispute attuali, in particolare riguardo alle attività della Chiesa cattolica tedesca. In questo contesto, ha affermato che oggi l’eresia ariana sta tornando. In un’intervista a Die Tagespost del maggio 2024, ha dichiarato: “L’eresia ariana, che […] è stata ampiamente diffusa e sostiene che Gesù non può essere il Figlio di Dio, ma solo un essere intermedio tra Dio e l’uomo, non appartiene semplicemente al passato, ma è diffusa anche oggi. Se non mi sbaglio guardando alla storia, gli Alemanni sembrano essere particolarmente suscettibili ad essa”.

Il Cardinale ha anche evidenziato la logica continuità delle posizioni anti-ecclesiali e ostili a Cristo come Dio, sottolineando che il rifiuto della Chiesa può portare al rifiuto della divinità di Gesù Cristo. Ha detto a Die Tagespost:

“Penso soprattutto ai paesi di lingua tedesca, dove questa sfida esiste ancora oggi. Probabilmente non è un caso che Papa Benedetto XVI abbia ripetutamente sottolineato che, nella situazione attuale, dietro l’affermazione molto diffusa ‘Gesù sì – Chiesa no’ si nasconde un’affermazione ancora più profonda: ‘Gesù sì – Figlio di Dio, no’. Ancora oggi, molti cristiani si lasciano affascinare dalle dimensioni umane di Gesù di Nazareth, mentre la fede cristiana in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e quindi la fede ecclesiale in Cristo, risulta per loro più difficile”.

Il Cammino Sinodale tedesco

Il Cardinale Koch è stato un fermo critico del Cammino Sinodale tedesco, arrivando persino a tracciarne un parallelo con l’epoca nazista. In un’intervista a Die Tagespost del 2022, ha dichiarato che il concetto di “nuove fonti della rivelazione” promosso dal Cammino Sinodale tedesco è simile alle idee sostenute dai cristiani evangelici che collaborarono con il regime di Adolf Hitler nel Terzo Reich.

“Mi irrita che vengano accettate nuove fonti accanto alle fonti della rivelazione contenute nella Scrittura e nella Tradizione; e mi spaventa che questo accada – di nuovo – in Germania. Perché questo fenomeno si è già verificato durante la dittatura nazionalsocialista, quando i cosiddetti ‘Deutsche Christen’ vedevano una nuova rivelazione di Dio nel sangue e nel suolo e nell’ascesa di Hitler”, ha detto.

Il Cardinale ha sottolineato che la Chiesa cattolica deve certamente tener conto dei segni dei tempi, ma senza considerarli come nuove fonti della rivelazione. “Essi [i segni dei tempi] non sono però nuove fonti della rivelazione. Nei tre passaggi della conoscenza credente – vedere, giudicare e agire – i segni dei tempi appartengono al vedere e in nessun modo al giudicare accanto alle fonti della rivelazione. Questa distinzione necessaria mi sembra mancare nel ‘Testo di orientamento’ del Cammino Sinodale”, ha affermato.

Dopo le critiche del presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, monsignor Georg Bätzing, e di numerosi altri rappresentanti del cattolicesimo tedesco, Koch si è scusato con chi si fosse sentito ferito dalle sue parole, ma ha ribadito di non voler ritrattare la sua valutazione critica del Cammino Sinodale. “Mi scuso con coloro che si sentono feriti da me e assicuro loro che questa non era e non è la mia intenzione. Tuttavia, non posso ritrattare la mia critica”, ha dichiarato.

Sinodo sulla Sinodalità

In qualità di Cardinale di Curia, Koch ha partecipato al Sinodo sulla Sinodalità. Non ha parlato molto pubblicamente dell’argomento, ma dopo la sessione dell’ottobre 2023 ha dato una valutazione positiva ed espresso la speranza di buoni risultati per l’intero processo. In dichiarazioni ai media svizzeri, ha affermato:

“Le quattro settimane sono state solo la prima parte. La seconda seguirà il prossimo anno. Ho trovato molto positiva l’atmosfera in cui si è svolto il Sinodo. Le questioni, le difficoltà e le sfide che la Chiesa affronta oggi sono state discusse apertamente. In modo polemico, ma tuttavia con un sincero ascolto reciproco e la volontà di comprendersi. È stato positivo che non abbiamo contrapposto immediatamente i pro e i contro, ma abbiamo cercato di ascoltarci reciprocamente in modo intenso in un autentico spirito di sinodalità”.

