MUNUS SANCTIFICANDI
Sulla liturgia
Il Cardinale Pietro Parolin ritiene che la liturgia della Chiesa possa essere “trasformativa” e che una migliore comprensione del suo significato e del suo linguaggio simbolico, in particolare quello della Messa, possa aiutare i cattolici a “incontrare il Signore e crescere nella santità”.
In una lettera per la Settimana Liturgica Nazionale Italiana del 2019, ha affermato che, “concretamente”, la liturgia aiuta “le comunità a interiorizzare meglio la preghiera della Chiesa, ad amarla come esperienza di incontro col Signore e con i fratelli e, alla luce di ciò, a riscoprirne i contenuti e osservarne i riti”.
Ha proseguito: “La liturgia sarà autentica, cioè in grado di formare e trasformare coloro che vi partecipano, se questi, pastori e laici, apprenderanno sempre meglio a coglierne il significato e il linguaggio simbolico, inclusa l’arte, il canto e la musica al servizio del mistero celebrato, comprendendovi anche il silenzio. La mistagogia si rivela la via più idonea per entrare in questo percorso, in cui si apprende ad accogliere con stupore la vita nuova ricevuta mediante i Sacramenti e a rinnovarla continuamente con gioia”, ha scritto nella lettera che attingeva ampiamente alle riflessioni di Papa Francesco sulla liturgia.
Parolin vede la liturgia come indispensabile per crescere nella santità e sostiene che la liturgia “ci richiama” a una santità maggiore.
Nel 2014, durante un’omelia coincidente con una conferenza a Roma sulla Sacrosanctum Concilium, la Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, l’allora Arcivescovo Parolin ha sottolineato come la “semplicità” dei segni e dei simboli liturgici sia sproporzionata rispetto alla loro “portata sovrumana”, realizzata “nell’ordinarietà della vita quotidiana”.
È “quasi che il Signore ci voglia incontrare e risanare e rinnovare in un contesto di disarmante normalità, che ci voglia raggiungere e trasformare nella ferialità della nostra esistenza”, ha detto. Il Signore, dunque, “non cerca la spettacolarizzazione”, ha proseguito. “Il bene compiuto possiede un suo inarrestabile dinamismo interno di crescita e di diffusione; un dinamismo potente, costante, delicato e silenzioso”.
Il compito fondamentale della liturgia, secondo Parolin, è preservare e rendere presente il dono della grazia:
“Il mistero della vita di Cristo si attualizza nella vita della Chiesa con l’azione dello Spirito ed è la liturgia il canale principale, sempre aperto, in cui scorre l’acqua pura che promana dal mistero pasquale di Cristo. La liturgia custodisce e apre la porta della grazia e va, dunque, a sua volta, coltivata e custodita nella sua verità e nella sua autentica finalità”.
Le opinioni del Cardinale Parolin sulle forme più tradizionali di liturgia, quale il Vetus Ordo Missae, sono state quasi esclusivamente negative.
Nel 2014, poco dopo aver assunto l’incarico di segretario di Stato, trasmise un messaggio di Papa Francesco in cui questi rivolgeva il proprio “cordiale pensiero inaugurale” a un pellegrinaggio a Roma di cattolici tradizionalisti, esprimendo la speranza che la loro visita alle tombe degli apostoli suscitasse “fervida adesione a Cristo, celebrato nell’Eucaristia e nel culto pubblico della Chiesa”. Ha inoltre trasmesso un messaggio ai vescovi francesi per conto di Papa Francesco riguardo al controverso motu proprio Traditionis Custodes del 2021, che ha imposto severe restrizioni alla Messa Tradizionale in Latino. Il messaggio chiedeva “la massima sollecitudine e paternità” per coloro che erano stati colpiti dal decreto, descrivendoli come “ pecore spesso ferite che hanno bisogno di accompagnamento, di ascolto, di tempo”.
Tuttavia, il Cardinale ha chiarito in privato di essere fermamente contrario alla liturgia tradizionale. Non solo ha sostenuto pienamente Traditionis Custodes, ma ha avuto un “ruolo chiave” nella sua creazione. Considera il motu proprio come parte di un “ritorno al ‘vero’ Concilio” e lo collega ad altre riforme di Papa Francesco, come Amoris Laetitia. Ciò indica il suo allineamento con la visione di Papa Francesco per un’implementazione più completa di un’idea specifica del Vaticano II e riflette l’ecclesiologia del Cardinale, che vede il Concilio Vaticano II come centrale per un nuovo paradigma — una Chiesa pienamente globalizzata che incorpora diverse lingue ed estende la propria influenza oltre l’Europa.1Secondo numerose fonti, il Cardinale Parolin avrebbe detto in una delle sessioni in cui si discuteva il sondaggio alla base del motu proprio: “Dobbiamo porre fine a questa Messa per sempre!” sebbene ciò non sia stato verificato in maniera indipendente. Inoltre, avrebbe lamentato, in un incontro del gennaio 2020 presso l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, che il Vetus Ordo fosse popolare tra i giovani, e si sarebbe lamentato del fatto che gli istituti ex-Ecclesia Dei si rifiutassero di accettare il cambiamento e non volessero concelebrare. Parolin avrebbe, quindi, raccomandato che la CDF imponesse ai gruppi sacerdotali tradizionali di fornire un segno concreto di comunione, che riconoscesse la validità del Novus Ordo e dimostrasse chiaramente che essi sono “nella Chiesa”.
Nel giugno 2024, è emerso che il Cardinale Parolin stesse sostenendo restrizioni ancora più severe, forse persino un divieto totale sulla Messa tradizionale. Parolin sarebbe stato affiancato dal prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, il Cardinale Claudio Gugerotti, e dal nunzio apostolico a Parigi, l’arcivescovo italiano Celestino Migliore. Tutti hanno negato l’accusa.
Determinato dalla diplomazia
È evidente che la carriera diplomatica di Parolin, che ha avuto origine nei primi anni del suo sacerdozio, ha avuto un’influenza decisiva sulle sue modalità di santificare la Chiesa e il mondo. La maggior parte delle sue Messe pubbliche e delle sue omelie sembrano essere un’estensione del suo lavoro diplomatico.
Nel 2013, in risposta a domande sulla riforma della Curia affidatagli da Papa Francesco, Parolin dichiarò: “Spero davvero che ci sia una vera riforma dello spirito”. E proseguì: “La cosa importante è che tutti noi ci rinnoviamo per essere in una conversione continua”.
Durante una visita ufficiale di Stato nella Repubblica di Bulgaria nel 2016, al termine di una Messa, Parolin affermò: “Ci troviamo in una Chiesa, intesa come struttura in cui i fedeli si riuniscono per pregare e celebrare la liturgia. La comunità qui riunita non è isolata, ma connessa a tutte le altre comunità cristiane del mondo. Siamo quindi chiamati a volgere lo sguardo alla Chiesa nella sua cattolicità, cioè nella sua universalità. Quando siamo uniti in chiesa, cari fratelli e sorelle, possiamo percepire la nostra appartenenza a questa grande famiglia cristiana che vive, opera e prega in tutto il mondo”.
MUNUS REGENDI
Ascesa diplomatica fulminea
Pietro Parolin è una figura influente nella Chiesa da oltre vent’anni, noto per la sua competenza diplomatica e il suo pragmatismo, che lo hanno catapultato alla seconda posizione più alta nella Chiesa.
Dopo essersi formato presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica ed essere entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1986, ha prestato servizio in Nigeria e Messico, ha conseguito un dottorato in diritto canonico e ha lavorato su questioni relative ai Patti Lateranensi, prima che il Cardinale Angelo Sodano garantisse a Parolin la sua prima grande nomina diplomatica nel 2002 come sottosegretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, divenendo di fatto il vice-ministro degli Esteri vaticano.
Alla fine del pontificato di Giovanni Paolo II e all’inizio di quello di Benedetto XVI, Parolin è stato il principale negoziatore della Santa Sede con Israele, Vietnam e Cina. Nel 2006, la rivista Inside the Vatican lo ha inserito tra le dieci personalità più influenti dell’anno, citando il suo lavoro sul disarmo nucleare, il dialogo con Iran e Corea del Nord, e la lotta contro la tratta di esseri umani.
Come sottosegretario, Parolin è stato in prima linea negli sforzi vaticani per superare un lungo stallo con Israele riguardante l’accordo del 1993, che stabiliva relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Tuttavia, ancora nel 2025, restano aperte delle questioni, apparentemente irrisolvibili, che hanno a che fare con la tassazione e i diritti di proprietà della Santa Sede.
Parolin ha avuto più successo nell’approvare e implementare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare e nel cercare una soluzione diplomatica al programma nucleare iraniano. Accrescendo il profilo della Santa Sede e l’efficacia del suo ruolo di mediatore soft power, il porporato ha stretto rapporti non solo con i diplomatici iraniani a Roma, ma anche con funzionari statunitensi, che spesso si affidavano a lui come uno dei contatti più accessibili, informati e diretti all’interno della Santa Sede.
La sua accessibilità è stata particolarmente apprezzata in un momento in cui, durante il pontificato di Benedetto XVI, l’efficienza delle comunicazioni tra la Santa Sede e i diplomatici stranieri a Roma aveva raggiunto un punto critico. Documenti riservati pubblicati da WikiLeaks rivelano che, nei primi quattro anni del pontificato di Benedetto, il suo nome appariva nei cablogrammi diplomatici con una frequenza maggiore rispetto a quella dello stesso segretario di Stato vaticano dell’epoca, il Cardinale Tarcisio Bertone (che non parlava inglese ed era ritenuto troppo potente per essere facilmente avvicinabile), e all’arcivescovo Dominique Mamberti, allora ministro degli Esteri della Santa Sede. Una fonte diplomatica statunitense anonima ha descritto Parolin nel 2002 come un diplomatico vaticano “aperto di mente”, “qualcuno formato per assumere incarichi di responsabilità ancora maggiore”.
Come sottosegretario, ha anche contribuito a spianare la strada per l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Vietnam, e ha compiuto diversi viaggi in Corea del Nord nel tentativo di migliorare i rapporti con tale Stato non allineato di regime comunista. Durante questo periodo, gli sono stati affidati anche ruoli delicati, come i colloqui sulla guerra in Iraq con Alexei Meshkov, sottosegretario russo per gli Affari Esteri.
Venezuela
Benedetto XVI nominò Parolin nunzio apostolico in Venezuela nel 2009, una decisione che alcuni analisti hanno interpretato come un classico caso di promoveatur ut amoveatur (promosso per essere rimosso), a seguito delle tensioni con il Cardinale Tarcisio Bertone, allora segretario di Stato, che non aveva formazione diplomatica.
Durante quel periodo, l’arcivescovo Parolin dovette guidare la Chiesa con attenzione negli ultimi e turbolenti anni della presidenza di Hugo Chávez, e affrontare la sua ostilità verso la Chiesa. Chávez morì poco prima che Parolin venisse chiamato a Roma come segretario di Stato nel 2014. Il defunto Cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo emerito di Caracas, affermò che Parolin “ha giocato un ruolo importante nel processo di avvicinamento tra la Chiesa e il governo e tra diversi settori della società e le autorità”.
Relazioni estere in qualità di segretario di stato
Dopo la sua nomina a segretario di Stato all’età di cinquantotto anni — il più giovane dopo il Cardinale Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII — la rivista L’Espresso scrisse: “Dalla Siria al Libano all’Iran. Dal Medio Oriente a Cuba, dalla Cina a Timor Est e al Venezuela, non c’è uno scacchiere in cui monsignor Parolin non dimostri di sapersi muovere e di sapere ragionare sui grandi scenari”. Ricevendo la notizia della sua nomina, Parolin dichiarò nel 2014 di essere stato “sorpreso e anche, naturalmente, un po’ turbato all’idea di essere chiamato a una responsabilità così importante”.
Molti diplomatici accreditati presso la Santa Sede, che avevano avuto rapporti con lui nel corso degli anni, accolsero con favore la sua nomina. Secondo il Cardinale honduregno Oscar Rodríguez Maradiaga, Papa Francesco, subito dopo la sua elezione del 2013, impiegò solo quattro giorni per scegliere Parolin (non era ancora Cardinale) come successore del Cardinale Tarcisio Bertone in qualità di segretario di Stato.
All’inizio del suo mandato, Parolin fu nuovamente chiamato a usare le sue capacità di mediazione in Venezuela quando, nel 2014, il successore di Chávez, il Presidente Nicolás Maduro, lo invitò a mediare i colloqui tra il governo e l’opposizione, dopo che la violenza aveva causato decine di morti nella più grave crisi del Paese degli ultimi decenni. I colloqui sostenuti dal Vaticano nel 2017 fallirono dopo l’abbandono dell’opposizione, e le proteste e la crisi politica continuano tutt’oggi.
Nel dicembre 2014, Parolin e il segretario di Stato americano John Kerry concordarono di trovare “soluzioni umanitarie adeguate” per i reclusi del centro di detenzione di Guantánamo. Il numero di prigionieri fu significativamente ridotto, ma, nonostante le richieste del Vaticano, il centro è aperto ancora oggi. Nel 2014, il Cardinale ebbe maggiore successo nel permettere alla Santa Sede, su iniziativa di Papa Francesco, di svolgere un ruolo centrale nel ristabilire le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba. Si ritiene che abbia giocato un ruolo chiave nei negoziati, favorito anche dall’instaurazione di “ottimi rapporti” con Kerry.
“Dialogo” e “incontro” sono due degli obiettivi principali della politica diplomatica vaticana, secondo Parolin. Per lui, “la ragione per cui la Santa Sede ha un corpo diplomatico è per adoperarsi per la pace. La diplomazia vaticana si occupa del bene comune dell’umanità”. Inoltre, sostiene che “la diplomazia deve avere il bene dell’umanità come scopo”. Ha spesso sottolineato che la diplomazia della Chiesa è una “diplomazia di pace” e che essa non ha “interessi di potere, né politici, né economici, né ideologici”. Per questo motivo, egli afferma, “può rappresentare con maggiore libertà agli uni le ragioni degli altri e denunciare a ciascuno i rischi che una visione autoreferenziale può comportare per tutti”.
Nel giugno 2018, il Cardinale Parolin suscitò controversie partecipando al riservato Bilderberg Meeting, noto per la sua agenda globalista e, secondo alcuni, per aspirazioni a un governo mondiale unico. Un funzionario vaticano affermò che il Cardinale decise di partecipare dopo ripetuti inviti da parte degli organizzatori e perché desiderava, dopo averci riflettuto a lungo, portare l’insegnamento della Chiesa a un gruppo che altrimenti non lo avrebbe mai ascoltato.
Durante un’udienza del 2019 nell’ambito del processo contro la ’Ndrangheta calabrese, Giuliano Di Bernardo, già Gran Maestro del 33º grado del Grande Oriente d’Italia e figura di spicco della massoneria,2Giuliano Di Bernardo è stato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1990 al 1993. Due giorni dopo le sue dimissioni, ha fondato la Gran Loggia Regolare d’Italia (la terza obbedienza massonica più importante in Italia). È stato Gran Maestro di questa nuova obbedienza massonica, ispirata alla tradizione muratoria inglese, per nove anni, fino al 2002. Poco dopo, ha fondato il Dignity Order e l’Accademia degli Illuminati. ha testimoniato in merito ai suoi rapporti con il Cardinale Pietro Parolin.
Pur affermando che, per quanto ne sapeva, i rapporti tra il Vaticano e la massoneria “non esistono più”, Di Bernardo ha rivelato di aver incontrato più volte Parolin a partire dal 2002, quando questi era sottosegretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati.
Di Bernardo avrebbe incontrato Parolin nello stesso anno in cui lasciò la guida della massoneria per fondare il Dignity Order e l’Accademia degli Illuminati, ossia ulteriori affiliazioni esoteriche. Raccontò di aver ricevuto “la richiesta di includere un rappresentante del Vaticano” nella sua nuova accademia e di essere stato informato che “in Vaticano c’era una persona che mi voleva conoscere personalmente e mi ritrovai di fronte il sottosegretario agli Esteri Pietro Parolin”.
“C’è stato subito sintonia sulle cose da fare. Più volte sono tornato li e ho aiutato Parolin a risolvere un problema con il governo cinese di qualche anno fa”, dichiarò Di Bernardo.
L’ex Gran Maestro aveva già rivelato alcuni dei suoi rapporti con Parolin in un’intervista del 2016 al quotidiano italiano Libero Quotidiano. Raccontò che, dopo aver incontrato Parolin nel 2002, “nacque un rapporto di collaborazione e di stima. Insieme abbiamo riflettuto sui destini dell’ umanità. L’ ho incontrato tre o quattro volte. Poi è stato inviato come messo apostolico in Argentina e ho perso i contatti. Quando è diventato segretario di Stato l’ho cercato per congratularmi e ci siamo risentiti”.
Alla domanda su cosa pensasse Parolin della massoneria e dell’esoterismo, Di Bernardo rispose: “Non ha un atteggiamento negativo e ostile. Ritiene che, nel futuro dell’umanità, intelletti pensanti appartenenti a mondi diversi possano partecipare a un progetto comune per il benessere dell’ umanità”.
In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano poco prima del Conclave del 2025, Di Bernardo dichiarò di sperare che Parolin venisse eletto papa. “Se c’è un barlume di razionalità nella Chiesa, deve essere eletto Parolin. In questo modo, la Chiesa può avere ancora speranza di resuscitare. Ma non è scontato.”
Ricordando il suo incontro con Parolin avvenuto oltre vent’anni prima, Di Bernardo raccontò che tra lui e il futuro Segretario di Stato vaticano “è nata subito un’intesa e completa affinità elettiva, tanto è vero che abbiamo collaborato a diversi progetti. Siamo rimasti molto amici.”
Alla domanda se i rapporti tra Chiesa e massoneria cambierebbe con l’elezione di un Papa Parolin, rispose: “Non è questione di rapporti personali. Nulla impedisce che sul piano contingente ci possano essere collaborazioni tra massoneria e Chiesa per il benessere dell’umanità, ma la dottrina della inconciliabilità è molto difficile da scardinare.”
Il Cardinale Parolin è particolarmente interessato alla mediazione dei conflitti e ha partecipato a numerosi sforzi di pacificazione sia come diplomatico vaticano che, soprattutto, come segretario di Stato vaticano. Più recentemente, ha ripetutamente offerto la mediazione della Santa Sede per aiutare a risolvere il conflitto tra Ucraina e Russia; ha cercato spesso di mediare nel conflitto tra Israele e Hamas; e ha espresso più in generale la disponibilità della Santa Sede a intervenire come mediatore in vari conflitti e crisi internazionali. Oltre all’enfasi sul dialogo per la pace, gli sforzi diplomatici del Vaticano sotto la sua guida si sono concentrati sulle preoccupazioni umanitarie e sulla facilitazione della comunicazione tra le parti in conflitto.
SOSTENITORE DELL’OSTPOLITIK
Il Cardinale italiano ha una visione della diplomazia vaticana che più di altre si avvicina a quella del Cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato vaticano durante la prima parte del pontificato di Giovanni Paolo II. È stato lo stesso Parolin a sottolinearlo, durante una conferenza dedicata al centenario della nascita di Casaroli.
Sotto Papa san Paolo VI, ma in misura minore sotto Giovanni Paolo II, Casaroli rovesciò la strategia di confronto di Pio XII con il comunismo e altre forze anticattoliche, adottando invece la strategia dell’Ostpolitik, ovvero una collaborazione pragmatica attraverso il compromesso e la conciliazione. Parolin ha chiaramente adottato questa strategia nei suoi rapporti con il Partito Comunista Cinese (vedi più avanti: “Diplomazia con la Cina”).
La valutazione di Papa Benedetto XVI su Casaroli è sorprendentemente diversa da quella di Parolin. Benedetto XVI disse:
“Era chiaro che la politica di Casaroli, per quanto attuata con le migliori intenzioni, era fallita. Naturalmente allora non si poteva sperare che quel regime crollasse presto, ma era evidente che, invece di essere concilianti e accettare compromessi, bisognava opporsi con forza. Questa era la visione di fondo di Giovanni Paolo II, che io condividevo”.3Papa Benedetto XVI e Peter Seewald, Ultime conversazioni, Milano: Garzanti (2016), pag. 159.
Riforma della Chiesa e della Curia Romana
Parolin è un fermo sostenitore delle ampie riforme della Chiesa promosse da Papa Francesco. Alla domanda, nell’aprile 2024, su cosa accadrà a queste riforme in futuro, il Cardinale italiano ha affermato che esse sarebbero “irreversibili” e, dal momento che, secondo lui, rappresentano una “azione dello Spirito, non ci potrà essere una inversione di marcia”.
Ha dichiarato che sono necessari preghiera, pazienza e discernimento per determinare come le riforme dovranno continuare e “cosa rendere istituzionale”. Richiamando l’espressione latina Ecclesia semper reformanda, ha affermato che “la Chiesa ha sempre bisogno di riforma” e che “la Chiesa deve essere sempre riportata a forma propria”. Ha inoltre ricordato l’insegnamento della Lumen gentium, secondo cui la Chiesa, “che comprende nel suo seno peccatori”, è “bisognosa di purificazione, avanza nel cammino della penitenza e del rinnovamento”.
Parolin ha mantenuto un profilo pubblico discreto per quanto riguarda la riforma della Curia Romana, uno dei compiti affidati a Papa Francesco al momento della sua elezione, ma questa impressione si è rivelata ingannevole, poiché, in realtà, Francesco ha fatto affidamento su di lui. Secondo il vaticanista italiano Andrea Gagliarducci, Parolin avrebbe aiutato la Segreteria di Stato a riconquistare il proprio ruolo di guida e coordinamento della Curia Romana. Ora la Segreteria funge anche come una sorta di “regolatore” delle riforme di Papa Francesco, con Parolin che emette decreti Papali (rescripta) a nome del Papa — un cambiamento volto a rendere più rapide le riforme. Sotto la supervisione di Parolin, la Segreteria di Stato esercita inoltre un’influenza diplomatica maggiore rispetto al passato, separando nettamente le iniziative pastorali da quelle diplomatiche e privilegiando il pragmatismo. Ciò contrasta con l’approccio di Benedetto XVI, che mirava a garantire che la diplomazia vaticana fosse, prima di tutto, radicata nella verità.
Nel 2017, Papa Francesco ha riorganizzato la Segreteria di Stato istituendo una “Terza Sezione”. Questa nuova sezione è intesa a manifestare “l’attenzione e la vicinanza” del Papa nei confronti del personale diplomatico.4Il vaticanista Marco Tosatti ha scritto che Parolin è un “nunzio progressista con legami con la fazione di Silvestrini”, un riferimento al defunto Cardinale liberale Achille Silvestrini e al cosiddetto Gruppo di San Gallo, composto da diplomatici e insider vaticani che si unirono per promuovere la causa di un Papa progressista, prima per il conclave che seguì la morte di Giovanni Paolo II e poi nuovamente nel 2013. Significativamente, poco prima del conclave del 2013, Bergoglio iniziò a incontrare diplomatici della sezione spagnola della Segreteria di Stato vaticana, tra cui Parolin.
La creazione della Terza Sezione avrebbe esteso l’influenza di Parolin, permettendogli di esercitare un controllo più diretto su tutte le persone che lavorano per la Segreteria di Stato. Nel contesto delle riforme della Curia promosse da Francesco, Parolin ha “progressivamente acquisito un ruolo sempre più centrale”. Contrariamente alle previsioni iniziali, la “burocratica” Segreteria di Stato è l’unico ufficio la cui struttura è stata rafforzata dalle riforme, aumentando persino il suo potere.
Nel 2015, Parolin suggerì la creazione di un “ufficio per la mediazione pontificia” all’interno della Segreteria di Stato, per fungere da collegamento tra l’impegno diplomatico papale sul campo e la sua azione nelle istituzioni internazionali. Tale ufficio non è ancora stato istituito. Nel 2022, Parolin dichiarò che la creazione di tale organismo era incerta e sottolineò che avrebbe richiesto un “massiccio investimento”. Inoltre, il lavoro di mediazione pubblica è stato sottratto alla Segreteria di Stato quando Papa Francesco ha assegnato al Cardinale Matteo Zuppi il ruolo di mediatore tra Russia, Ucraina e Stati Uniti a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina nel febbraio 2022. La scelta di Zuppi al posto di Parolin è stata vista da alcuni come uno sgarbo nei confronti del Segretario di Stato, sebbene nel giugno 2024 Parolin abbia guidato una delegazione vaticana alla conferenza svizzera sulla pace in Ucraina.
Per quanto riguarda ulteriori cambiamenti curiali, nel 2014 Parolin inviò una lettera a tutti i capi dei dicasteri vaticani, notificando l’immediata cessazione di nuove assunzioni, aumenti salariali e straordinari, nel tentativo urgente di ridurre i costi e compensare i deficit di bilancio. Ha contribuito a supervisionare numerose iniziative di riduzione delle spese, accolte positivamente da alcuni per l’aumento dell’efficienza e la riduzione dei costi, ma che hanno anche portato a una perdita di morale tra il personale vaticano, che si è lamentato dell’esecuzione inadeguata di tali riforme interne.