Va notato che queste dichiarazioni sono state fatte prima della pubblicazione di Fiducia supplicans il 18 dicembre 2023, un tema altamente controverso che non era stato concordato dal Sinodo.

Secondo Koch, non esiste il pericolo, paventato dal Cardinale Joseph Zen-Ze Kiun e da altri, che il Sinodo sulla Sinodalità perda il suo carattere episcopale a causa della partecipazione dei laici nel processo. Al contrario, ha sottolineato l’importanza della partecipazione laicale al Sinodo, evidenziandone la dimensione ecumenica.

Comunione per i divorziati “risposati”

Kurt Koch non è stato direttamente coinvolto nelle dispute pubbliche sulla Comunione ai divorziati risposati civilmente e ha mantenuto un atteggiamento piuttosto ambivalente sull’argomento. Prima della pubblicazione di Amoris Laetitia, ha dichiarato: “Ci sono ancora questioni teologiche aperte che devono essere approfondite”, aggiungendo che il problema è molto complesso e che si è lontani dal raggiungimento di una soluzione concreta.

Il Cardinale ha indicato in particolare la questione del rapporto tra la validità canonica di un matrimonio e la convinzione personale del fedele, che potrebbe giudicare il proprio matrimonio come non valido. Ha inoltre sottolineato (sempre prima della pubblicazione di Amoris Laetitia) che la decisione su questa materia spetta personalmente al Papa.

La possibilità di criticare il Papa

Nel contesto delle dispute sul celibato emerse durante il Sinodo per l’Amazzonia, il Cardinale Koch ha parlato della possibilità di opporsi o ammonire il Papa. Ha sottolineato diverse condizioni necessarie per farlo e l’importanza di determinare con scrupolo ciò che il Papa ha effettivamente detto.

Parlando a Kath.net nel 2019, ha affermato: “Innanzitutto, consiglio di informarsi con molta attenzione, caso per caso, su ciò che Papa Francesco ha effettivamente detto. Alcuni media hanno l’abitudine di pubblicizzare solo ciò che si adatta alla loro linea editoriale e questo spesso porta a una distorsione del significato di ciò che il Papa intendeva dire. Prima di prendere posizione, bisognerebbe leggere il testo originale del Papa sul sito web del Vaticano”.

Il Cardinale ha aggiunto che, come regola generale, un cattolico dovrebbe interpretare le dichiarazioni del Papa in una luce positiva. “Un cristiano cattolico è obbligato, per definizione, ad ascoltare in modo positivo ciò che il Papa dice. Rischiamo sempre di trattare una persona attraverso il prisma del pregiudizio. Nel caso del Papa, dobbiamo avere un atteggiamento positivo e non negativo”, ha affermato.

Il Cardinale ha inoltre evidenziato la necessità di distinguere tra l’autorità e il peso teologico delle dichiarazioni di Francesco, osservando: “C’è una differenza fondamentale tra ciò che il Papa dice in un’intervista in aereo e ciò che insegna ex officio”.

Ha riconosciuto, tuttavia, che può verificarsi una “situazione difficile in cui qualcuno arriva alla convinzione che ciò che il Papa insegna non corrisponda alla fede della Chiesa”.

Koch ha proseguito: “Anche il magistero del Papa — e questo è in linea con la fedeltà al Papa — non è una regola puramente formale, ma è innanzitutto l’espressione di un legame interiore: anche il Papa non ha autorità sul Credo apostolico; piuttosto, tutta la sua autorità deriva proprio da questo Credo. Il magistero del Papa è anch’esso soggetto alla Parola di Dio e alla sua interpretazione obbligatoria nella Tradizione”.