A seguito della pubblicazione di Praedicate Evangelium, la costituzione apostolica di Papa Francesco del 2022 che ha riformato la Curia Romana, il Cardinale Parolin ha rivelato che gli investimenti e i fondi precedentemente gestiti dalla Segreteria di Stato sarebbero stati trasferiti all’APSA. Il cambiamento è avvenuto alla luce di clamorosi scandali finanziari per i quali la Segreteria di Stato è stata in gran parte ritenuta responsabile.
Il Cardinale Parolin ha anche dichiarato che la pubblicazione dei documenti della Santa Sede attraverso il Bollettino ufficiale Acta Apostolicae Sedis rimarrà riservata alla Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
Gestione delle finanze vaticane
Il Cardinale Parolin è stato collegato a diversi scandali finanziari in Vaticano, sebbene non sia mai stato incriminato per il suo ruolo in nessuno di essi.
Nel 2019, emerse che la Segreteria di Stato era rimasta coinvolta in un discutibile affare finanziario relativo a un’operazione immobiliare a Londra negli anni 2010, associata principalmente a colui che, all’epoca, era il vice di Parolin, ossia l’arcivescovo (ora Cardinale) Angelo Becciu.
Inizialmente, il Cardinale Parolin sembrava avere scarsa conoscenza dell’accordo, affermando che il fondo in questione sembrava essere “ben gestito”, ma che la transazione era “piuttosto opaca” e che il suo ufficio stava “cercando di chiarirla”.
L’operazione coinvolgeva un controverso acquisto speculativo di un immobile a Londra, che portò a una perquisizione della Gendarmeria vaticana negli uffici della Segreteria di Stato. Alcuni rapporti affermavano che la transazione prevedesse l’uso di fondi della Santa Sede destinati ai poveri e fosse finanziata tramite prestiti, sebbene Becciu avesse negato le accuse, sostenendo che tali investimenti immobiliari fossero una “prassi accettata per la Santa Sede”. Si riportò che l’operazione avesse causato alla Santa Sede perdite superiori ai 200 milioni di dollari.
Un’indagine sull’affare immobiliare fu avviata nel 2019, dopo che Parolin e altri dirigenti della Segreteria di Stato tentarono di fare pressioni sull’Istituto per le Opere di Religione (la Banca Vaticana), affinché concedesse un prestito di 150 milioni di euro alla Segreteria per rifinanziare l’ipoteca sulla proprietà. Ciò portò a una denuncia alle autorità finanziarie vaticane.
Inoltre, emerse successivamente che Parolin era a conoscenza e aveva approvato l’accordo londinese con Gianluigi Torzi, un intermediario che facilitò l’acquisizione da parte del Vaticano della piena proprietà dell’immobile londinese. I pubblici ministeri sostennero che Parolin, insieme ad altri alti funzionari, non avesse pienamente compreso la modifica contrattuale di Torzi che gli garantiva pieni diritti di voto nell’operazione.
Nonostante il suo coinvolgimento in questi aspetti dello scandalo, il Cardinale Parolin non fu incriminato nel caso. L’indagine e il successivo processo si concentrarono su altri individui, come il Cardinale Becciu, il quale, insieme a diversi intermediari coinvolti nell’operazione immobiliare, ricevette pene detentive nel dicembre 2023 per illeciti finanziari.
Il Cardinale Parolin era anche responsabile generale quando fu avviato il primo audit esterno del Vaticano nel 2016, che fu però rapidamente interrotto. Becciu richiese all’auditor esterno PricewaterhouseCoopers di escludere la Segreteria di Stato dall’audit. Ciò rese l’audit inutile, portando alla sua cessazione appena quattro mesi dopo l’inizio, avvenuto nel dicembre 2015.5Marcantonio Colonna (Henry Sire), The Dictator Pope: The Inside Story of the Francis Papacy (Washington, D.C.: Regnery, 2018).
Le riforme finanziarie avevano già incontrato ostacoli e, entro il 2016, i progressi compiuti dall’elezione di Francesco erano stati annullati da una “vecchia guardia” resistente al cambiamento e alla rivelazione di illeciti.
Nel complesso, non è chiaro quale ruolo, se presente, abbia avuto il Cardinale Parolin in questi ostacoli, ma sembra che avessero l’intento di restituire alla Segreteria di Stato alcuni dei poteri che aveva perso a favore della Segreteria per l’Economia, istituita da Francesco nel 2014 per riorganizzare le finanze vaticane. Quantomeno, nonostante ricoprisse la seconda carica più alta in Vaticano, Parolin era in una posizione tale da poter prevenire tali ostacoli e garantire che la riforma finanziaria proseguisse lungo il percorso delineato dal Cardinale George Pell, allora tesoriere vaticano, ma le prove suggeriscono che o non lo fece o non fu efficace nelle azioni che intraprese.
Ciò appare particolarmente evidente nel caso delle dimissioni forzate del primo revisore generale del Vaticano, Libero Milone. Parolin firmò il decreto di nomina di Milone nel 2015, ma quando Milone iniziò a scoprire illeciti finanziari attraverso la sua revisione, i suoi uffici furono perquisiti due anni dopo per ordine di Becciu e fu costretto a dimettersi. Milone dichiarò che lui e Parolin mantennero comunque un “buon rapporto” negli anni successivi, ma che Parolin non agì per aiutarlo a riabilitare il suo nome, portando l’ex revisore e il suo vice, Ferruccio Panicco, a citare in giudizio il Vaticano per danni. “Il Cardinale Parolin sembrava sempre voler aiutare, ma non ha mai aiutato”, disse Milone. Panicco, malato di cancro, morì nel 2023 dopo che la sua condizione si aggravò a seguito della perdita dei suoi documenti medici da parte del Vaticano durante la perquisizione del suo ufficio nel 2017. Il Vaticano non ha ancora risarcito Milone, sostenendo che non vi fosse “nessun rapporto di lavoro” tra Milone e la Segreteria di Stato, nonostante fosse stato Parolin, in qualità di segretario di Stato, ad assumerlo. Milone ha presentato ricorso contro la decisione, ma fino ad oggi non ha ricevuto alcun aiuto concreto da Parolin per riabilitare il suo nome.
Un altro ambito delle finanze vaticane riguardante Parolin fu il suo ruolo nell’autorizzare l’uso dei fondi appartenenti a un ospedale pediatrico vaticano per sostenere un ospedale italiano in fallimento, nonostante gli avvertimenti del tesoriere vaticano di non procedere con la transazione.
Cinquanta milioni di euro dell’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù sarebbero stati utilizzati nel 2014 da funzionari vaticani per garantire un prestito all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, anch’esso situato a Roma. Il prestito fu fortemente osteggiato dal Cardinale George Pell, allora prefetto della Segreteria per l’Economia, il quale, secondo una fonte informata, consigliò al Cardinale Parolin e a Papa Francesco di non procedere perché riteneva “immorale condannare l’ospedale pediatrico a perdere denaro di cui aveva bisogno per curare i bambini bisognosi”.
Ma Parolin e il Papa proseguirono comunque con la garanzia del prestito sulla base di uno studio di fattibilità discutibile condotto dalla società di revisione KPMG, che sembrava dimostrare come il prestito potesse essere rimborsato e sarebbe stato rimborsato, ma che la società si rifiutò di firmare o avallare.
Sebbene il prestito fosse stato organizzato principalmente da funzionari di livello inferiore che ricevettero ingenti compensi per il loro operato, il Cardinale Parolin dichiarò di essere responsabile della concessione della controversa garanzia del prestito.
Controversia sull’Ordine di Malta
Il Cardinale Parolin rimase coinvolto in una controversia culminata nel 2016-2017 tra la Santa Sede e il Sovrano Militare Ordine di Malta (di seguito l’Ordine). I Cavalieri dell’Ordine, fondati da una bolla papale nel XII secolo durante la Prima Crociata, sono stati tradizionalmente difensori e propagatori della Fede cattolica, e godono dello status di stato sovrano, ma oggi operano principalmente come attori umanitari.
La controversia, che lo stesso Parolin definì una “crisi senza precedenti”, era complessa e coinvolgeva principalmente due fazioni in conflitto all’interno dell’Ordine: da un lato, i religiosi professi di orientamento più tradizionalista e conservatore, desiderosi di preservare le tradizioni dell’Ordine il più possibile; dall’altro, i membri che volevano “aggiornare” l’istituzione, in termini sia di alcune tradizioni che di approccio all’insegnamento della dottrina della Chiesa. Per questi ultimi, la componente tradizionalista dell’Ordine rappresentava un ostacolo alla riforma, mentre per i primi i modernisti erano dissidenti il cui progetto avrebbe finito per secolarizzare e distruggere l’Ordine.
Molti concordavano, comunque, sul fatto che l’Ordine necessitasse di qualche riforma e Papa Francesco incaricò il patrono dell’Ordine, il Cardinale Raymond Burke, di contribuire a realizzarla, chiedendogli esplicitamente di liberare l’Ordine dalla massoneria.
Parolin era amico di Albrecht Freiherr von Boeselager, Gran Cancelliere dell’Ordine e leader de facto della fazione modernista. I due avevano instaurato un rapporto quando, dal 1989 al 2014, Boeselager ricopriva il ruolo di Gran Ospedaliere, responsabile dell’opera umanitaria internazionale dell’Ordine e spesso in contatto con Parolin nell’ambito diplomatico.
Il 6 dicembre 2016, il Gran Maestro dell’Ordine Fra Matthew Festing destituì Boeselager per insubordinazione, dopo che questi si era opposto a un provvedimento disciplinare nei suoi confronti, a causa della sua responsabilità ultima nella distribuzione di centinaia di migliaia di contraccettivi nei Paesi in via di sviluppo durante il suo mandato da Gran Ospedaliere. Boeselager contestò l’accusa, che Festing aveva mosso sulla base di un’indagine condotta da una commissione di tre persone l’anno precedente. Il Cardinale Burke, presente alla riunione del 6 dicembre, contribuì a esercitare pressioni su Boeselager, ma questi negò sempre che Francesco gli avesse chiesto di esigerne le dimissioni (vedi il profilo del Cardinale Burke per ulteriori dettagli). Boeselager si appellò quindi al Cardinale Parolin, il quale, credendo che Burke avesse trasmesso la destituzione come ordine di Francesco, scrisse a Festing sottolineando che il Papa aveva chiesto un dialogo per risolvere i problemi e non per espellere qualcuno. A causa di una “percepita irregolarità” nella procedura di destituzione, che aveva “profondamente diviso l’Ordine”, Parolin decise di istituire una commissione di cinque membri, tutti generalmente favorevoli alle riforme liberali, per indagare sulla distribuzione dei contraccettivi e sui motivi della destituzione di Boeselager. Tre membri della commissione, insieme a Boeselager, erano coinvolti in una misteriosa donazione di 118 milioni di dollari all’Ordine, depositata in un trust svizzero di cui il Gran Maestro sospettava l’origine. Parolin sarebbe stato a conoscenza della donazione dal 2014.6La società di consulenza Promontory condusse nel 2017 uno studio di “due diligence” sul trust e non riscontrò illeciti, sebbene i dettagli precisi dei fondi e del loro utilizzo rimangano sconosciuti.
Entro un mese dalla sua costituzione, la commissione di Parolin dichiarò Boeselager innocente da ogni accusa.7Sebbene Boeselager affermasse che le conclusioni della commissione istituita da Festing fossero inesatte, quando fu sfidato da Burke nella riunione del 6 dicembre 2016 a spiegare perché non avesse richiesto correzioni al documento nel corso del 2016 né fornito materiali per smentirne le conclusioni investigative, Boeselager non seppe rispondere. Secondo quanto riferito, ciò non sorprese Burke, poiché aveva sentito Boeselager stesso giustificare proprio le pratiche contestate, una giustificazione che anche il personale MI avrebbe invocato in difesa della prassi controversa. Nel gennaio 2017, Festing fu convocato in udienza privata da Papa Francesco. Secondo le fonti, il Papa gli chiese di dimettersi immediatamente e insieme formularono una lettera di dimissioni. Successivamente, il Papa ordinò il reintegro di Boeselager, privò il Cardinale Burke di ogni prerogativa e incarico riguardante l’Ordine, annunciò la nomina di un nuovo delegato pontificio per l’Ordine e dichiarò che la Santa Sede avrebbe supervisionato la revisione dell’antico ente sovrano e ne avrebbe guidato il riassetto. Ad oggi non è chiaro perché Parolin, forse su istruzioni ricevute, sia intervenuto negli affari interni di un Ordine autonomo, in particolare istituendo una commissione per esaminare le sue questioni interne (cosa che Festing denunciò come “inaccettabile”), compromettendo così lo status di sovranità dell’Ordine. Sebbene una sentenza del 1953 decretasse che la Congregazione per i Religiosi avesse una certa giurisdizione sull’Ordine, la Segreteria di Stato non ne aveva diritto, portando alcuni a sostenere che Parolin avesse violato tale normativa.
Nel giugno 2020, il Cardinale Parolin negò con fermezza qualsiasi coinvolgimento in un tentativo di deviare il fondo svizzero multimilionario dall’Ordine di Malta al Vaticano, un’ipotesi che alcuni avevano avanzato come possibile motivo del suo controverso coinvolgimento (e di quello del Vaticano) nella disputa tra Festing e Boeselager.
Il Cardinale Parolin mantiene buoni rapporti con l’Ordine di Malta e, nel giugno 2024, ha visitato le attività caritative dell’Ordine in Libano. Boeselager è stato destituito dalla carica di Gran Cancelliere nel settembre 2022 dopo la promulgazione di una nuova costituzione per l’Ordine.
Sant’Egidio
Il Cardinale Parolin è vicino alla Comunità di Sant’Egidio, un movimento laicale cattolico di portata mondiale fondato a Roma, che si dedica all’aiuto dei poveri, dei bisognosi e dei vulnerabili, ed è alleato della sinistra politica italiana (si veda il profilo del Cardinale Matteo Zuppi per maggiori dettagli sull’organizzazione). Nel corso degli anni, il Cardinale Parolin ha partecipato a numerosi eventi della Comunità. Nel 2018, ha tenuto l’omelia per il cinquantesimo anniversario dell’organizzazione e di nuovo per il cinquantaduesimo nel 2020. Nel 2022 ha partecipato al 40º pranzo di Natale della Comunità per i poveri a Roma, sottolineando l’importanza della vicinanza a coloro che soffrono.
Nel 2019, Parolin ha scritto la prefazione di un libro che riassumeva il valore dell’accordo provvisorio, ma controverso, del 2018 tra la Cina e la Santa Sede (si veda più avanti la sezione sulla diplomazia di Parolin con la Cina). Il lancio del libro è stato moderato dal presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, e ha visto la partecipazione del fondatore della Comunità, Andrea Riccardi. Il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, da tempo critico dell’approccio vaticano nei confronti della Cina, aveva criticato la Comunità di Sant’Egidio già nel 2012 per la sua storica accondiscendenza nei confronti del regime comunista cinese.
Gestione delle divisioni ecclesiali e del governo episcopale
Immerso nel mondo della politica, Parolin ha cercato di applicare le sue competenze maturate nel tempo nell’arbitrato per disinnescare le tensioni interne alla Chiesa e sanare le divisioni. Egli è fermamente convinto, tuttavia, che la Chiesa non sia un’istituzione come le altre, dove la politica spesso occupa il centro della scena. “Basta vedere il Vaticano e la Chiesa Cattolica come un partito attraversato da correnti politiche, come luogo di fazioni che si confrontano e talora di scontrano”, ha affermato nel 2020, aggiungendo che il peccato esiste anche nella Chiesa e che la conversione è necessaria, ma che “ridurre a queste categorie la Chiesa mi pare sia mortificante per la realtà ecclesiastica”. Secondo Parolin, questa lettura “non rende ragione di quello che è la Chiesa” e invita i fedeli ad “andare un po’ al di là di questi criteri e di queste categorie e di vedere invece quanto nella Chiesa si sta facendo di bene e di positivo, pur nelle difficoltà che ci sono in ogni relazione umana”.
Ha assunto una posizione diversa rispetto a Benedetto XVI riguardo alle conferenze episcopali. Mentre Benedetto le considerava semplicemente strutture burocratiche, Parolin insiste sul fatto che esse siano “episcopali” nel pieno senso dell’autorità di un vescovo, compreso il potere di definire la dottrina. Egli è naturalmente un sostenitore della visione di Papa Francesco per una maggiore decentralizzazione e “sinodalità”, anche in materia dottrinale, con l’intento apparente di consentire alle Chiese locali di affrontare meglio le complessità pastorali dei loro contesti.
Villa Nazareth
Nel febbraio 2020, il Cardinale Parolin è stato nominato presidente di Villa Nazareth, un piccolo collegio universitario con sede a Roma, governato da una fondazione sotto la supervisione della Segreteria di Stato. Parolin ne era stato in passato anche direttore. Fondato nel 1946 dal Cardinale Domenico Tardini, segretario di Stato sotto Papa san Giovanni XXIII, per accogliere bambini poveri e orfani, Villa Nazareth fu per molti anni gestito dal Cardinale Achille Silvestrini, che lo trasformò in una scuola di formazione d’élite, gestita in gran parte da diplomatici della Santa Sede. Secondo Il Foglio, Silvestrini era il “potentissimo Cardinale e … capofila dell’ala sinistra della chiesa” durante il pontificato di Giovanni Paolo II e contribuì a fare dell’istituzione una sorta di quartier generale del progressismo.8Ciò sarebbe stato evidente durante il conclave del 2005 per l’elezione di Benedetto XVI, quando un gruppo di cardinali, tra cui Godfried Danneels, Carlo Maria Martini e Cormac Murphy-O’Connor, si incontrò con Silvestrini per tentare di impedire l’elezione del Cardinale Joseph Ratzinger. L’arcivescovo Claudio Maria Celli, diplomatico della Santa Sede con numerosi incarichi in Cina e Vietnam e un ruolo significativo nei rapporti attuali tra la Santa Sede e la Cina, è un ex presidente del collegio ed è tuttora membro del suo consiglio di amministrazione. Tra gli ex studenti di Villa Nazareth figura Giuseppe Conte, attuale presidente del Consiglio italiano. L’istituzione ha inoltre mantenuto stretti legami con importanti esponenti della politica italiana.
Ruolo nella “Valle de los Caídos”
Il Cardinale Parolin ha avuto un ruolo significativo nella controversia relativa al “riadattamento” del memoriale della Valle de los Caídos (ora ufficialmente Valle de Cuelgamuros), commissionato da Francisco Franco in memoria della Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Il sito comprende una basilica cattolica scavata nella montagna, un’abbazia benedettina e una croce in pietra monumentale — la più alta croce cristiana del mondo, con i suoi 150 metri.
In qualità di segretario di Stato, Parolin ha rappresentato la Santa Sede nei negoziati (da ottobre 2024 a febbraio 2025) con il governo spagnolo di sinistra, che ha tentato di “riadattare” il memoriale, un’operazione che comportava la trasformazione dello stesso in uno spazio secolare.
La mediazione di Parolin e i contratti giuridicamente vincolanti tra la Santa Sede e il governo spagnolo hanno finora contribuito a dissuadere l’esecutivo dalla chiusura dell’abbazia e dalla desacralizzazione della basilica, garantendo la continuazione del culto cattolico. È stato inoltre permesso che la croce rimanesse in piedi. Alcune modifiche alla chiesa sono state concordate, ma non specificate, entro l’inizio di aprile 2025.
Tuttavia, i critici hanno interpretato queste concessioni come un’agevolazione agli sforzi del governo di attenuare l’identità religiosa del sito e minarne il carattere sacro, con ulteriori alterazioni della basilica previste, le quali, secondo alcuni osservatori, potrebbero costituire una profanazione. Il priore dell’abbazia, Santiago Cantera Montenegro, e altri due monaci sono stati costretti a lasciare il complesso, su richiesta del governo. Parolin è stato accusato di non aver difeso adeguatamente la loro posizione contro le pressioni governative.
Nel 2019, il Cardinale era già stato criticato per non essersi opposto alla decisione del governo di esumare i resti di Francisco Franco dalla Valle de los Caídos. Alcuni osservatori ritenevano che la sua posizione avesse addirittura facilitato tale operazione.
Se da un lato alcuni hanno apprezzato l’approccio diplomatico di Parolin, volto a preservare gli elementi religiosi del sito, dall’altro molti hanno ritenuto che non abbia fatto abbastanza per contrastare gli sforzi di secolarizzazione o difendere i valori della Chiesa associati al monumento. Analogamente a quanto affermato dai suoi critici in Cina, è stato accusato di privilegiare le relazioni diplomatiche con il governo socialista spagnolo a scapito della difesa dei principi cattolici — accuse che hanno portato almeno un commentatore a definire le sue azioni un tradimento dei fedeli e una sostituzione della fede con il consenso.
Abusi sessuali del clero, Theodore McCarrick
Il Cardinale Parolin si è espresso molto poco in pubblico sugli abusi sessuali del clero. Ritiene che siano un fenomeno “devastante” e che il “primo dovere” della Chiesa sia quello di prendersi cura delle vittime, poi riconoscere e pentirsi dei crimini commessi, trovando infine modi per prevenirli in futuro. Ha espresso profondo “dolore” per le ferite causate dagli eventi descritti nel Rapporto McCarrick e ha sottolineato che la Chiesa deve imparare da tali fallimenti per migliorare i propri processi e garantire una migliore protezione dei fedeli.
Coronavirus
Il Cardinale Parolin ha svolto un ruolo attivo nell’affrontare la crisi globale e nel promuovere la risposta della Chiesa. Ha invocato la solidarietà globale e uno sforzo comune attraverso il multilateralismo, nonché l’accesso a cure mediche adeguate e a vaccini efficaci, resi accessibili anche ai Paesi in via di sviluppo. Ha inoltre evidenziato come la pandemia abbia aggravato problemi sociali preesistenti, colpendo in particolare le popolazioni più vulnerabili, e ha sostenuto la necessità di un nuovo modello economico che dia priorità alla dignità umana rispetto ai profitti.
Il Cardinale si è mostrato particolarmente entusiasta riguardo ai vaccini contro il Covid, nonostante le preoccupazioni legate alla loro sicurezza e alla loro base etica, e sembrava non comprendere le ragioni profonde dell’opposizione e della resistenza nei loro confronti. Ha imposto uno dei mandati vaccinali più severi al mondo all’interno del Vaticano, firmando un decreto generale che estendeva le misure anti-COVID già esistenti nello stato pontificio.
Nei primi tempi della pandemia, il Cardinale Parolin affermò che sarebbe stato “bello”, per contrastare la solitudine dei lockdown, che “suonassero le loro campane per un minuto”, invitando tutti a “pregare insieme anche se fisicamente lontani”.
MUNUS DOCENDI
Il Vaticano II come “paradigma nuovo”
Secondo il Cardinale Parolin, il Concilio Vaticano II “conserva senz’altro per la Chiesa un carattere profetico” e segna l’avvento di un “paradigma nuovo di una Chiesa a dimensione mondiale”, divenuto “irreversibile” attraverso il processo della sinodalità.
Citando il discorso natalizio del 2005 di Benedetto XVI alla Curia Romana, egli ha affermato che, quando correttamente compreso, il Concilio “può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”.
Queste osservazioni sono state da lui espresse in un discorso rivelatore tenuto nel 2017 alla Catholic University of America (CUA), intitolato The Council: A Prophecy That Continues with Pope Francis.
Ha dichiarato di accogliere con favore alcune “conseguenze” particolari del Concilio, come “l’introduzione delle lingue locali” nella liturgia e “l’emergere di una teologia della Chiesa ‘locale’” — qualcosa che, a suo avviso, sta generando una “nuova coscienza di Chiesa”. Vede inoltre come un aspetto permanente e importante del Concilio l’introduzione irreversibile della Chiesa come “Chiesa mondiale”. Il Concilio, secondo lui, ha introdotto uno “stile nuovo” cresciuto da “germi nuovi, attinti alla sorgente della Tradizione, specialmente biblica e patristica”. Critica coloro che attribuiscono al Vaticano II “tutte le odierne difficoltà della Chiesa”.
Parlando in italiano, il Cardinale Parolin ha affermato che il Vaticano II ha segnato un momento di trasformazione per la Chiesa. Il Concilio, completato dalla sinodalità, ha cambiato la struttura gerarchica della Chiesa, ha continuato Parolin. “La figura monarchica, essenziale nell’ecclesiologia cattolica — un parroco per ogni parrocchia, un vescovo per ogni diocesi e il Papa nella Chiesa universale — non è stata certo rinnegata, ma è stata felicemente completata ed equilibrata da questa sinodalità, che porta a tutti i livelli un reale arricchimento”, ha affermato. “Si può pensare che, già ampiamente avviato, questo processo sia irreversibile”.