Il Cardinale, dunque, non ha escluso la possibilità di esprimere apertamente dubbi sulle posizioni del Papa. “Se qualcuno, nella propria coscienza, arrivasse a ritenere che non sia così, sarebbe obbligato a comunicarlo alla comunità dei fedeli”, ha dichiarato.

Koch ha infine sottolineato che, sebbene non si possa “separare” il Papa dal suo ufficio, è necessario fare una “distinzione”, poiché ogni pontificato è fortemente caratterizzato dalla personalità di uno specificol successore di Pietro. “Anche se qualcuno avesse difficoltà con la personalità dell’attuale Papa, bisogna notare che ciò non incide sul significato dell’ufficio stesso. L’ufficio è sempre più ampio di colui che lo ricopre in un determinato momento”, ha concluso.

Sulla rinuncia papale

Il Cardinale Koch ha preso parte alla discussione sulla rinuncia di Papa Benedetto XVI, esprimendo un giudizio generalmente positivo. “Dopo l’abdicazione ufficiale di Papa Benedetto XVI, ci sono state molte voci critiche che affermavano che questa decisione avesse dissacrato l’ufficio petrino. Sono invece profondamente convinto che sia avvenuto l’esatto contrario. Ritengo la sua rinuncia un atto sia di grande coraggio sia, in particolare, di profonda umiltà”, ha dichiarato.

Secondo Koch, la rinuncia di Benedetto XVI deve essere interpretata proprio alla luce di una visione umile del ministero papale. “Si può comprenderla pienamente solo se si conosce davvero chi era Joseph Ratzinger e come egli intendeva il ministero nella Chiesa. Come teologo, vescovo, Cardinale e Papa, non ha mai cercato di mettersi al centro dell’attenzione, ma si è sempre posto interamente al servizio del compito che gli veniva affidato. Questa sua caratteristica fondamentale è una delle ragioni per cui ha voluto e potuto rimettere l’ufficio petrino nelle mani di un altro quando si è convinto di non essere più in grado di esercitarlo fedelmente”, ha sottolineato.

“Papa Benedetto XVI ha così concretizzato quanto scritto dallo studioso David Knowles nell’Encyclopedia Britannica sul Papato, ovvero che esso è ‘l’unica istituzione che è continuata senza interruzione dai primi giorni dell’Impero Romano’ e che ‘l’ufficio è sempre stato più grande della persona che lo ricopre, e persiste nel tempo.’ Il coraggioso e, al tempo stesso, umile ritiro della persona dall’ufficio non ha danneggiato l’ufficio stesso, ma ha evidenziato ancora una volta quanto esso sia meravigliosamente necessario”, ha aggiunto il Cardinale.

Il Pontificato di Benedetto XVI

Secondo il Cardinale Koch, è realistico credere che Benedetto XVI possa un giorno essere dichiarato Dottore della Chiesa. “La decisione di dichiarare un teologo Dottore della Chiesa spetta in ultima istanza al Papa; e non sta a me anticipare se un futuro Pontefice farà un simile giudizio. Ma è qualcosa che, insieme a molte altre persone, apprezzerei molto e spero possa accadere”, ha affermato.

Evidenziando i suoi meriti teologici e il suo atteggiamento come uomo di fede, ha dichiarato: “Joseph Ratzinger non è stato solo un teologo e uno studioso straordinario, ma qualcuno che si è costantemente messo al servizio dell’annuncio della fede cattolica. E nel farlo”, ha aggiunto Koch, “ha sempre considerato la fede come la misura ultima e il criterio della teologia e della predicazione, e non il contrario. Convinto com’era che ciò che è vero è semplice, e che solo ciò che è semplice è vero, ha sempre difeso e protetto la fede dei cosiddetti ‘semplici credenti’”.