Ha osservato che anche Papa Francesco vede nel Vaticano II una reinterpretazione irreversibile del Vangelo alla luce della cultura contemporanea.
Nel suo intervento alla CUA, inoltre, il Cardinale Segretario di Stato ha trattato i temi centrali del Concilio Vaticano II, come il concetto di “Popolo di Dio”, che sottolinea la partecipazione collettiva alla missione della Chiesa. Il cristianesimo, ha affermato, “non dispone di un unico modello culturale” ma “porta in sé, al contrario, il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato”.
Ha lodato l’attenzione di Papa Francesco per il sensus fidei (senso della fede), che attribuisce valore all’influenza dei fedeli nel discernimento delle verità di fede accanto al clero. Ha, inoltre, affrontato il tema del clericalismo come un peccato contro la dignità dei laici e ha sostenuto una maggiore partecipazione dei laici nel processo decisionale e nella vita pubblica.
Il Cardinale ha anche approfondito l’impatto del Vaticano II sulla liturgia, sulla collegialità episcopale e sulla decentralizzazione all’interno della Chiesa. Ha sottolineato l’appello di Papa Francesco alla conversione pastorale e alle riforme, volte a ridurre la centralizzazione a favore del rafforzamento delle conferenze episcopali locali.
Concludendo il suo intervento, Parolin ha affermato che il Vaticano II resta una fonte di rinnovamento per la Chiesa, con Papa Francesco impegnato a integrare pienamente i suoi insegnamenti nella vita ecclesiale contemporanea.
Sul celibato sacerdotale
L’8 settembre 2013, Parolin osservò che il celibato sacerdotale “non è un dogma della Chiesa e può essere discusso, perché è una tradizione ecclesiastica. Possiamo parlare, riflettere e approfondire questi temi che non sono definitivi, e possiamo pensare ad alcune modifiche, ma sempre con attenzione all’unità, e tutto secondo la volontà di Dio e l’apertura allo spirito del tempo”.
Tre anni dopo, a conclusione del convegno del 2016 Il celibato sacerdotale: un cammino di libertà, promosso dalla Pontificia Università Gregoriana, il Cardinale Parolin affermò che l’obbligo del celibato è una norma disciplinare che non è mai stata richiesta a tutti i chierici. “La Chiesa Cattolica — disse — non ha mai imposto alle Chiese Orientali la scelta celibataria. D’altra parte ha anche permesso eccezioni nel corso della storia, come nel caso di Pastori luterani, calvinisti o anglicani sposati”.
“Più recentemente — aggiunse — nel 2009, il Motu proprio Anglicanorum Coetibus di Papa Benedetto XVI ha autorizzato la costituzione di ordinariati nei territori della Chiesa latina, dove esercitano ex-ministri anglicani, ordinati sacerdoti cattolici. In seguito poi alla massiccia emigrazione di cattolici dal Medio Oriente, nel giugno 2014, Papa Francesco, con il decreto Pontificia Praecepta de Clero Uxorato Orientali, ha consentito ai sacerdoti sposati orientali di operare nelle comunità cristiane della diaspora, dunque al di fuori dei loro territori tradizionali, abrogando precedenti divieti”. Nella situazione attuale “viene spesso evidenziata, specialmente in alcune aree geografiche, una sorta di ‘emergenza sacramentale’, causata dalla mancanza di sacerdoti. Ciò ha suscitato da più parti la domanda circa l’eventualità di ordinare i cosiddetti viri probati”.
Pur mettendo in guardia dal cedere a “soluzioni affrettate” su questo tema, dettate “dalle urgenze”, Parolin concluse il suo intervento lasciando aperta la porta a ulteriori discussioni. “La spiritualità celibataria del presbitero è una proposta ‘in positivo’, costruttiva, che mira a far sì che il popolo di Dio abbia sempre pastori radicalmente liberi dal rischio della corruzione e dell’imborghesimento”, disse. “Rimane pur sempre vero che le esigenze dell’evangelizzazione, unitamente alla storia e alla multiforme tradizione della Chiesa, lasciano aperto lo scenario a dibattiti legittimi, se motivati dall’annuncio del Vangelo e condotti in modo costruttivo, pur sempre salvaguardando la bellezza e l’altezza della scelta celibataria”.
Cardinali donne
Parlando del ruolo delle donne nella gerarchia della Chiesa, Parolin affermò: “Una donna potrebbe diventare Segretario di Stato, nel senso che il ruolo del Segretario di Stato evidentemente non è legato ai sacramenti o al sacerdozio. In ogni caso, ripeto, guardiamo il cammino che è stato fatto e il Signore ci dirà fino a dove possiamo arrivare”. Il diritto canonico stabilisce che, sebbene il Papa possa elevare al Collegio cardinalizio un uomo non ancora ordinato vescovo, il candidato deve aver già ricevuto gli Ordini Sacri e deve poi essere immediatamente ordinato vescovo per diventare Cardinale. Solo gli uomini, quindi, possono essere creati cardinali. Parolin sembra sostenere che il Segretario di Stato vaticano non debba necessariamente essere un Cardinale o avere ricevuto gli Ordini Sacri. Tuttavia, il Segretario di Stato è stato un Cardinale almeno dal XVII secolo.
Parolin fu personalmente presente al rilancio di una rivista mensile per donne pubblicata sotto l’egida de L’Osservatore Romano. La pubblicazione è curata e prodotta da una redazione interamente femminile. La direttrice della rivista descrisse la presenza di Parolin all’evento di lancio come “più che bella, [è] di buon auspicio”. In quell’occasione, Parolin parlò della necessità di coltivare nella Chiesa l’abitudine di “ascoltare le donne, guardare alle tante cose che hanno da dire e alle tante iniziative che intraprendono, attuando quella sinergia tra maschile e femminile che così spesso è stata invocata nei documenti ufficiali, ma non sempre messa in pratica”. Più tardi, lo stesso giorno, Parolin affermò che, sebbene le donne non possano essere ordinate sacerdoti, poiché “la Chiesa ha preso posizione su questo tema”, esse possono assumere molti altri ruoli di leadership all’interno della Chiesa. “Credo che le donne non vogliano le ‘quote rosa’, ma desiderino avanzare grazie al loro merito e alle loro capacità, senza avere spazi riservati istituzionalmente”, dichiarò.
Populismo e migrazione
Parolin ha affermato che la Santa Sede è “preoccupata” per l’emergere del populismo nel mondo e considera l’incapacità di “accogliere e integrare” come “pericolosa”. Ritiene che la storia “ce lo insegni e speriamo che in questo senso non si ripeta”.
Alla domanda posta al World Economic Forum di Davos nel 2017 se vedesse in Europa un conflitto tra, da un lato, l’essere “molto aperti per rispetto dell’umanità” e, dall’altro, la “identità”, Parolin rispose: “C’è un conflitto. Secondo me, dobbiamo riconoscerlo. Per esempio, il fatto che alcuni Paesi stiano semplicemente chiudendo le porte rivendicando la propria identità specifica e temendo che questa identità possa andare perduta con l’arrivo di persone di altre culture e religioni”.
Aggiunse che, “pur non trattandosi di un fenomeno nuovo”, ciò che è nuovo è “la proporzione, soprattutto per l’Europa”, anche se il Cardinale osservò di ritenere che i flussi migratori più consistenti non si verifichino in Europa, ma in Asia.
La seconda sfida che indicò fu quella di imparare a “fare delle differenze non un motivo e una causa di conflitto, ma una fonte di arricchimento reciproco”. Sottolineando l’importanza di “lavorare insieme”, Parolin si rammaricò del fatto che, riguardo alla questione dell’immigrazione in Europa, “non siamo stati capaci di sviluppare una politica comune”. Un “gran numero di problemi”, disse, era legato al fatto che “un dato Paese si trovava da solo ad affrontare questo problema”. Ma “ogni atteggiamento di chiusura e di rifiuto dell’altro è un atteggiamento che ci impoverisce: non ci aiuta a progredire”.
Nel 2020, il Cardinale ha messo in guardia contro una deriva verso il nazionalismo e l’isolazionismo, che ha definito “reazioni fondamentalmente infantili a un mondo globalizzato che sembra invasivo”, mentre la Romanità significa “vera universalità, fraternità, apertura agli altri e pace”. Le sue dichiarazioni, rilasciate alla Comunità di Sant’Egidio, furono interpretate come una critica implicita a una conferenza sul conservatorismo nazionale svoltasi a Roma pochi giorni prima sul tema “Dio, Onore, Patria”, alla quale aveva partecipato, tra gli altri, il primo ministro ungherese Viktor Orbán.
Nel dicembre 2018, i leader mondiali si riunirono in Marocco per firmare e annunciare un accordo noto informalmente come Patto Mondiale per la Migrazione [Global Compact on Migration]. Il patto delineava le migliori pratiche in materia di immigrazione, rifugiati e asilo — in breve, una “governance della migrazione”. Pur non essendo vincolante, quindici nazioni si ritirarono dall’incontro, tra cui Italia e Stati Uniti, principalmente per timore che potesse compromettere la sovranità nazionale.
Parolin insistette affinché la Santa Sede partecipasse, affermando che la Chiesa era “convinta che le enormi sfide” poste dalla migrazione siano “meglio affrontate attraverso processi multilaterali piuttosto che attraverso politiche isolazioniste”. Espresse inoltre la speranza che una migliore governance della migrazione potesse “arginare l’ondata di razzismo e xenofobia”.
Sosteneva che “una risposta dignitosa alla migrazione deve essere ragionevole, con i governi che determinano prudentemente la loro effettiva capacità di integrazione significativa”. Tuttavia, parlò anche delle “riserve” della Santa Sede riguardo al Compact, in merito a “interpretazioni ideologiche dei diritti umani” che non “riconoscono il valore intrinseco e la dignità della vita umana in ogni sua fase, dall’inizio, allo sviluppo, fino alla fine”.
In ulteriori dichiarazioni, Parolin affermò che le nazioni devono rispettare il “diritto fondamentale” di una persona a praticare la propria religione “liberamente, senza paura di persecuzioni o discriminazioni”. La libertà religiosa, disse, è una “prerogativa necessaria”, che gli Stati dovrebbero rispettare e sostenere, e che la Segreteria di Stato tiene in considerazione quando negozia eventuali concordati con gli Stati.
Pochi giorni dopo aver dichiarato ai delegati in Marocco che era “essenziale adottare un approccio inclusivo nell’affrontare le esigenze dei migranti”, Parolin fu criticato per aver affermato che il Vaticano non avrebbe aiutato Asia Bibi, una donna cattolica pakistana condannata a morte per anni con l’accusa di blasfemia, a ottenere asilo. “È una questione interna al Pakistan”, disse. “Spero possa risolversi nel migliore dei modi”.
Islam e dialogo interreligioso
Parolin è un sostenitore della priorità data da Papa Francesco al dialogo con il mondo islamico, considerandolo un mezzo essenziale per raggiungere la pace di fronte all’avanzare dell’islamismo. Alla vigilia della storica visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi, nel 2019, il Cardinale dichiarò a Vatican News che le persone di diverse religioni sono “tutti fratelli, abbiamo tutti la stessa dignità, condividiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri, siamo figli dello stesso Padre del cielo”. Sottolineò quindi l’importanza di “ritrovare la radice della nostra fraternità che è la comune appartenenza all’umanità”.
Successivamente, lodò il Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo sceicco Ahmad Al-Tayyeb dell’Università di Al-Azhar al Cairo, definendolo “un testo significativo, che merita di essere annoverato tra gli sforzi creativi per salvaguardare la pace”.
Parolin vede il documento come parte di un “cammino” iniziato con Nostra Aetate, la dichiarazione del Concilio Vaticano II che insegna che tutte le religioni contengono elementi di verità.
Alcuni osservatori hanno elogiato il Documento sulla Fratellanza Umana come un tentativo di contrastare la deriva verso uno “scontro di civiltà”, ma alcuni studiosi hanno sostenuto che esso contenga un’eresia, poiché afferma che la “diversità delle religioni” è “voluta da Dio”. Parolin non ha affrontato direttamente questa controversia, limitandosi a lodare il documento per il suo “linguaggio e prospettiva comuni”, che a suo avviso permettono a “cristiani, ebrei e musulmani di cercare una comprensione condivisa dei problemi”.
Parolin raramente parla in maniera esplicita di Cristo come elemento essenziale per la pace e come soluzione all’estremismo religioso violento, preferendo invece promuovere valori evangelici più generali e soluzioni socio-politiche come la “fraternità”, il senso di “umanità” e la parità di “cittadinanza”.
Inoltre, insiste sul fatto che il terrorismo non abbia nulla a che fare con la religione. Intervenendo al World Economic Forum nel 2017, Parolin affermò che “il terrorismo che pretende di essere espressione di una fede religiosa” è “una chiara, chiarissima manipolazione della religione perché, come [Papa Francesco] ha detto molte volte, la fede in Dio non può mai portare a compiere atti così orribili contro le persone, contro l’umanità”.
Altri Insegnamenti
Nel 2022, il Segretario di Stato vaticano ha affermato che la verità deve essere “difesa senza paura” con uno stile misericordioso e di ascolto. In un’intervista alla rete cattolica EWTN, ha dichiarato: “Non si può andare in paradiso odiando qualcuno. Perdona ora. Sii compassionevole ora. Sii paziente e grato ora”. Ha, inoltre, esortato i media cattolici a non diffondere odio, ma a “promuovere una comunicazione non ostile”.
Ha anche sottolineato che etica e morale sono necessarie nell’economia, specialmente alla luce di una “nuova economia climatica”.
La legge naturale e i diritti umani
In un messaggio del maggio 2018, Parolin ha ribadito la propria adesione all’esistenza di norme morali che vietano determinati tipi di azioni, affermando:
“La proliferazione di immagini di violenza e di pornografia sempre più estreme altera profondamente la psicologia e addirittura il funzionamento neurologico dei bambini; cyberbulling, sexting e sextortion corrompono le relazioni interpersonali e sociali; le forme di adescamento sessuale tramite la rete, la visione in diretta di stupri e violenze, così come l’organizzazione online di prostituzione e di traffico di persone e l’istigazione alla violenza e al terrorismo sono tutti esempi evidenti di crimini orribili che non possono venire tollerati in nessun modo”.
Parolin ha, inoltre, sottolineato il carattere universale dei diritti umani, fondati sulla legge naturale e conoscibili mediante la ragione naturale. In un discorso tenuto a Roma nel 2018, ha affermato che il rispetto fermo e incrollabile dei diritti umani, conoscibili sia dalla ragione che dalla rivelazione, è il fondamento delle società umane, osservando che “la Chiesa approccia dunque i diritti umani a partire dalla loro universalità, razionalità e oggettività”.
Tuttavia, ha anche messo in guardia contro la “tentazione moderna” di “accentuare molto la parola ‘diritti’, tralasciando quella più importante: ‘umani’”. Citando un discorso di Papa Francesco di 2014 al Parlamento Europeo, ha affermato che che “ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa”.
Eutanasia
Parolin ha contribuito con un intervento a un congresso internazionale sulle cure palliative, tenutosi nel febbraio 2018 e organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita. Nel suo discorso, ha sostenuto la distinzione tracciata da Pio XII tra l’uccisione intenzionale di un paziente terminale e l’accettazione di un accorciamento della vita derivante dalla scelta di somministrare farmaci per alleviare il dolore. Ha lodato le cure palliative, ma ha aggiunto che, poiché la medicina e la ricerca medica hanno un impegno costante nella scoperta di nuove cure e nella lotta contro le malattie, le cure palliative dimostrano una consapevolezza che, quando tutto il possibile è stato tentato a livello medico, il limite devono essere “riconosciuto e accettato”.
Fiducia Supplicans e l’omosessualità
La reazione del Cardinale Parolin a Fiducia Supplicans è stata molto cauta., Egli ha affermato che la dichiarazione di Papa Francesco, che consente le benedizioni “non liturgiche” per le coppie dello stesso sesso, aveva “suscitato reazioni molto forti”, segno che era necessaria una riflessione più approfondita. Alla domanda se ritenesse che si trattasse di un errore, Parolin rispose con il suo consueto tono diplomatico: “Non entro in queste considerazioni. Le reazioni ci dicono che ha toccato un punto molto sensibile”. Aggiunse che la Chiesa è “aperta ai segni dei tempi” e che, se lo sconvolgimento “ci aiuta a camminare secondo il Vangelo”, allora è “benvenuto”. Inoltre, il porporato sottolineò che tale cambiamento deve essere “fedele” alla Tradizione e al patrimonio della Chiesa e procedere secondo un “progresso nella continuità”.
Nel 2015, quando l’Irlanda votò per legalizzare il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, Parolin dichiarò: “Sono rimasto molto triste di questi risultati. Certo come ha detto il vescovo di Dublino bisogna tenere conto di questa realtà”, ma, a suo parere, “si deve anche rafforzare l’impegno e lo sforzo per evangelizzare”. Aggiunse, riguardo al risultato del referendum, che non si trattava solo di “una sconfitta dei principi cristiani, ma di una sconfitta dell’umanità”.
Nell’aprile 2019, Parolin ricevette in Vaticano un gruppo di circa cinquanta attivisti, avvocati e altri professionisti impegnati nella decriminalizzazione delle relazioni omosessuali tra adulti consenzienti. Secondo un comunicato rilasciato dalla sala stampa della Santa Sede, Parolin ascoltò “gli interventi di alcuni dei partecipanti all’incontro”, accettò una ricerca “sulla criminalizzazione delle relazioni omosessuali nella regione caraibica”, riaffermò “la posizione della Chiesa cattolica in difesa della dignità di ogni persona umana e contro ogni forma di violenza” e assicurò ai partecipanti che avrebbe informato Papa Francesco “sul contenuto della ricerca”.
Sinodi sulla famiglia e Amoris Laetitia
Il 16 ottobre 2014, Parolin sostenne il Cardinale George Pell e altri nel richiedere la pubblicazione dei contenuti del Sinodo Straordinario sulla Famiglia, dopo che il segretario generale, con l’appoggio del Papa, aveva comunicato che le relazioni dei dieci gruppi di lavoro non sarebbero state rese pubbliche. Nel 2015, durante il Sinodo Ordinario sulla Famiglia, Parolin descrisse le divisioni tra i vescovi sulle implicazioni pastorali e disciplinari della indissolubilità del matrimonio con queste parole: “È vero che i pastori possono talvolta avere opinioni diverse su singole questioni pastorali, ma questo dimostra che la Chiesa è un’istituzione viva”. Affermò che sarebbe stato positivo per la Chiesa cercare di “curare le ferite di coloro che hanno commesso errori e soffrono”.
Parolin ha espresso un forte sostegno ad Amoris Laetitia e, in generale, dà l’impressione che la sua teologia sia largamente guidata da esigenze diplomatiche.
Dopo i Sinodi del 2014 e del 2015, dichiarò che dobbiamo “guardare all’Amoris laetitia come a un grande regalo che c’è stato fatto”. Secondo Parolin, il nuovo approccio pastorale deve tenere in considerazione “anche le condizioni reali in cui questa famiglia vive: una famiglia segnata dal peccato originale come tutta la realtà umana”. Proseguì affermando che Amoris Laetitia aveva dato “un grande impulso, sta dando un grande impulso, come sento anche da tante persone, alla pastorale familiare”, aggiungendo che “sta veramente producendo frutti di rinnovamento e di accompagnamento delle situazioni familiari che si trovano nella fragilità”. In merito alle critiche ad Amoris Laetitia, dichiarò: “Be’, critiche nella Chiesa ce ne sono sempre state! Non è la prima volta che succede. Credo che lo stesso Papa ci ha dato la chiave per leggerle: cioè, devono essere critiche sincere, che vogliono costruire e allora servono per progredire, servono anche per trovare la maniera insieme di conoscere sempre meglio la volontà di Dio e di applicarla”.
Parolin ha inoltre affermato che Amoris Laetitia è nata da un “nuovo paradigma” di accompagnamento e ascolto, un paradigma che Papa Francesco sta cercando di incarnare e diffondere. Ha detto che il documento rappresenta “un cambiamento di paradigma” e incarna uno “spirito nuovo” e un “approccio nuovo”, ma non ha mai chiarito precisamente in cosa consistano questo nuovo spirito e questo nuovo approccio.
Il Cardinale Parolin ha svolto un ruolo significativo nella formalizzazione dell’endorsement privato di Papa Francesco all’interpretazione di Amoris Laetitia data dai vescovi di Buenos Aires riguardo alla Comunione per i cattolici divorziati e risposati. In particolare, ha emesso una nota di accompagnamento nella quale affermava che Papa Francesco desiderava che il documento dei vescovi argentini su questo fosse inteso come “magistero autentico”. Questa nota [Rescripta] fu pubblicata insieme alla lettera di Papa Francesco ai vescovi argentini negli Acta Apostolicae Sedis. Il documento episcopale in questione forniva linee guida per l’attuazione di Amoris Laetitia, in particolare per quanto riguardava la possibilità di ammettere alla comunione i divorziati risposati in determinate circostanze. Con l’emissione di questa nota formale e la sua inclusione negli atti ufficiali del Vaticano, il Cardinale Parolin ha di fatto elevato lo status sia della lettera del Papa sia del documento dei vescovi argentini, conferendo loro un peso maggiore nell’insegnamento e nella prassi della Chiesa. Questa azione ha contribuito a chiarire la posizione di Papa Francesco sulla controversa questione della comunione ai divorziati risposati e da alcuni è stata letta come una risposta ai dubia presentati nel 2016 da quattro cardinali in cerca di chiarimenti sulla questione.
Cammino sinodale tedesco
Il Cardinale Parolin ha avuto un ruolo di primo piano nel dialogo con la Chiesa in Germania riguardo al Cammino Sinodale, adottando una linea ferma contro alcune innovazioni eterodosse, pur garantendo che le relazioni rimanessero aperte e cordiali. Nell’ottobre 2023, inviò una lettera ufficiale ai vescovi tedeschi, dichiarando che l’ordinazione delle donne al sacerdozio e l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità e sugli atti omosessuali non erano temi aperti alla discussione. Sottolineò inoltre la necessità di rispettare il percorso sinodale della Chiesa universale e di evitare “iniziative parallele” che da esso divergessero. La lettera suscitò reazioni contrastanti tra i leader cattolici tedeschi: alcuni la consideravano un’importante chiarificazione, mentre altri la videro come un tentativo di soffocare gli sforzi di riforma. Una successiva lettera, inviata nel febbraio 2024, minacciò sanzioni qualora i vescovi tedeschi avessero proseguito con i piani per la creazione di un consiglio sinodale permanente. Al momento della stesura di questo testo, le discussioni sulla questione sono ancora in corso.
Opinioni sulla contraccezione
Le posizioni esplicite di Parolin sulla contraccezione non sono chiare e appaiono in gran parte non impegnative. Tuttavia, in un incontro del 2014, Parolin e il segretario di Stato americano John Kerry discussero — insieme a questioni geopolitiche — dell’obbligo imposto dall’amministrazione Obama affinché quasi tutte le organizzazioni religiose includessero i contraccettivi (alcuni dei quali con effetti abortivi nelle prime fasi della gravidanza) nelle proprie polizze assicurative. Sollevando la questione in tale contesto, Parolin lasciò pochi dubbi sul sostegno del Vaticano all’opposizione dei vescovi statunitensi a quel mandato.
In una conferenza dell’ottobre 2018, organizzata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma, Parolin intervenne su un libro basato su documenti riservati della Segreteria di Stato relativi alla commissione consultata da Paolo VI prima della promulgazione dell’Enciclica Humanae Vitae. Il volume, La nascita di un’enciclica: Humanae Vitae alla luce degli Archivi Vaticani di padre Gilfredo Marengo, cercava di collocare Humanae Vitae non solo nel contesto del lavoro e dei pareri della commissione, ma anche della cultura e della società contemporanee. I cattolici contrari all’insegnamento centrale di Humanae Vitae accolsero il lavoro di Marengo come una “pietra miliare” che relativizzava l’enciclica, mentre altri studiosi cattolici lo definirono un “aspro critico” del suo nucleo dottrinale.
Nel suo intervento, Parolin sottolineò che Paolo VI “non aveva dubbi sul contenuto dottrinale che l’Enciclica avrebbe dovuto avere”, ma che “la sua preoccupazione era proprio quella di saper trovare i modi adeguati per presentarlo” — un’affermazione che, secondo alcuni osservatori, Marengo non avrebbe condiviso. Parolin affermò che quello che poteva apparire come un “ritardo” nella pubblicazione dell’enciclica era dovuto al desiderio di Paolo VI di studiare attentamente la questione e di consultare esperti. Tuttavia, i commenti di Parolin in occasione della presentazione del libro non furono un’esplicita conferma della posizione dell’enciclica sulla contraccezione. Anzi, il suo sostegno al libro, espresso con la sua presenza, insieme all’assenza di osservazioni critiche sulla ricostruzione storica problematica proposta dal volume e sulla sua interpretazione dell’insegnamento morale di Paolo VI, lasciò spazio a diverse letture.