Koch ha anche apprezzato Benedetto XVI per la sua fedeltà all’insegnamento della Chiesa e per la sua disponibilità a rinunciare a presentare le proprie opinioni personali a scapito del Magistero tradizionale. “Poiché la fede riflessa nella teologia è vissuta all’interno della comunità di fede della Chiesa ed è quindi la fede della Chiesa, uno degli elementi che lo hanno sempre distinto è stato il desiderio di credere e pensare con la fede della Chiesa. In questo senso, non ha mai cercato di sviluppare una propria teologia ‘originale’; piuttosto, ha sempre orientato il suo pensiero teologico verso la vera origine della fede, ovvero la rivelazione di Dio nella storia della salvezza, soprattutto in Gesù Cristo, e la trasmissione di tale rivelazione nella tradizione vivente della Chiesa”, ha detto.

Contraccezione postcoitale

Il Cardinale Koch raramente si esprime su questioni strettamente morali. Tuttavia, durante il suo episcopato a Basilea, ha preso una posizione critica nei confronti della contraccezione postcoitale, che all’epoca si stava diffondendo in Svizzera. “Essa favorisce la tendenza della società odierna a considerare l’aborto come una forma di contraccezione”, ha dichiarato.7Beobachter Zeitschrift

Aborto ed eutanasia

Il Cardinale ha anche criticato apertamente la legalizzazione dell’aborto e dell’eutanasia, collegandole alla perdita della fede in Dio. Alludendo alla filosofia di Nietzsche, ha legato la scomparsa della fede alla dissoluzione della comprensione della dignità umana. In un’ampia intervista del gennaio 2024 ai media svizzeri, ha affermato: “Ovunque l’uomo non creda nella trascendenza di Dio, è tentato di elevare cose mondane e finite al rango di valore supremo — ideologia. La morte di Dio porta, alla fine, alla morte dell’uomo”.

Ha inoltre sottolineato: “Il fatto che oggi abbiamo grandi problemi circa l’inizio e la fine della vita è dovuto anche alla perdita della fede” [Dass wir heute die großen Probleme am Anfang und am Ende des Lebens haben, hängt auch mit dem Verlust des Glaubens zusammen].

Secondo il Cardinale, la cultura della morte è strettamente legata all’utilitarismo e alla percezione dell’uomo in termini puramente temporali. A suo avviso, non è un caso che “nella società odierna, orientata alla realizzazione, due problemi si siano intrecciati: la questione dell’aborto e quella dell’eutanasia. Se la capacità di realizzazione diventa il valore supremo, allora la vita umana che ancora non può realizzare nulla — la vita non nata, la vita infantile — e la vita umana che non può più realizzare nulla — la vita degli anziani, dei malati, dei moribondi — perdono valore sul mercato”, ha insistito.

Cristianesimo in Europa

Come Cardinale europeo, Koch ha anche commentato lo stato del cristianesimo nel continente, affermando che la situazione è “critica”. Ciò include la questione degli abusi sessuali, ma anche problemi persino più profondi. Tuttavia, secondo il Cardinale, la minaccia più grande per la Chiesa non è un fenomeno esterno, bensì il suo stato interno, in particolare il fatto che essa “non è più sufficientemente convinta del proprio messaggio cristiano e non è più capace di trasmetterlo”.

Guerra in Ucraina

Già prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il Cardinale svizzero criticava esplicitamente i conflitti armati. “La guerra è sempre la capitolazione della diplomazia, la capitolazione degli sforzi di pace, e se tutti i cristiani sono consapevoli che la guerra non è un’opzione, allora si è fatto un passo importante”, ha dichiarato nel gennaio 2022.

Dopo l’inizio della guerra, ha difeso Papa Francesco, che era stato ampiamente criticato dai media occidentali per le sue dichiarazioni sulla necessità di una tregua. Secondo Koch, se si considerano tutte le dichiarazioni del Papa sulla guerra, si vede che egli parla sempre con preoccupazione per la popolazione oppressa dell’Ucraina.

Secondo il Cardinale, il Papa non è filorusso: “Non si può certo dire che stia prendendo le parti della Russia; piuttosto, sta dalla parte delle vittime”, ha affermato Koch. Egli ritiene inoltre che la posizione del Papa sia espressione del desiderio diplomatico di mediare tra le parti in conflitto. “[…] Se si vuole mediare, bisogna lasciare delle porte aperte, anche se questo può essere frainteso”, ha dichiarato.