Durante la controversia sull’Ordine di Malta nel 2016-2017, Parolin non espresse alcun sostegno a Fra Matthew Festing o al Cardinale Raymond Burke, né alle loro ferme posizioni contro la distribuzione di grandi quantità di contraccettivi da parte della sezione umanitaria dell’Ordine in alcune parti dell’Asia.
Libertà religiosa
Il Cardinale Parolin sostiene il pluralismo religioso. Ha affermato che lo stato dovrebbe promuovere la condotta e la pratica religiosa in generale. Parlando al World Economic Forum di Davos nel 2017, ha detto: “Vorrei anche sottolineare l’importanza delle religioni. Le religioni non possono essere relegate solo alla sfera privata. Non sono soltanto l’espressione dei sentimenti personali dell’individuo, ma hanno qualcosa da dire anche nell’arena pubblica”.
Per Parolin, tuttavia, i regimi democratici liberali non devono necessariamente offrire alcun privilegio o riconoscimento speciale alla Chiesa cattolica. Nei suoi commenti a Davos, ha aggiunto: “Ovviamente [questo deve avvenire] in dialogo con tutte le fedi, non stiamo chiedendo né reclamando alcun privilegio per la Chiesa cattolica. Sappiamo che oggi viviamo in una società pluralistica, in cui vi sono tante espressioni di credo e di fede religiosa, ma penso che sia importante che le autorità, il governo, riconoscano il ruolo pubblico che le religioni possono offrire alla vita pubblica”.
Intervenendo nel cinquantesimo anniversario di Nostra Aetate sul tema del pluralismo religioso, Parolin ha citato il discorso di Giovanni Paolo II alla Curia del 1986, affermando: “Le differenze sono un elemento meno importante rispetto all’unità che, al contrario, è radicale, fondamentale e determinante”. Parolin aggiunse inoltre: “L’accettazione della diversità è fondamentale nell’educazione al rispetto reciproco e nella libertà di esprimere le proprie idee e le proprie convinzioni religiose. Questo atteggiamento costruttivo trova il suo humus naturale nel dialogo disinteressato (cfr. Evangelii gaudium, n. 142), che nella ricerca comune della pace e della giustizia diviene ‘un impegno etico che crea nuove condizioni sociali’ (ibidem, n. 250)”. Secondo Parolin, gli incontri interreligiosi di Assisi, a partire dal 1986, hanno permesso “a uomini e a donne di testimoniare un’esperienza autentica di Dio nel cuore delle loro religioni”.
Sul diritto alla vita
Nel suo discorso del 22 settembre 2016 a New York, in occasione del Dibattito Generale della settantunesima sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, Parolin dichiarò: “Come ha detto Papa Francesco qui lo scorso anno, ‘i pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che è il ‘diritto alla vita’, il quale presuppone che “riconosciamo una legge morale scritta nella stessa natura umana, che include la differenza naturale tra uomo e donna (Laudato Si’, 155), e il rispetto assoluto per la vita in tutte le sue fasi e dimensioni.’” Parolin ha elogiato Madre Teresa per la sua opposizione all’aborto: “Questo la portò a identificare i bambini non ancora nati e minacciati nella loro esistenza come ‘i più poveri tra i poveri’. In effetti, ciascuno di loro dipende, più di qualsiasi altro essere umano, dall’amore e dalla cura di una madre e dalla protezione della società. Perciò, ella difese coraggiosamente la vita nascente, con quella franchezza di parola e chiarezza d’azione che è il segno più luminoso della presenza dei Profeti e dei Santi, i quali non si inchinano davanti a nessuno, se non all’Onnipotente”. In modo analogo, Parolin ha affermato che l’insegnamento di Papa san Pio X — con la sua insistenza sulla “santità della vita” come “condizione indispensabile per la credibilità del sacro ministero” — è di “estrema urgenza per la Chiesa di oggi”.
Nel 2018, in occasione del centenario della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, Parolin lodò i vescovi americani per la loro difesa dei non nati. Ha inoltre ribadito che il diritto alla vita è il fondamento di tutti i diritti umani.
Conflitto Israele-Hamas
Nel febbraio 2024, Parolin fece dichiarazioni controverse sulla risposta militare di Israele all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, affermando che il diritto di Israele all’autodifesa dovrebbe essere “proporzionato” e che, “con 30.000 morti”, la risposta non era stata proporzionata. Le sue parole hanno suscitato critiche dall’Ambasciata israeliana presso la Santa Sede.
Promozione della lotta al cambiamento climatico
Le opinioni personali di Parolin sul cambiamento climatico sembrano allinearsi a quelle di Papa Francesco e ha costantemente presentato la posizione vaticana sulla questione.
Nel dicembre 2023, ha consegnato il messaggio di Papa Francesco al vertice ONU di Dubai sul clima (COP28), sollecitando progressi “chiari”, “tangibili” e “decisivi” nell’azione climatica. Nel 2017, ha esortato gli Stati Uniti a rispettare le loro responsabilità di fronte alle “nuove sfide climatiche”, dopo l’annuncio da parte del presidente Donald Trump di ritirare gli USA dall’Accordo di Parigi.9Parolin affermò, all’epoca, che “serve tempo per giudicare” l’amministrazione Trump.
DIPLOMAZIA CON LA CINA
Pietro Parolin è stato una figura di primo piano nella diplomazia vaticana con la Repubblica Popolare Cinese, i cui rapporti con Roma sono rimasti tesi sin dalla rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, all’inizio degli anni Cinquanta.
Per decenni, in Cina sono esistite due comunità cattoliche parallele. La prima è la Chiesa “clandestina”, guidata da circa trenta vescovi riconosciuti da Roma e composta da cattolici che rifiutano di sottoporre la pratica religiosa all’approvazione dello stato comunista. La seconda è una Chiesa cattolica “ufficiale” controllata dallo stato, l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (CPCA), guidata da settanta vescovi, alcuni dei quali fino al 2018 non erano riconosciuti da Roma e alcuni dei quali erano stati pubblicamente scomunicati da Papa Benedetto XVI nel 2011 per aver ricevuto l’ordinazione episcopale senza mandato pontificio.
Avvio dei contatti
Nel 2005, con il contributo determinante di Parolin, la Santa Sede stabilì un contatto diplomatico diretto con la Cina. Tale contatto portò, in seguito, alla storica lettera inviata nel 2007 da Benedetto XVI ai cattolici cinesi, nella quale li incoraggiava a perseverare nella fede, nonostante la persecuzione religiosa imposta dallo stato. Il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong dal 2002 al 2009, partecipò alla stesura della lettera.
Sotto Papa Francesco, Parolin ha avviato una politica di apertura nei confronti del governo comunista cinese con l’obiettivo di unificare la comunità cattolica nel Paese, ma questa strategia è stata severamente criticata dal Cardinale Zen, che l’ha definita un tradimento della Chiesa clandestina. Nel 2015, Zen scrisse che Parolin aveva definito coloro che rifiutavano di sottomettersi al controllo del governo come “oppositori sistematici” dello stato e “gladiatori” che amano esibirsi nella pubblica piazza. Un simile atteggiamento, secondo Zen, “non contribuisce a placare le paure” né a rafforzare la fiducia dei cattolici perseguitati che desiderano rimanere fedeli alla Santa Sede e sostenere l’indipendenza della Chiesa dal controllo statale.
Gli avvertimenti del Cardinale Zen
Il Cardinale Zen e altri membri della Chiesa clandestina hanno ripetutamente avvertito che un accordo tra il Vaticano e il Partito Comunista, privo di adeguate garanzie, rappresenterebbe un tradimento dei fedeli cattolici perseguitati. Parolin, invece, ha affermato che l’idea di “due differenti Chiese” in Cina “non corrisponde né alla realtà storica né alla vita di fede dei cattolici cinesi”. Il Segretario di Stato ha, inoltre, dichiarato che le buone relazioni tra la Santa Sede e la Cina non sono solo un’ambizione politica, ma qualcosa che “appartiene alla Chiesa, che appartiene a Dio”.
Nel 2017, le intenzioni di Parolin riguardo alla Chiesa in Cina divennero più chiare quando si diffuse la notizia che, probabilmente, egli aveva autorizzato una delegazione vaticana a recarsi in Cina per incoraggiare i vescovi della Chiesa clandestina a cedere le loro diocesi ai vescovi riconosciuti dalla CPCA e illecitamente ordinati.
Già nel maggio 2005, la sua visione della Chiesa in Cina e la sua posizione sulla delicata questione delle nomine episcopali emersero attraverso un comunicato vaticano successivamente trapelato: Parolin si disse fiducioso che, se Pechino avesse mostrato la volontà, le due parti avrebbero potuto trovare un’intesa. “Non è un problema insormontabile”, affermò, sottolineando che la Santa Sede aveva già raggiunto un modus vivendi con il Vietnam riguardo alla nomina dei vescovi. Secondo tale accordo, il Vaticano presenta i propri candidati episcopali al governo vietnamita, che può accettarli o rifiutarli. “Non è l’ideale”, ammise Parolin, “ma è un modo per fare un passo avanti e aumentare il nostro coinvolgimento”.
Nel 2018, scrivendo su AsiaNews, il Cardinale Zen ricordò che, dal 1989 al 1996, mentre insegnava nei seminari gestiti dalla CPCA, aveva avuto “un’esperienza diretta della schiavitù e dell’umiliazione cui sono sottoposti i nostri fratelli vescovi”. Inoltre, segnalò che, all’inizio del 2018, il governo cinese aveva intensificato la persecuzione religiosa, facendo rispettare leggi che fino ad allora erano rimaste inattive: per esempio, la partecipazione dei fedeli alle Messe clandestine non sarebbe più stata tollerata.
“Quindi, penso che il Vaticano stia svendendo la Chiesa cattolica in Cina?” scrisse Zen. “Sì, senza dubbio”.
Accordo provvisorio
Le tensioni tra il Cardinale Parolin e il Cardinale Zen aumentarono ulteriormente quando, il 22 settembre 2018, il Vaticano e Pechino annunciarono congiuntamente uno storico accordo provvisorio, firmato dai rappresentanti diplomatici di entrambe le parti e riguardante la nomina dei vescovi in Cina.
Il contenuto specifico dell’accordo non è mai stato reso pubblico ed è soggetto a “valutazioni periodiche”, ma si ritiene che stabilisca che il potere di nominare nuovi vescovi non sia più esclusivamente della Santa Sede, ma sia condiviso con le autorità cinesi. Il Papa, tuttavia, conserva un diritto di veto sulle scelte del governo, sebbene non in modo illimitato.
L’accordo prevedeva anche la revoca delle scomuniche di otto vescovi della CPCA (uno dei quali deceduto), che non erano in piena comunione con Roma principalmente perché la Chiesa ufficiale, controllata dallo stato, li aveva nominati senza il permesso pontificio. Il Vaticano dichiarò che Papa Francesco sperava che, “con le decisioni prese”, si potesse “avviare un nuovo percorso, che consenta di superare le ferite del passato realizzando la piena comunione di tutti i Cattolici cinesi”.
Parolin affermò che, grazie all’accordo, “per la prima volta dopo tanti decenni, oggi tutti i Vescovi in Cina sono in comunione con il Vescovo di Roma”. Tre giorni dopo la firma, durante una conferenza stampa in volo, Papa Francesco lodò Parolin e altri collaboratori per il lavoro svolto, dicendo: “Il Segretario di Stato, il Cardinale Parolin, che è un uomo molto devoto, ma ha una speciale devozione alla lente: tutti i documenti li studia punto, virgola, accenti… E questo dà a me una sicurezza molto grande”.
Francesco dichiarò inoltre che gli episcopati di tutto il mondo, la Chiesa patriottica e la “Chiesa tradizionale cattolica” gli avevano scritto per dire che l’accordo portava la firma dei fedeli di entrambe le comunità e che ciò rappresentava quindi un “segno di Dio”. Insistette poi che si trattava di “un dialogo sugli eventuali candidati. La cosa si fa in dialogo. Ma la nomina è di Roma; la nomina è del Papa, questo è chiaro”.
Secondo fonti vaticane, uno dei principali motivi dell’accordo era garantire che le diocesi, molte delle quali erano rimaste senza un vescovo per anni, potessero ora averne uno.
Reazioni all’accordo
I sostenitori dell’accordo provvisorio ritengono che favorisca il riavvicinamento tra il Vaticano e Pechino, aprendo la possibilità di una ripresa delle relazioni diplomatiche interrotte da oltre mezzo secolo.10“Gianni Valente, giornalista vicino aPapa Francesco, ha ritenuto che una ‘campagna mediatica globale orchestrata’ abbia cercato di sabotare l’accordo, presentandolo in una luce falsa e negativa”.
Tuttavia, nei mesi e negli anni successivi all’accordo, la repressione statale nei confronti dei cattolici e di altre comunità religiose si è notevolmente intensificata, con la demolizione di chiese e santuari mariani.
In un editoriale del New York Times dell’ottobre 2018, il Cardinale Zen condannò l’accordo definendolo “un passo decisivo verso l’annientamento della vera Chiesa in Cina”.
“Ero tra coloro che applaudivano la decisione di Francesco di nominare Pietro Parolin Segretario di Stato nel 2013”, scrisse Zen. “Ma ora penso che il Cardinale Parolin si preoccupi meno della Chiesa che del successo diplomatico. Il suo obiettivo finale è il ripristino delle relazioni formali tra il Vaticano e Pechino”.
Anche altri criticarono duramente il Vaticano per l’accordo, tra cui l’ultimo governatore britannico di Hong Kong, Christopher Patten, che dichiarò che il Vaticano aveva “sbagliato gravemente valutazione sulla Cina” alla luce della sua situazione dei diritti umani.11Lord Patten, noto cattolico britannico di orientamento liberale, che per anni negoziò con Pechino prima di consegnare Hong Kong alla Cina nel 1999, dichiarò nel febbraio 2020 che riteneva fosse un “momento straordinario” per trattare con la Cina in questo modo, poiché essa aveva “fatto marcia indietro sui diritti umani”. Nel novembre 2022, Patten accusò il Vaticano di “autoillusione” e chiese che l’accordo fosse reso pubblico.
Stephen Mosher, esperto di Cina e presidente del Population Research Institute, definì l’accordo un “terribile errore” e affermò che l’aumento della persecuzione religiosa non avrebbe dovuto sorprendere il Vaticano. Mosher dichiarò di aver “avvertito il Cardinale Parolin” dei pericoli dell’accordo nel marzo 2018, poiché in quel periodo il Dipartimento del Fronte Unito del Partito Comunista Cinese aveva appena “assunto in modo inquietante” il controllo diretto delle questioni religiose. Ciò significava che i funzionari vaticani si sarebbero trovati a trattare con burocrati del partito “atei” determinati a eliminare il cattolicesimo. Un gruppo di trentuno cattolici britannici scrisse una lettera al Catholic Herald nel marzo 2020, chiedendo che l’accordo provvisorio fosse “stracciato” sulla base del fatto che la Cina continuava a violare i diritti umani, tra cui il prelievo forzato di organi e la persecuzione dei cattolici.
Padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, dichiarò, nel marzo 2020, che la comunità cattolica clandestina si sentiva “abbandonata dal Vaticano perché la Santa Sede non sottolinea affatto la libertà di religione”. Cervellera invitò Parolin e Zen a incontrarsi e a dialogare. Nel 2022, dopo l’arresto del Cardinale Zen a Hong Kong con l’accusa di “collusione con forze straniere” — accusa per la quale fu multato insieme ad altri attivisti pro-democrazia — Parolin espresse la sua vicinanza al Cardinale Zen.
Linee guida pastorali
Il Cardinale Zen ritiene che, ancora più dell’accordo segreto e della revoca delle scomuniche, il problema maggiore siano le linee guida pastorali emanate dal Vaticano nel 2019, che incoraggiano il clero cinese a unirsi alla Chiesa di stato. In dichiarazioni al National Catholic Register nel marzo 2020, Zen affermò che tali linee guida erano parte di una strategia per “spingere tutti” a entrare nella Chiesa ufficiale indipendente, e che lui e altri temevano che ciò avrebbe costretto i sacerdoti all’apostasia. “È terribile”, disse, “la cosa più malvagia”. Zen crede inoltre che sia stato principalmente Parolin a orchestrare la lettera inviata dal Cardinale Giovanni Battista Re a tutti i cardinali della Chiesa nel febbraio 2020, nella quale Zen veniva criticato per la sua posizione sulle relazioni con la Cina. La lettera affermava che Re aveva visto un documento che provava come Benedetto XVI avesse approvato una bozza dell’accordo provvisorio. “Sembra incredibile”, replicò Zen. “Sono sicuro al 100% che non possono provarlo. Non ha senso”.
Nel 2018, poco prima dell’annuncio dell’accordo, lo attaccò nuovamente, accusandolo di disprezzare gli eroi della fede e chiedendone le dimissioni. Nel 2020, il porporato cinese dichiarò di ritenere che Parolin si fosse lasciato ingannare. Alla domanda se lui o Parolin avessero mai cercato di dialogare, rispose: “No, no, assolutamente no”. Zen accusa ancora oggi i funzionari vaticani di ignorare le reali problematiche della Chiesa in Cina, ma riserva le sue critiche più dure a Parolin.
Risposta del Cardinale Parolin
In dichiarazioni non pubblicate rilasciate al National Catholic Register nel marzo 2020, il Cardinale Parolin affermò di non voler “rilasciare interviste su questa questione, poiché qualsiasi dichiarazione può causare intense controversie, che non giovano a nessuno”. Aggiunse: “Abbiamo visto che ciò è accaduto recentemente, non solo in relazione alle opinioni, ma anche ai fatti”, e dichiarò di aver già “affrontato le questioni” sollevate.
Nell’aprile 2019, Parolin, parlando delle relazioni sino-vaticane, invitò alla pazienza e consigliò di non giudicare affrettatamente l’accordo provvisorio, che, a suo avviso, sarebbe stato stipulato per tutelare la libertà religiosa.
“La storia non si costruisce in un giorno: la storia è un lungo processo”, affermò.
“Dobbiamo metterci in questa prospettiva”. Parolin insistette sul fatto che la Santa Sede “comprende profondamente” le sofferenze della Chiesa in Cina e i suoi “testimoni eroici”, ma che l’accordo con Pechino richiedeva “un atto di fede”. Per lui, si trattava della “arte del possibile”.
Fino al 2024, l’accordo ha mostrato scarsi frutti positivi. Non solo il governo cinese ha continuato a imporre restrizioni alla libertà religiosa, ma le relazioni tra la Santa Sede e Pechino si sono ulteriormente deteriorate, poiché il Partito Comunista ha violato chiaramente i termini dell’accordo. Pechino ha proceduto con nomine episcopali unilaterali e ha eretto o soppresso diocesi senza consultare il Vaticano.
Nel 2023, il Cardinale Parolin riconobbe questi problemi, ribadendo che “tutte le nomine episcopali in Cina, compresi i trasferimenti, devono essere fatte per consenso, come concordato”. Invitò, inoltre, Pechino a “evitare situazioni disarmoniche che creano disaccordi e incomprensioni” e a istituire una conferenza episcopale cinese canonicamente legittima.
Nel gennaio 2024, si registrarono lievi miglioramenti nei rapporti, con la creazione di una nuova diocesi e la consacrazione del suo primo vescovo, nonché la nomina di un altro vescovo in una diocesi già esistente.
In agosto 2024, vi fu un ulteriore segnale positivo, quando un vescovo clandestino di 95 anni fu riconosciuto dal governo cinese come il legittimo ordinario della diocesi di Tianjin, senza dover formalmente aderire all’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (CPCA). Tuttavia, gli scettici videro questa mossa come un possibile stratagemma di pubbliche relazioni o un tentativo della CPCA di portare sotto il controllo statale i circa 60.000 cattolici clandestini della diocesi di Tianjin.
Al 2 settembre 2024, erano stati nominati undici vescovi in Cina da quando l’accordo provvisorio era stato firmato nel 2018: sei nei primi due anni, tre nel gennaio 2023, uno nel giugno 2024 e uno nell’agosto 2024.
Tuttavia, molte di queste nomine sono avvenute in palese violazione dell’accordo sino-vaticano, lasciando dubbi sulla reale efficacia di quest’ultimo. Da parte loro, il Cardinale Parolin e il Vaticano hanno spesso enfatizzato i rari segnali positivi, mentre hanno minimizzato o evitato di affrontare pubblicamente i frequenti episodi in cui Pechino ha violato i termini dell’intesa.
L’accordo è stato rinnovato tre volte, nel 2020, nel 2022 e nel 2024, con quest’ultima proroga che lo ha esteso per quattro anni invece dei soliti due.
- 1Secondo numerose fonti, il Cardinale Parolin avrebbe detto in una delle sessioni in cui si discuteva il sondaggio alla base del motu proprio: “Dobbiamo porre fine a questa Messa per sempre!” sebbene ciò non sia stato verificato in maniera indipendente. Inoltre, avrebbe lamentato, in un incontro del gennaio 2020 presso l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, che il Vetus Ordo fosse popolare tra i giovani, e si sarebbe lamentato del fatto che gli istituti ex-Ecclesia Dei si rifiutassero di accettare il cambiamento e non volessero concelebrare. Parolin avrebbe, quindi, raccomandato che la CDF imponesse ai gruppi sacerdotali tradizionali di fornire un segno concreto di comunione, che riconoscesse la validità del Novus Ordo e dimostrasse chiaramente che essi sono “nella Chiesa”.
- 2Giuliano Di Bernardo è stato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1990 al 1993. Due giorni dopo le sue dimissioni, ha fondato la Gran Loggia Regolare d’Italia (la terza obbedienza massonica più importante in Italia). È stato Gran Maestro di questa nuova obbedienza massonica, ispirata alla tradizione muratoria inglese, per nove anni, fino al 2002. Poco dopo, ha fondato il Dignity Order e l’Accademia degli Illuminati.
- 3Papa Benedetto XVI e Peter Seewald, Ultime conversazioni, Milano: Garzanti (2016), pag. 159.
- 4Il vaticanista Marco Tosatti ha scritto che Parolin è un “nunzio progressista con legami con la fazione di Silvestrini”, un riferimento al defunto Cardinale liberale Achille Silvestrini e al cosiddetto Gruppo di San Gallo, composto da diplomatici e insider vaticani che si unirono per promuovere la causa di un Papa progressista, prima per il conclave che seguì la morte di Giovanni Paolo II e poi nuovamente nel 2013. Significativamente, poco prima del conclave del 2013, Bergoglio iniziò a incontrare diplomatici della sezione spagnola della Segreteria di Stato vaticana, tra cui Parolin.
- 5Marcantonio Colonna (Henry Sire), The Dictator Pope: The Inside Story of the Francis Papacy (Washington, D.C.: Regnery, 2018).
- 6La società di consulenza Promontory condusse nel 2017 uno studio di “due diligence” sul trust e non riscontrò illeciti, sebbene i dettagli precisi dei fondi e del loro utilizzo rimangano sconosciuti.
- 7Sebbene Boeselager affermasse che le conclusioni della commissione istituita da Festing fossero inesatte, quando fu sfidato da Burke nella riunione del 6 dicembre 2016 a spiegare perché non avesse richiesto correzioni al documento nel corso del 2016 né fornito materiali per smentirne le conclusioni investigative, Boeselager non seppe rispondere. Secondo quanto riferito, ciò non sorprese Burke, poiché aveva sentito Boeselager stesso giustificare proprio le pratiche contestate, una giustificazione che anche il personale MI avrebbe invocato in difesa della prassi controversa.
- 8Ciò sarebbe stato evidente durante il conclave del 2005 per l’elezione di Benedetto XVI, quando un gruppo di cardinali, tra cui Godfried Danneels, Carlo Maria Martini e Cormac Murphy-O’Connor, si incontrò con Silvestrini per tentare di impedire l’elezione del Cardinale Joseph Ratzinger.
- 9Parolin affermò, all’epoca, che “serve tempo per giudicare” l’amministrazione Trump.
- 10“Gianni Valente, giornalista vicino aPapa Francesco, ha ritenuto che una ‘campagna mediatica globale orchestrata’ abbia cercato di sabotare l’accordo, presentandolo in una luce falsa e negativa”.
- 11Lord Patten, noto cattolico britannico di orientamento liberale, che per anni negoziò con Pechino prima di consegnare Hong Kong alla Cina nel 1999, dichiarò nel febbraio 2020 che riteneva fosse un “momento straordinario” per trattare con la Cina in questo modo, poiché essa aveva “fatto marcia indietro sui diritti umani”.