Concilio Vaticano II

In un discorso pronunciato nel febbraio 2025, il Cardinale Koch ha respinto le posizioni estreme dei progressisti e dei tradizionalisti riguardo al Concilio Vaticano II. Parlando della tensione tra le due dimensioni essenziali del Concilio — la fedeltà alle fonti (ressourcement) e la fedeltà ai segni dei tempi — ha dichiarato: “La relazione tra queste due dimensioni ha sempre caratterizzato la Chiesa, ma la tensione si è acuita in modo nuovo dopo il Vaticano II”. Per rispondere a tali tensioni, il Cardinale ha sostenuto che “al di là del conformismo secolarista e del fondamentalismo separatista, è necessario cercare una terza via nella fede cattolica, che ci è già stata indicata dal Concilio”.

  • 1
    La sua tesi di dottorato aveva per titolo: Il Dio della storia. La teologia della storia in Wolfhart Pannenberg come paradigma di una teologia filosofica in prospettiva ecumenica.
  • 2
    Gemeinsam am Tisch des Herrn. Ein Votum des Ökumenischen Arbeitskreises evangelischer und katholischer Theologen
  • 3
    Kurt Koch, Schizophrenie von Amt und Charisma, p. 54. Citato in: Urs Corradini, Pastorale Dienste im Bistum Basel. Entwicklung und theologische Konzeption nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil, Academic Press Fribourg, 2008, p. 85.
  • 4
    Kurt Koch, Zum Dienst in der Kirche geweiht. Homilie bei der Weihe Ständiger Diakone in der Kathedrale St. Urs und Viktor in Solothurn am 20. Oktober 2002 (unveröffentlichtes Manuskript), p. 1. Citato in: ibid.
  • 5
    Kurt Koch, Liturgischer Leitungsdienst in pastoralen Notsituationen. Eine ekklesiologische Problemanzeige, Freiburg i. Br., 1999, p. 249. Citato in: Corradini…, p. 84.
  • 6
    Ibid., p. 252. Citato in: Corradini…, p. 84.
  • 7
    Il Vescovo di Roma…, pp. 123–128.
  • 8
    Beobachter Zeitschrift

Servizio alla Chiesa

  • Ordinazione Sacerdotale: 20 giugno 1982
  • Ordinazione Episcopale: 6 gennaio 1996
  • Creato Cardinale: 20 novembre 2010

Studi

  • 1986: professore associato di dogmatica e teologia morale a Lucerna
  • 1987: dottorato in teologia a Lucerna
  • 1989: abilitazione a Lucerna

Incarichi

  • 1979-1982: assistente universitario nel campo della teologia sistematica presso la Facoltà di Teologia di Lucerna
  • 1982-1985: vicario della parrocchia di St Marien a Berna
  • 1982-1989: docente di teologia dogmatica e morale presso l’Istituto di formazione della Facoltà di Lucerna; docente di teologia fondamentale in un corso per laici cattolici a Zurigo
  • 1989: professore di dogmatica e liturgia presso la Facoltà di Lucerna; professore di teologia ecumenica presso l’Istituto di formazione.
  • 1996-2010: vescovo di Basilea
  • 1998-2006: Vicepresidente della Conferenza Episcopale Svizzera
  • 2007-2009: Presidente della Conferenza Episcopale Svizzera
  • 2010-oggi: Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (che nel 2022 è stato trasformato in Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani)
  • 2010: elevato al rango di Arcivescovo
  • 2010: creato Cardinale con possesso del titolo di Diacono della chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore

Incarichi Curiali

  • Dicastero per la Dottrina della Fede
  • Dicastero per le Chiese Orientali
  • Dicastero per le Cause dei Santi
  • Dicastero per l’Educazione Cattolica
  • Dicastero per i Vescovi

Foto: RPP-Institut/Wikipedia Commons